Irpinia e Gruppo Fiat insieme
per una collaborazione industriale
Il distretto tessile di Calitri
Ripensare il distretto
Creare un polo del lusso
accessibile
Il distretto tessile di Calitri
di Rosanna d’ARCHI
Una fotografia particolareggiata dei problemi attuali e dei risvolti
futuri
Ciro Favicchia dirigente della Cdi, azienda di Calitri,
leader nella produzione del tessuto denim per jeans che fa capo a Giovanni
Lettieri, presidente dell'Unione degli Industriali di Napoli, segue l'iter
dei distretti dall'inizio, in sostanza dalla loro approvazione. Il suo giudizio
su questo strumento è positivo poichè ritiene che sia indispensabile
a dare linfa al sistema produttivo e occupazionale altirpino.
Sul distretto tessile di Calitri non mancano perplessità.
Le condivide?
Assolutamente. In Alta Irpinia esistono le potenzialità e le risorse
indispensabili al decollo del distretto. Ma occorre ancora lavorare, partendo
dalla consapevolezza che anche se il tessuto imprenditoriale è costituito
attualmente da realtà di piccole dimensioni, si può operare
creando un sistema in grado di affrontare il mercato e di essere competitivo.
I distretti sono stati varati quasi dieci anni fa. I ritardi ci sono stati.
Certo, sarebbe impossibile negarlo, ma non sono da ascrivere agli imprenditori.
Ciò non toglie che vi siano comunque delle responsabilità.
La Regione e qualche altro ente, senza distinzione di colore politico,
dovrebbe recitare un mea culpa. In più con gli attuali meccanismi
farraginosi della burocrazia si blocca tutto e per anni.
Purtroppo il mal di burocrazia affligge e danneggia pesantemente il sistema,
rendendo del tutto vane alcune iniziative e obsoleti molti progetti.
Come ricordavamo, la delibera di approvazione dei distretti risale al 1997.
Allo stato si registrano significativi passi in avanti?
Bisogna partire dalla convinzione che il distretto è un modello
valido, soprattutto alla luce della nuove tendenze del mercato. L'Italia
non può ancora puntare su logiche strettamente manifatturiere. Le
aziende di produzione devono trasformarsi in realtà di servizio.
Quindi non si può tornare indietro.
Lei crede allora che sia necessario ancora muoversi seguendo questa direzione
per valorizzare il distretto?
Di sicuro. Ognuno deve fare la propria parte con senso di responsabilità.
Nel distretto tessile di Calitri dobbiamo essere in grado di garantire
tutte le fasi del trattamento. Se fino ad oggi ci si limitava alla produzione
dei tessuti, ora bisogna essere in grado di offrire ai mercati una lavorazione
trattata che esalti l'unico valore aggiunto che non possono copiarci e
riprodurre, il "made in Italy".
In Alta Irpinia la realtà industriale è caratterizzata dalla
presenza di aziende di piccolissime dimensioni e a carattere familiare.
Calitri può, secondo la sua esperienza, raggiungere obiettivi così ambiziosi?
Non ho dubbi. Ha già un grande vantaggio da sfruttare, quello di
non doversi riconvertire, come purtroppo sta avvenendo in quasi tutti i
distretti preesistenti e già di fatto operativi prima della delibera
regionale.
Cosa manca in Alta Irpinia?
Abbiamo bisogno delle lavanderie, dei laboratori, di tutte quelle attività in
grado di chiudere e completare il ciclo produttivo.
Ma anche il settore tessile è in crisi. Vi
sono imprenditori disposti a rischiare?
Esistono comparti del manifatturiero che non siano oggi in difficoltà? É evidente
che la crisi non ha risparmiato nessuno, o quasi. É chiaro che,
se pensiamo al confezionamento o alla semplice produzione, non ci può essere
più un ritorno significativo perchè si tratta di fasi a forte
concentrazione di manodopera. C'è bisogno di spostare la sfida sulla
qualità. Solo così si può battere la concorrenza del
Marocco, della Cina o dell'India. E poi, nonostante tutto, il denim resta
uno dei comparti vincenti del tessile.
Ma anche la Cdi è in difficoltà?
Non posso negarlo, ma abbiamo individuato le cause. Non è stato
fatto sistema e siamo ancora costretti ad affidare all'esterno alcune fasi
della lavorazione. Analogo discorso vale per le calzature.
E quindi?
Dobbiamo considerare che per la finitura siamo ancora imbattibili. I paesi
dell'Est non hanno alcuna convenienza a lavorare sui piccoli numeri, a
loro interessa solo la quantità. Ecco perchè dico che il
nostro futuro è nei prototipi. Servizi e non solo produzione.
Crede che gli imprenditori di Calitri siano pronti
a queste novità?
Le manifestazioni di interesse presentate sono un segnale positivo. Ho
la netta impressione che sia stata compresa e condivisa la nuova filosofia
produttiva.
E le istituzioni?
É giunto il momento che facciano la loro parte. Soprattutto la Regione è chiamata
a predisporre interventi concreti al fine di contribuire alla crescita di
un'area dove investire non è certamente un grande affare. Gli imprenditori
irpini hanno preso coscienza che i tempi dell'industrializzazione post-terremoto
sono finiti. Oggi chi vuole insediarsi sa benissimo che potrà contare
al massimo su finanziamenti che coprono il 30% degli investimenti. |