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  Dicembre 2012

Articoli n° 1
gennaio/febbraio 2006
 

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Irpinia e Gruppo Fiat insieme
per una collaborazione industriale

Il distretto tessile di Calitri

Ripensare il distretto

Creare un polo del lusso
accessibile

Il distretto tessile di Calitri
di Rosanna d’ARCHI


Una fotografia particolareggiata dei problemi attuali e dei risvolti futuri

Ciro Favicchia dirigente della Cdi, azienda di Calitri, leader nella produzione del tessuto denim per jeans che fa capo a Giovanni Lettieri, presidente dell'Unione degli Industriali di Napoli, segue l'iter dei distretti dall'inizio, in sostanza dalla loro approvazione. Il suo giudizio su questo strumento è positivo poichè ritiene che sia indispensabile a dare linfa al sistema produttivo e occupazionale altirpino.

Sul distretto tessile di Calitri non mancano perplessità. Le condivide?
Assolutamente. In Alta Irpinia esistono le potenzialità e le risorse indispensabili al decollo del distretto. Ma occorre ancora lavorare, partendo dalla consapevolezza che anche se il tessuto imprenditoriale è costituito attualmente da realtà di piccole dimensioni, si può operare creando un sistema in grado di affrontare il mercato e di essere competitivo.

I distretti sono stati varati quasi dieci anni fa. I ritardi ci sono stati.
Certo, sarebbe impossibile negarlo, ma non sono da ascrivere agli imprenditori. Ciò non toglie che vi siano comunque delle responsabilità.
La Regione e qualche altro ente, senza distinzione di colore politico, dovrebbe recitare un mea culpa. In più con gli attuali meccanismi farraginosi della burocrazia si blocca tutto e per anni.
Purtroppo il mal di burocrazia affligge e danneggia pesantemente il sistema, rendendo del tutto vane alcune iniziative e obsoleti molti progetti.

Come ricordavamo, la delibera di approvazione dei distretti risale al 1997. Allo stato si registrano significativi passi in avanti?
Bisogna partire dalla convinzione che il distretto è un modello valido, soprattutto alla luce della nuove tendenze del mercato. L'Italia non può ancora puntare su logiche strettamente manifatturiere. Le aziende di produzione devono trasformarsi in realtà di servizio. Quindi non si può tornare indietro.

Lei crede allora che sia necessario ancora muoversi seguendo questa direzione per valorizzare il distretto?
Di sicuro. Ognuno deve fare la propria parte con senso di responsabilità.
Nel distretto tessile di Calitri dobbiamo essere in grado di garantire tutte le fasi del trattamento. Se fino ad oggi ci si limitava alla produzione dei tessuti, ora bisogna essere in grado di offrire ai mercati una lavorazione trattata che esalti l'unico valore aggiunto che non possono copiarci e riprodurre, il "made in Italy".

In Alta Irpinia la realtà industriale è caratterizzata dalla presenza di aziende di piccolissime dimensioni e a carattere familiare. Calitri può, secondo la sua esperienza, raggiungere obiettivi così ambiziosi?
Non ho dubbi. Ha già un grande vantaggio da sfruttare, quello di non doversi riconvertire, come purtroppo sta avvenendo in quasi tutti i distretti preesistenti e già di fatto operativi prima della delibera regionale.

Cosa manca in Alta Irpinia?
Abbiamo bisogno delle lavanderie, dei laboratori, di tutte quelle attività in grado di chiudere e completare il ciclo produttivo.

Ma anche il settore tessile è in crisi. Vi sono imprenditori disposti a rischiare?
Esistono comparti del manifatturiero che non siano oggi in difficoltà? É evidente che la crisi non ha risparmiato nessuno, o quasi. É chiaro che, se pensiamo al confezionamento o alla semplice produzione, non ci può essere più un ritorno significativo perchè si tratta di fasi a forte concentrazione di manodopera. C'è bisogno di spostare la sfida sulla qualità. Solo così si può battere la concorrenza del Marocco, della Cina o dell'India. E poi, nonostante tutto, il denim resta uno dei comparti vincenti del tessile.

Ma anche la Cdi è in difficoltà?
Non posso negarlo, ma abbiamo individuato le cause. Non è stato fatto sistema e siamo ancora costretti ad affidare all'esterno alcune fasi della lavorazione. Analogo discorso vale per le calzature.

E quindi?
Dobbiamo considerare che per la finitura siamo ancora imbattibili. I paesi dell'Est non hanno alcuna convenienza a lavorare sui piccoli numeri, a loro interessa solo la quantità. Ecco perchè dico che il nostro futuro è nei prototipi. Servizi e non solo produzione.

Crede che gli imprenditori di Calitri siano pronti a queste novità?
Le manifestazioni di interesse presentate sono un segnale positivo. Ho la netta impressione che sia stata compresa e condivisa la nuova filosofia produttiva.

E le istituzioni?
É giunto il momento che facciano la loro parte. Soprattutto la Regione è chiamata a predisporre interventi concreti al fine di contribuire alla crescita di un'area dove investire non è certamente un grande affare. Gli imprenditori irpini hanno preso coscienza che i tempi dell'industrializzazione post-terremoto sono finiti. Oggi chi vuole insediarsi sa benissimo che potrà contare al massimo su finanziamenti che coprono il 30% degli investimenti.

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