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  Dicembre 2012

Articoli n° 6
LUGLIO 2006
 


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CONFINDUSTRIA DI SALERNO

Relazione del Presidente Andrea Prete

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Fallimento e rapporti
di lavoro subordinato


Fallimento e rapporti
di lavoro subordinato

Maria Rosaria NADDEO

Quali gli obblighi e le facoltà del Curatore
nella gestione dei contratti di lavoro


Fino a pochi anni orsono si poteva constatare che la legge fallimentare costituiva una delle poche "zone franche" riguardanti gli sconvolgimenti che si sono succeduti nel governo delle imprese con l'applicazione delle normative lavoristiche. É "communis opinio" che la legge fallimentare non assegnando alcun inquadramento specifico alla posizione dei lavoratori nel fallimento, ridimensionava i diritti dei lavoratori all'esclusivo recupero del credito. Pertanto, proprio in presenza di una latitanza normativa a riguardo, si è reso indispensabile il "controllo sociale" della fase fallimentare e la creazione di un raccordo tra legislazione lavoristica e normativa fallimentare.
Quando non si ravvisa la possibilità di continuazione dell'attività, anche tramite cessione dell'azienda o di una sua parte, il Curatore ha la facoltà di collocare in mobilità i lavoratori, ai sensi dell'art. 4 della Legge 223/91. Pertanto, si può confermare che l'interruzione del rapporto di lavoro subordinato interviene non per la dichiarazione di fallimento, ma per la cessazione dell'attività d'impresa, cioè quando non ricorrono i presupposti per l'esercizio provvisorio o non ci sono prospettive di ripresa neanche mediante il supporto delle integrazioni salariali. Ai sensi dell'art. 2119 c.c., il fallimento non è giusta causa di licenziamento: del resto la legge fallimentare non disciplina gli effetti del fallimento sul contratto di lavoro subordinato.
La giurisprudenza e la dottrina maggioritaria hanno inteso ricondurre la fattispecie alla disciplina dell'art. 72 legge fallimentare in quanto detto articolo disciplina i negozi bilaterali a prestazioni corrispettive (come per l'appunto il contratto di lavoro subordinato). A seguito del fallimento, quindi, il contratto di lavoro entra in una fase di quiescenza che terminerà solo quando il Curatore fallimentare dichiarerà di voler subentrare nel contratto oppure sciogliersi dai vincoli conseguenti. Naturalmente, medio tempore, tutte le prestazioni resteranno sospese, nel senso che il lavoratore non dovrà effettuare alcuna prestazione lavorativa e il Curatore non dovrà corrispondere alcuna retribuzione. Il Curatore ha la facoltà e non l'obbligo di subentrare nel contratto, per cui è necessario che lo stesso manifesti espressamente la sua volontà a tal proposito per cui:
-a) ove il Curatore opti per la "continuazione temporanea dell'esercizio dell'impresa" (e ciò per evitare un danno grave ed irreparabile) dovrà richiederne autorizzazione al Tribunale ai sensi dell'art. 90 L.F.. Una volta conseguita l'autorizzazione, il Curatore dovrà comunicarla ai lavoratori ed in virtù del provvedimento del Tribunale subentrerà nel rapporto di lavoro. Alla cessazione dell'esercizio provvisorio i dipendenti saranno regolarmente licenziati ed agli stessi spetterà, oltre alla normale retribuzione per il periodo effettuato alle dipendenze della Curatela fallimentare, anche il T.F.R. e l'indennità sostitutiva del preavviso, quando non dovesse essere possibile notificare ai lavoratori il preavviso di licenziamento previsto dalla specifica contrattazione collettiva. Per quanto riguarda, invece, il T.F.R. sembra abbastanza pacifico che lo stesso, eccezionalmente (in virtù della speciale situazione giuridica introdotta dalla sentenza dichiarativa di fallimento), possa essere frazionato in due periodi: quello antecedente alla dichiarazione di fallimento e quello relativo al periodo effettuato alle dipendenze della curatela. Quanto maturato in virtù del primo periodo dovrà essere insinuato al passivo del fallimento e sarà ammesso in via privilegiata ai sensi dell'art. 2751 bis c.c. n.1 (privilegio generale mobiliare); mentre quanto maturato nel corso del fallimento dovrà essere ammesso e pagato in prededuzione ai sensi dell'art. 111 legge fallimentare, previa autorizzazione del Giudice Delegato.
