DISINQUINAMENTO DEL BILANCIO
LA DEDUCIBILITÀ DEI COSTI
CREDITO D’IMPOSTA
UNA QUESTIONE ANCORA APERTA
CREDITO D’IMPOSTA
UNA QUESTIONE ANCORA APERTA
A favore dei contribuenti la Sentenza della Commissione Provinciale di Caltanissetta
Mario Coppola
Progetto Arcadia s.r.l. - Componente Consiglio Ordine dei Dottori Commercialisti di Nocera Inferiore
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L’istituto del credito d'imposta nasce con la finanziaria 2001, che all'art. 8 prevedeva la concessione di un'agevolazione di natura fiscale a sostegno degli investimenti realizzati nel sud del Paese, con il fine di promuoverne lo sviluppo. In sostanza quello che appariva come un istituto di facile fruizione a vantaggio di coloro che si accingevano a investire in nuove e vecchie unità produttive, si è rilevato un sentiero pieno di ostacoli. L'art.8 della L. 388/2000 prevedeva, a fronte di investimenti in beni strumentali, il riconoscimento all'imprenditore di un credito d'imposta da utilizzare in compensazione con i vari versamenti pagabili con il modello F24. La fruizione dell'agevolazione consisteva nell'individuare gli investimenti ammissibili, nel calcolo del credito spettante e nel suo utilizzo in F24. Questa iniziale semplicità di applicazione si è andata via via complicando in seguito alle modifiche apportate nel tempo dal legi- slatore. In particolare, l'art.10 del D.L. n. 138/2002 ha sostituito alla completa autonomia da parte del contribuente dell'utilizzo del credito in compensazione l'obbligo della preventiva istanza, in via telematica, al Centro Operativo di Pescara dell'Agenzia delle Entrate, relativamente agli investimenti effettuati dopo l'8 luglio 2002. La procedura di accoglimento delle domande ha di fatto subordinato il riconoscimento del credito d'imposta al caso e alla potenzialità dei macchinari telematici. In seguito, a complicare le cose è intervenuto il D.L. 12 novembre 2002 n.253, che ha sospeso, con effetto immediato, l'utilizzo del credito d'imposta per il periodo intercorrente tra il 13/11/2002 (giorno di pubblicazione in G.U.) e il 09/04/2003. Ciò ha determinato evidenti disagi per tutti coloro che, avendo pianificato il rientro di parte degli impieghi effettuati sotto forma di minori imposte da versare, si sono trovati a dover modificare i propri piani con palesi ripercussioni sull'equilibrio finanziario delle loro aziende. Inoltre al fine di monitorare l'utilizzo complessivo dell'istituto, e dunque determinare le risorse da destinare a tale misura, il legislatore, con l'art. 62 della finanziaria 2003, imponeva a pena di decadenza dal contributo conseguito automaticamente, la presentazione entro il 28/02/2003 dei modelli CVS. Un'altra sorpresa si è avuta in seguito all'analisi compiuta dall'Agenzia delle Entrate dei dati forniti nei modelli CVS. I crediti d'imposta vantati ai sensi dell'art. 8 della legge 388/00, e non ancora interamente utilizzati, potevano essere portati in compensazione, nell'anno 2003 solo nella misura del 10%, la parte restante doveva essere impiegata negli anni successivi, addirittura nella misura massima del 6% per ogni anno. Successivamente, prima il CIPE e poi il Ministero delle Economia e delle Finanze, hanno disposto l'innalzamento della percentuale di compensazione massima del credito residuo, sugli investimenti completati al 31/12/2002, per il 2003 dal 10% al 49%. È questo l'ultimo atto a cui si è assistito negli ultimi 3 anni, che ha reso sempre più contorto uno strumento, la cui ratio era quella di favorire l'iniziativa privata, attraverso un meccanismo automatico di agevolazione. I continui interventi effettuati dall'Amministrazione Finanziaria sull'istituto del credito d'imposta non hanno fatto altro che alzare quei muri tra contribuente e amministrazione che le recenti riforme strutturali e legislative avevano in parte abbattuto. Con l'istituzione, nel 2000, dello statuto del contribuente (l. n. 212) il legislatore ha, per la prima volta, assunto nei confronti del cittadino-contribuente una posizione garantista. Da un lato sono stati infatti riconosciuti al contribuente una serie di diritti (tra cui quello all'informazione, alla conoscenza degli atti e alla trasparenza), dall'altro sono stati fissati alcuni principi inderogabili che il legislatore stesso deve rispettare quando intende emanare delle norme in materia tributaria. Ed è proprio uno di questi principi che il legislatore non avrebbe rispettato in materia di credito di imposta, quando con il D.L. n. 253/2002, statuiva con effetto immediato la sospensione dell'utilizzo in compensazione del credito, imponendo a carico del contribuente, con efficacia immediata, un adempimento tributario consistente nell'obbligo di pagamento integrale del debito d'imposta. È del 24/02/2004 la sentenza della Commissione Provinciale di Caltanissetta, con la quale i giudici tributari dichiarano illegittimo il recupero del credito d'imposta usato nel periodo di sospensione, per violazione dei diritti del contribuente fissati nello Statuto «va rilevata l'illegittimità del D.L. 253/2002 con cui il Ministero dell'Economia ha disposto la sospensione, con effetto immediato, della possibilità di fruire del credito d'imposta per violazione del disposto di cui all'art. 3, comma 2, della legge 27/07/2000, n.212 Statuto del Contribuente». Tale norma, infatti, dispone l'assoluto divieto di emanazione di norme che impongano adempimenti a carico del contribuente «la cui scadenza sia fissata anteriormente al 60 giorno dalla data della loro entrata in vigore». Il D.L. n. 253/2002 è entrato in vigore il 13/11/2002, tuttavia, considerato che la pubblicazione in Gazzetta è avvenuta solo nel pomeriggio e che non è scontato che la stessa possa essere letta lo stesso giorno, è successo che molti contribuenti hanno effettuato la compensazione sia nella mattinata del 13/11/2002, che nei giorni successivi. In un siffatto contesto tanti sono stati coloro i quali hanno violato le disposizioni perentorie del decreto n. 253 e si sono visti recapitare nel mese di novembre 2003 un avviso dell'Agenzia delle Entrate con cui provvedeva al recupero del credito d'imposta indebitamente utilizzato, addebitando anche sanzioni e interessi. Agli avvisi di recupero dell'amministrazione finanziaria sono seguite le impugnazioni da parte dei contribuenti, il cui presupposto era rappresentato proprio dal mancato rispetto, da parte del legislatore, dei principi enunciati dallo Statuto del contribuente. Ecco che la sentenza di Caltanissetta rappresenta una svolta. La revoca del credito, operata dalla amministrazione, viene, difatti, ritenuta illegittima. Si ritiene che quanto è avvenuto non possa essere considerato un punto di arrivo della vicenda credito d'imposta, ma rappresenti solo un input affinchè il legislatore intervenga su tale materia in maniera definitiva. Non si può pensare, infatti, a un sistema in cui sia affidato ai giudici tributari il compito di smussare le imperfezioni di una normativa, come quella del credito d'imposta. In conclusione si auspica un immediato, giusto e coerente intervento del legislatore, che ponga la parola fine alla vicenda in questione.
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