LUCA DI MONTEZEMOLO  
  «LA MIA CONFINDUSTRIA» 
		  IN
		      DOTE FORZA E CAPACITÁ 
		    MERITO E CREDITO ALL’IMPRENDITORIA ITALIANA 
		  LUCA DI MONTEZEMOLO 
 LA MIA CONFINDUSTRIA 
	        Il neo Presidente illustra gli
	        obiettivi del suo mandato e le strategie per raggiungerli 
	        
	               
	              di Vito Salerno 
	               
                  Dal
                  26 maggio scorso Luca Cordero di Montezemolo è il nuovo
                  Presidente di Confindustria. Pochi giorni dopo è arrivata
                  anche la nomina di Presidente della Fiat. Noto in tutto il
                  mondo come l’artefice di una nuova stagione di successi
                  targati Ferrari, ha rilanciato, con un lavoro che dura ormai
                  da più di quindici anni, l’immagine del cavallino
                  rampante. Alla nostra redazione ha raccontato come sarà la
                  sua Confindustria. 
	      A quale modello di Confindustria sta lavorando? 
	      	        C'è un clima nuovo nel Paese, una diffusa voglia di cambiare,
	        di riflettere, di dialogare. Per individuare priorità comuni
	        e modi e tempi comuni per rilanciare l'economia, la competitività delle
	        imprese italiane sui mercati internazionali, per contribuire allo sviluppo
	        dell'intera società italiana. In ogni settore c'è la consapevolezza
	        della necessità di combattere la cultura del declino spingendo
	        sull'acceleratore dello sviluppo economico. Tutti insieme. Solo nel
	        dialogo e nella convergenza su obiettivi e strategie potremo portare
	        il nostro Paese a crescere di nuovo, ancora. Abbiamo un compito straordinario
	        da portare avanti. Per questo punto a una Confindustria unita, forte,
	        autorevole, aperta al confronto con tutte le parti sociali e istituzionali.
	        Autonoma rispetto alla politica dei governi e ai partiti. Professionale.
	        Ad ogni livello: centrale, territoriale e di categoria. Dobbiamo investire
	        nelle nostre strutture, fare sistema, fare squadra. Lo spirito di squadra,
	        che deve nascere da scelte condivise, è importantissimo. Penso
	        a una Confindustria che investe di più nelle proprie strutture,
	        che fa del vero e proprio marketing associativo, che dà risposte
	        professionali. Una vera casa dell'impresa.  
	         
             Luca
            Cordero di Montezemolo 
Presidente di Confindustria 
confindustria@confindustria.it  
 
 
Il mio impegno è quello
	        di mettere in campo le migliori professionalità al servizio di
	        questo progetto, che ascoltino le domande che vengono dall'industria,
	        particolarmente dalle piccole imprese. Dobbiamo dare risposte efficienti,
	        condivise. A chi verrà dopo di me voglio consegnare un'associazione
	        più forte e unita che mai. 
	         
	        Quale sarà il ruolo di Confindustria in
	        Europa? 
	        	        La presenza delle imprese italiane a Bruxelles va rafforzata. Dobbiamo
	        influire sulle scelte politiche della nuova Europa, composta da 25 stati
	        sovrani. Siamo stati tra i fondatori dell'Unione, ora dobbiamo sostenere
	        il nuovo assetto istituzionale, stimolando le autorità europee
	        ad affrontare le questioni fondamentali di politica economica, piuttosto
	        che quelle troppo specifiche, banali o marginali. Abbiamo agganciato
	        l'Europa con tante difficoltà, ma non abbiamo risolto i nostri
	        problemi. Di più: da Parigi a Berlino, da Bruxelles a Vienna,
	        si fatica a tenere il passo con il resto del mondo. L'approvazione di
	        una Costituzione europea non può che giovare. Darà certamente
	        un nuovo impulso alle politiche economiche del Continente.  
	         
