LEGGE 488/92
COME ACCEDERE AI FONDI
DIPENDENZA DAL PETROLIO
LE ALTERNATIVE PER L'ECONOMIA MONDIALE
DIPENDENZA DAL PETROLIO
LE ALTERNATIVE PER L'ECONOMIA MONDIALE
Entro il 210 il 22% del consumo elettrico dell'UE generato da risorse rinnovabili
Sàntolo Cannavale
Esperto di mercati finanziari
s.cannavale@virgilio.it
I prezzi del petrolio nel 2003 hanno registrato un andamento relativamente tranquillo con valori medi di 32 dollari per barile, salvo l'impennata di marzo in corrispondenza dell'attacco Usa in Iraq (37 dollari per barile), compensata peraltro dai 27 dollari per barile di maggio, in risposta all'improvvida dichiarazione Usa della fine dei combattimenti. Nel 2004 vi è stato un cambio di scenario e una crescita costante e ininterrotta dei prezzi del petrolio. Il prezzo medio delle consegne per ottobre 2004 è di 45 dollari il barile. I mercati finanziari avvertono le conseguenze degli aumenti dei costi di produzione e dei prezzi al consumo. Varie ragioni, in concorso tra di loro, favoriscono questo andamento negativo per i paesi utilizzatori e per i consumatori. Le vicende giudiziarie e fiscali che hanno interessato la società russa Yukos, ne hanno quasi bloccato l'attività estrattiva pari, normalmente, a circa il 2% della produzione mondiale. I timori di attentati nel sud dell'Iraq hanno paralizzato la produzione e il flusso di petrolio verso il nord; l'eventualità di altri attentati anche in Arabia Saudita è considerata possibile. Sono ancora vive le tensioni nel Venezuela, il più importante produttore di petrolio fuori dal Medio Oriente con 2,2 milioni di barili al giorno, che ha fatto temere per i suoi rifornimenti di greggio a causa dei contrasti politici interni. La forte richiesta di prodotti energetici proveniente da Cina e India è un fatto nuovo sulla scenario mondiale e ha squilibrato i relativi mercati di approvvigionamento. Gli americani con la loro organizzazione e il proprio stile di vita impegnano risorse energetiche in misura spropositata, non compatibile con le riserve mondiali disponibili. Gli altri Paesi utilizzatori dell'occidente non sono esenti da questa critica: da qui l'esigenza di stimolare la creatività degli scienziati e l'impegno dei centri di ricerca per la messa a punto e l'utilizzo di fonti alternative di energia, in particolare quella rinnovabile. Fino ad oggi questo si è verificato con scarsa determinazione, partendo dal convincimento dell'illimitata disponibilità di petrolio a prezzi convenienti. L'epoca del petrolio a basso costo appare conclusa, anche se in precedenti, analoghe circostanze, alla fase critica ha fatto seguito un periodo di relativa tranquillità, con approvvigionamenti in linea con le quantità richieste dal mercato globale e a prezzi compatibili. I Paesi produttori ed esportatori di petrolio, d'altro canto, pur spingendo per prezzi più elevati, non sono interessati a sconvolgimenti dei mercati che metterebbero in discussione le loro principali entrate. Secondo alcuni studiosi il mondo è entrato in una nuova fase di prezzi stabilmente alti, con previsione di incremento del 50% del consumo mondiale di petrolio entro il 2025 a 120 milioni di barili al giorno. Esso è pari attualmente a circa 81,3 milioni di barili al giorno contro una produzione di 81,6 milioni. L'Opec, l'organizzazione di paesi che producono circa 28 milioni di barili al giorno, sostiene di non essere in grado di aumentare l'offerta. La sola Arabia Saudita (primo produttore Opec con 8 milioni di barili giornalieri) avrebbe la possibilità di produrre 1,5 milioni di barili aggiuntivi, ma di qualità non gradita alle raffinerie per l'eccessiva presenza di zolfo. Il recente rapporto dell'IEA (International Energy Association di Parigi) ha previsto per il 2004 un incremento per i consumi mondiali di 2,5 mbg (milioni di barili al giorno) e di 1,8 nel 2005. L'offerta di greggio attualmente è superiore alla domanda, ma lo scarto positivo tende progressivamente a ridursi. Se dovesse bloccarsi la produzione in Iraq (2 mbg) o quella del Venezuela oppure quella di Yukos in Russia, il greggio aggiuntivo che