-b) qualora, invece, il Curatore non dovesse ritenere utile per la massa richiedere l'esercizio provvisorio, oppure lo stesso non venga concesso dal Tribunale, dovrà comunicare ai lavoratori il licenziamento per cui il rapporto di lavoro si scioglierà con effetto retroattivo, sin dalla data del fallimento ed ai lavoratori spetterà anche l'indennità sostitutiva del preavviso che, naturalment,e dovrà essere insinuata al passivo del fallimento in uno alle eventuali retribuzioni non corrisposte, TFR ed altri emolumenti con il privilegio che compete.
In entrambi i casi, una volta ammessi al passivo del fallimento, i lavoratori potranno chiedere al Fondo di Garanzia (L.297/1982), istituito presso l'INPS l'anticipazione di quanto vantato a titolo di T.F.R. e relativi accessori, oltre che eventuali altri crediti di lavoro non corrisposti e relativi agli ultimi 3 mesi del rapporto di lavoro. Tanto al fine di sottrarre tali tipi di crediti all'alea dell'eventuale incapienza in sede di riparto fallimentare: naturalmente l'INPS si surrogherà nei diritti dei lavoratori. Il T.F.R. è universalmente considerato quale parte della retribuzione che viene forzosamente accantonata durante lo svolgersi del rapporto di lavoro e diviene esigibile solo al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Ne consegue che se il rapporto di lavoro non è cessato, l'eventuale credito non dovrebbe essere ammesso perché inesigibile in quanto difetta il presupposto della cessazione del rapporto di lavoro. Qualora il Curatore dovesse ritardare eccessivamente nell'estrinsecazione della sua volontà in ordine alla sorte dei rapporti di lavoro in corso alla data del fallimento (continuazione oppure scioglimento) si potrà pur sempre, ai sensi dell'art. 72 L.F. , 3° comma, mettere in mora lo stesso facendogli assegnare dal Giudice Delegato un termine. Quindi, dopo la dichiarazione di fallimento i rapporti di lavoro continuano con la curatela e la massa dei creditori fino a quando il Curatore non determini il recesso. Per quanto riguarda il rapporto esistente tra fallimento e Cassa Integrazione Guadagni si prevede:
- che il Curatore richieda la concessione del trattamento di integrazione salariale per un periodo non superiore a 12 mesi (la concessione avviene con decreto del Ministero del Lavoro), quando non sia stata disposta la continuazione dell'attività aziendale o sia cessata;
- che il Curatore possa richiedere la proroga del trattamento per altri 6 mesi «quando sussistono fondate prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività aziendale o l'eventuale cessione dell'azienda o di sue parti, per la salvaguardia dei livelli di occupazione».
Pertanto, la richiesta di proroga va valutata dal Curatore, se esistono i presupposti o, in alternativa, bisogna fare ricorso alla procedura di mobilità.
Altra alternativa posta dal Curatore è quella di dar luogo immediatamente ai licenziamenti, verificando l'impossibilità di salvaguardare i livelli occupazionali, in quanto non si prevede assolutamente una continuazione dell'attività o una sua cessione; in questo caso il Curatore dovrà motivare l'impossibilità di una "gestione conservativa" della crisi aziendale.
In conclusione: 1) quando si apre la procedura fallimentare, qualora il Curatore non intimi i licenziamenti e, al tempo stesso, non sia disposta la continuazione dell'attività, esso sarà tenuto ad avanzare la richiesta del trattamento di integrazione, sotto pena di esporsi a responsabilità verso i dipendenti; 2) qualora, scelta la via dei licenziamenti, sarà, invece, onere del Curatore motivare l'impossibilità di una "gestione conservativa" della crisi aziendale, in quanto la validità del licenziamento non può prescindere dal verificarsi, non ipotizzabile, di una ripresa dell'attività, anche tramite "la cessione a qualunque titolo dell'azienda o di sue parti".
Di conseguenza: concesso il trattamento, si ammetterà necessariamente la prosecuzione dell'anzianità di servizio dei dipendenti e per gli stessi scatta l'impossibilità di richiedere al Fondo di Garanzia la liquidazione del T.F.R. (ex art. 2 legge 297/8 ) dovendosi ritenere il rapporto di lavoro, seppur sospeso, “effettivo e reale”.
Componente Consiglio
Ordine dei Dottori Commercialisti di Salerno
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