	        A quali temi strategici dedicherà maggiori
	        risorse ed energie? 
	        	        Innovazione, innovazione, innovazione. Dappertutto, a trecentosessanta
	        gradi. Internazionalizzazione e promozione del sistema produttivo italiano,
	        sostegno agli investimenti all'estero e attrazione degli investimenti
	        dall'estero in Italia. Difesa e rilancio del made in Italy. In questo
	        senso ci stiamo già muovendo, con accordi di collaborazione con
	        istituzioni e parti imprenditoriali fondamentali per lo sviluppo, come
	        il sistema bancario. Abbiamo già siglato un protocollo d'intesa
	        con l'Agenzia delle dogane per combattere concretamente, alle frontiere,
	        il mercato illegale delle merci contraffatte. È stato aperto
	        il tavolo di stretta collaborazione operativa con l'associazione bancaria
	        italiana per affrontare insieme il percorso della ripresa. Certo è che
	        nessuna competitività del made in Italy potrà essere sostenuta
	        e rilanciata senza affrontare con energia e impegno questioni base come
	        la ricerca. Bisogna investire con coraggio e determinazione in questi
	        settori, perché sono le idee e i progetti nuovi che costituiscono
	        quel motore speciale che fa correre un'impresa verso il traguardo della
	        crescita e dello sviluppo. Il tutto all'interno di una parola chiave,
	        che ripeto: innovazione. 
	         
	        Investire nella ricerca vuol 
	        dire puntare sui giovani. 
	        Sono la ricchezza del Paese. 
	        	        Sì, certo. Ad alimentare il motore dell'innovazione deve essere
	        la formazione dei nostri giovani. Va tessuto un rapporto di stretta
	        collaborazione con l'Università e la scuola, va stimolato il
	        governo a investire di più in ricerca. Abbiamo già strappato
	        al governo l'impegno ad abolire l'Irap sui ricercatori. E gli imprenditori,
	        anche in questo, devono fare la loro parte. Molto viene già fatto
	        dalle imprese di servizi. Dalla logistica, alla commercializzazione,
	        dalle consulenze in campo tecnologico alla produzione e gestione della
	        cultura. Un patrimonio di inestimabile valore, che ci viene riconosciuto
	        in tutto il mondo, che produce reddito e che andrebbe promosso con maggiore
	        sensibilità.  
	         
	        Quale dovrà essere il ruolo delle imprese per uscire dalla difficile
	        fase di transizione in cui si trova la società italiana? 
	        	        Come ho detto all'Assemblea che mi ha eletto presidente per i prossimi
	        quattro anni, tocca anche alle imprese e alla Confindustria indicare
	        il futuro del Paese e tracciare la strada verso lo sviluppo. Gli imprenditori
	        devono essere consapevoli di essere classe dirigente e come tale devono
	        guardare avanti, con senso di responsabilità e spirito di servizio.
	        Abbiamo avuto molto, dobbiamo prendere atto che va restituita parte
	        di ciò che si è ricevuto. Per contribuire alla crescita
	        di tutta la comunità di cui siamo parte fondamentale, con il
	        sindacato, con i lavoratori, con tutte le forze culturali, sociali e
	        imprenditoriali del Paese. Credo che lo sforzo di ciascuno di noi, mio
	        per primo, debba essere indirizzato a contrastare la cultura del declino,
	        lasciandosi alle spalle sterili dibattiti sulle colpe degli altri o
	        filosofici distinguo sulle parole. Oggi bisogna consolidare e accrescere
	        la posizione economica, culturale e politica che l'Italia ha conquistato
	        nel mondo. Molte energie e risorse dovranno essere investite per recuperare
	        valori e modi di lavorare positivi, che sono stati abbandonati negli
	        ultimi anni. Il lavoro di squadra, l'orgoglio d'impresa, il metodo del
	        dialogo sociale e della collaborazione stretta e produttiva con il mondo
	        delle banche sono i punti fondamentali dai quali ripartire per il rilancio
	        di tutta la comunità nazionale. Le imprese italiane devono recuperare
	        quella cultura della crescita, quello spirito vincente di riscatto che
	        animò i nostri Padri nel dopoguerra. Dobbiamo crescere per non
	        essere assorbiti. Le piccole imprese, la struttura portante del sistema
	        industriale italiano, devono entrare nella logica della crescita. Nessuno
	        più di noi stessi potrà aiutarci a risolvere i nostri
	        problemi. Se crediamo nel libero mercato, tocca a noi aprire nuovi orizzonti
	        ed esplorare nuove strade per il progresso. Ma per far questo abbiamo
	        bisogno di favorire un ambiente sociale positivo. Una società coesa,
	        capace di sviluppare strumenti e comportamenti adatti ai tempi, fondata
	        su regole condivise, nel confronto continuo con il sindacato, in particolare.
	        Abbiamo il dovere di assumerci una grande responsabilità sociale,
	        che è insieme etica e morale, per contribuire pienamente allo
	        sviluppo del nostro Paese.  
	         
