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  Dicembre 2012

Articoli - n° 2 Marzo 2004
 



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LO SVILUPPO DELLA PROVINCIA DI SALERNO
L’IMPORTANZA DELLA LEVA TURISTICA

LA GOVERNANCE DEL TRIENNIO FUTURO
LO SCHEMA DELLA “TRIPLA ELICA”

LA GOVERNANCE DEL TRIENNIO FUTURO
LO SCHEMA DELLA “TRIPLA ELICA”
Un modello per diminuire l’asimmetria tra impresa, ricerca e policy maker

di Pasquale Persico
Consigliere PST
ppersico@unisa.it

Il Consiglio di Amministrazione uscente del PST di Salerno lascia conti in ordine e possibilità nuove di sviluppo. Non è stato facile, basti pensare che in tutte le altre regioni i Parchi hanno avuto non poche difficoltà: oggi vi è una prospettiva in più, legarsi all'esigenza dell'Europa di elaborare una nuova politica economica basata sulla politica industriale. Questa rimette al centro della discussione il mai pienamente sciolto nodo della relazione tra ricerca, innovazione, trasferimento tecnologico e sviluppo.
Il PST di Salerno nel 2004 compie dieci anni di attività, la sua storia di esperienze non è banale, ha dovuto vincere scetticismi e ostilità istituzionali, farsi riconoscere da un mercato debole, ha però consolidato linee strategiche visibili:
- trasferimento tecnologico e innovazione;
- formazione di nuovo Capitale Umano strategico;
- progettazione strategica e animazione per lo sviluppo territoriale (reti di cooperazione tra imprese e università e tra aziende ed enti locali) nella prospettiva di contribuire a riposizionare il vantaggio competitivo localizzato.
La stessa Regione Campania ha riconosciuto al Parco Scientifico un ruolo specifico nell'attuazione dei Centri Regionali di Competenza avviati e, oramai, nella fase di fattibilità operativa. Tuttavia sottolineiamo le difficoltà di dialogo accanto a inadeguati modelli di governance messi in campo per affrontare i non facili temi della diffusione della conoscenza e del trasferimento tecnologico. Non si tratta solo di prendere atto delle complessità di comunicazione tra il mondo delle imprese e quello della ricerca, di rifare la storia delle carenze culturali dei dipartimenti, di riparlare della mancanza di grandi imprese e dello snobismo delle università giovani; ma di affrontare la prospettiva di medio termine che, dando per scontato questi ostacoli, progetti modelli di governance in grado di superare queste difficoltà congenite al complicato progetto di sviluppo basato sul vantaggio competitivo localizzato, cioè su reti di competenze specifiche. Eppure rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno, la Campania ha dei vantaggi. La Puglia, ad esempio, è costretta, per il dissesto finanziario di molti centri di trasferimento tecnologico, a riprogettare l'intervento ricorrendo all'Agenzia Regionale per lo Sviluppo Tecnologico, creatura dallo statuto ancora incerta ma soprattutto non poggiata su eliche definite di rapporti tra ricerca, politica e impresa.
Sì, finalmente, grazie all'economista Ezkowit che ha battezzato la tripla elica, viene chiaramente in campo il modello ideale che dovrebbe spingere i tre attori fondamentali di un sistema d'innovazione orientato allo sviluppo del territorio:
- le imprese con il loro capitale umano potenziale;
- la ricerca scientifica con il suo potenziale progettuale;
- i policy maker convergenti su una cultura dello sviluppo più orientata al medio periodo.
Per non cadere nei luoghi comuni, è importante progettare il modello e verificare non solo se questo è condiviso, ma se questo è interpretato.