l'Arabia Saudita assicura di avere potrebbe essere insufficiente. Il rialzo dei prezzi a quel punto diventerebbe una variabile impazzita, non facilmente gestibile. Tra le grandi economie consumatrici di energia, l'India risulta uno dei Paesi più colpiti. Secondo uno studio compiuto dall'IEA, per ogni 10 dollari di aumento del prezzo di un barile di petrolio, l'economia indiana rischia di perdere un punto percentuale di crescita reale del PIL, mentre la bilancia commerciale scenderebbe dell'1,2%. Rispetto a Cina, Brasile, Stati Uniti o Giappone, l'India consuma infatti più petrolio in rapporto al PIL e dipende maggiormente di altri dalle importazioni: acquista all'estero quasi il 70% di greggio, mentre per Cina e Brasile le percentuali sono del 40 e del 10% rispettivamente. Sui paesi maggiormente industrializzati come Stati Uniti e Giappone, poi, l'impatto dei prezzi elevati risulta inferiore perché queste economie consumano meno energia in raffronto al PIL: se India, Cina e Brasile consumano 170-190 tonnellate di petrolio per ogni milione di dollari del PIL, il consumo corrispondente in Gran Bretagna, Germania e Francia è di 40-60 tonnellate. La stretta petrolifera frena l'economia mondiale: la previsione di crescita americana è stata ridimensionata per quest'anno al 3%. Per l'Europa le aspettative di ripresa risultano ridimensionate. Nel nostro Paese è forte la dipendenza dal petrolio, in parte attutita dall'utilizzo crescente di metano che diversifica fonti e canali di approvvigionamento ma non riduce i costi complessivi di importazione, per lo stretto collegamento tra costi del gas e quelli del greggio. É particolarmente alta, poi, la pressione fiscale sui prodotti di maggior consumo, quali benzina e gasolio. L'impiego dell'energia nucleare è un argomento non facile da trattare per le implicazioni riguardanti costi, sicurezza e smaltimento scorie. L'Unione Europea, con direttiva 2001/77/Ce dell'ottobre 2001, ha disposto che entro il 2010 il 22% del consumo elettrico in Europa debba essere generato da risorse rinnovabili. L'obiettivo appare possibile, ma allo stesso tempo ambizioso visto che nel 1997 il contributo di tali risorse al fabbisogno di energia era soltanto del 6%. In tale contesto l'Italia parte da una posizione relativamente soddisfacente. L'anno scorso la percentuale di elettricità prodotta nel nostro Paese con energie rinnovabili è stata pari al 16,3%, grazie alla fonte più tradizionale: l'idroelettrico, che copre circa il 95% della produzione rinnovabile, ma difficilmente può ampliarsi. All'Italia, in particolare, la UE chiede di raggiungere il 25% nel 2010 e questo si può ottenere con fonti alternative non tradizionali, quali l'energia solare e quella eolica. L'energia solare può essere utilizzata per la produzione diretta di energia elettrica (solare fotovoltaico) e per la produzione di calore (solare termico). Recenti indagini pongono in evidenza un grosso ritardo dei Comuni nell'utilizzo di tale energia. Con riferimento all'energia eolica l'Italia è in discreto recupero con 904 megawatt di potenza installata a fine 2003. In tale comparto la Spagna rappresenta un caso esemplare: con 6.200 megawatt di potenza installata è il terzo Paese al mondo dopo Germania (14.600 megawatt) e Stati Uniti (circa 7.000 megawatt). Con i suoi impianti eolici la Spagna copre attualmente il 6% dell'energia elettrica consumata. La Spagna, per il 2007, prevede di coprire il 30% della produzione energetica con fonti rinnovabili. Lo sfruttamento intensivo e crescente dell'energia eolica ha comportato lo sviluppo di nuove tecnologie trasformando la specifica industria (gestione dei parchi e costruzione di turbine) in un settore d'avanguardia a livello mondiale, con positive ricadute in termini economici (forrniture e installazioni di impianti all'estero). Il tessuto imprenditoriale nato intorno a questo settore conta in Spagna già 400 società (fra produttori, promotori e fabbricanti di aerogeneratori e altri componenti), con creazione di quasi 70.000 posti di lavoro.
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