Lo scorso anno, il Consiglio di Amministrazione del PST ha discusso su cinque esempi di governance interistituzionale per la definizione dei suoi rapporti con la Regione, esaminando come il processo di devolution di nuove competenze, nello spostare sulla Regione compiti di politica industriale e di ricerca, implica il consolidamento di modelli di gestione e di programmazione innovativi, nonché la definizione delle nuove abilità da mettere in campo. Il Consiglio di Amministrazione, considerando la storia e le finalità del Parco, reputò il cosiddetto modello a "sussidiarietà mista", verticale e orizzontale o a "sussidiarietà guidata", come maggiormente rispondente alle esigenze evolutive delle politiche della Regione e degli enti locali. Secondo tale schema, la Regione indirizza la programmazione attraverso alcune figure responsabili, mentre la gestione dei programmi spetta al territorio che, con diverso peso sussidiario legato al progetto, la pone in essere. Durante l'ultimo anno, il Parco ha camminato lungo una strada tortuosa, dove quest'ipotesi di lavoro ha rischiato più volte di precipitare.
Per fortuna con l'inizio del 2004 questa idea ha cominciato ad avviarsi lungo un sentiero aspro ma protetto: si sono consolidati ruoli all'interno dei Centri di Competenza, la Regione apprende dagli studi di fattibilità degli stessi Centri che la strada dell'innovazione richiede lunghe gestazioni, l'esperienza del Parco ritorna in campo come asset spendibile. Non rimane che affrontare il nodo vero, diminuire l'asimmetria tra impresa, ricerca e policy maker. Tre Province della Campania, una Fondazione Bancaria e due Comuni importanti, tre Camere di Commercio e altrettante Associazioni Industriali, in termini di policy maker è una massa critica rilevante e su questa vanno poggiate le responsabilità in termini di governance anche nel modello di governance guidato, dove la sussidiarietà orizzontale strategica assuma indirizzi dalla politica regionale in campo.
La Regione, dopo l'esperienza dei Centri di Competenza, prenderà atto dall'analisi degli studi di fattibilità che senza un adeguato supporto pubblico la gestione delle attività strategiche di trasferimento non sarà possibile, nello stesso tempo non potrà essere la Regione a supportare tali carenze strutturali. Sempre la stessa potrà però indirizzare le risorse destinate all'innovazione verso quei territori dove i policy maker stanno interpretando i temi dello sviluppo utilizzando tutte le sinergie possibili. Si potrebbero aiutare le Istituzioni di riferimento del Parco Scientifico ad assumere nuovi ruoli nella compagine sociale, ricapitalizzando o patrimonializzando il Parco per consentire di partecipare al gioco strategico dello sviluppo ma dovrebbero anche essere chiari i segni delle sinergie istituzionali messe in campo. In definitiva, le Province dovrebbero rendere espliciti i settori di intervento in cui il Parco potrà giocare per esse un ruolo strategico.
La vicina Basilicata ha oramai delegato alle Province il rilancio della formazione, lasciando al centro compiti di indirizzo strategico; le Università dovrebbero stringere più stretti rapporti con il Parco, non solo nelle funzioni di indirizzo ma soprattutto interpretando insieme le difficoltà di dare sinergia alle imprese e alle istituzioni dello sviluppo.
I comuni dovrebbero trovare nel Parco quel soggetto che li veicoli verso reti più efficienti per riposizionare la scala della loro progettualità. Le Fondazioni, infine, dovrebbero guardare al PST come a un partner complementare alla realizzazione di fini istituzionali importanti: sviluppo sia della ricerca che locale competitivo.
Costruire questa trasparenza di ruoli non è facile ma l'assemblea potrebbe assumere politicamente indirizzi di programmazione che vadano in questa direzione impegnando il futuro consiglio a definire un'intesa programmatica che porti a un vero contratto d'azione sottoscritto dai policy maker e che costituirà il progetto strategico da realizzare.
Portare, quindi, il Parco verso un patrimonio di 5 milioni di euro e una committenza strutturale strategica degli enti di riferimento orientabile sui 2 milioni di euro consentirebbe di attuare volumi di attività impensabili ma vitalissimi per un territorio in ritardo di sviluppo, dandosi l'obiettivo di creare occupazione indotta per oltre 200 unità.
Questo è un programma ambizioso ma possibile. Basta scegliere il modello di governance strategico adatto.

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