	        E il Mezzogiorno? Cosa intende quando dice che
	        sarà «sarà la
	        nostra nuova frontiera»? 
	        	        Incentivi e assistenza non bastano. Occorre selezionare pochi obiettivi,
	        ma buoni e condivisi da tutti i soggetti interessati allo sviluppo del
	        nostro Sud. Ma a monte il governo deve assicurare condizioni di base
	        necessarie, come le infrastrutture, materiali e culturali, e la sicurezza. È urgente
	        rivolgere più attenzione al turismo. Finora il Mezzogiorno d'Italia
	        non ha saputo "vendere" adeguatamente un prodotto prezioso
	        come il turismo, carico di un valore storico, artistico e paesaggistico
	        che nessuno al mondo potrà mai copiare. Questo vale per tutto
	        il Paese, ma di più per il Mezzogiorno che è paradossalmente
	        più indietro del Centro-Nord. Sono ottimista, però. Persa
	        l'ultima gara, guardiamo avanti per vincere la prossima. Nel Sud vedo
	        crescere una nuova generazione di imprenditori moderna e orientata al
	        mercato che saprà vincere questa sfida. I giovani sono la ricchezza
	        del Paese, di tutto il Paese, da Nord a Sud. Sono i giovani che dovranno
	        avere il coraggio di osare di più, di aprire nuove piste di riflessione,
	        aprire nuovi orizzonti. Perché la nuova frontiera del Mezzogiorno
	        sia aperta a un futuro di successi. 
	         
	        Riannodare i fili del dialogo con i sindacati ripartendo
	        dal patto di concertazione del '93? È un impegno importante. 
	        	        L'intesa del '93 fu un atto straordinario, che ha prodotto risultati
	        positivi per il Paese. Un grande esempio di metodo. L'ho detto al convegno
	        dei Giovani Impren-ditori del 4 e 5 giugno scorso e lo ripeto. Quando
	        ci riferiamo a quel patto di più di dieci anni fa è per
	        recuperare e praticare quella "politica" delle convergenze
	        che ha prodotto un sistema di regole condivise che nel complesso ha
	        funzionato bene. Ma quel metodo va aggiornato, dobbiamo guardare avanti.
	        Invece di discutere del '93 preferisco che si discuta di come attrezzarci
	        per il 2013. Oggi, sarà necessario ritrovare lo spirito di coesione
	        con chi si riconosce negli obiettivi dello sviluppo e della crescita,
	        dovranno essere emarginate le frange del conflitto. È un impegno
	        importante. Dovremo pretendere da noi stessi e dai nostri interlocutori
	        assenza di pregiudizi, disponibilità al dialogo, rigoroso rispetto
	        delle condizioni di competitività cui le nostre imprese sono
	        sottoposte nel mercato globale. 
	         
	        A proposito di mercato globale, qual è la
	        strada da percorrere rispetto alla concorrenza asiatica? 
	        	        Si sta assistendo a una nuova collocazione delle capacità produttive
	        su scala mondiale. Tutti i Paesi industriali soffrono, ma noi italiani
	        di più. Non ci sono scorciatoie: occorre investire per essere
	        più competitivi. Dobbiamo crescere per non essere assorbiti.
	        Dobbiamo sforzarci, come ho già detto, di promuovere la nostra
	        economia. Portare all'estero i nostri prodotti, le nostre tecnologie,
	        la nostra cultura, il nostro stile di vita. Molte imprese italiane lo
	        hanno già fatto in Cina, per fare un esempio, altre lo stanno
	        facendo. Come Confindustria stiamo approntando progetti specifici nelle
	        aree più strategiche per sostenere con forza i nostri as-sociati.  
	         
	        Torniamo al rapporto da costruire con il sistema bancario. In concreto? 
	        	        Il rapporto con le banche va impostato su basi moderne e di sviluppo.
	        Il mondo del credito rappresenta, specie per la piccola impresa, lo
	        strumento fondamentale per stare sul mercato e crescere adeguatamente.
	        E le piccole imprese devono crescere. Le banche, da parte loro, devono
	        riuscire a valutare al meglio i progetti meritevoli di essere sostenuti. È necessario
	        crescere insieme. Favorendo, ad esempio, un maggior ricorso al debito
	        a medio e lungo termine, con tempi di restituzione effettivamente collegati
	        ai flussi di cassa previsti dalle imprese. Con le banche dobbiamo fare
	        più che mai sistema. Una semplice parola che implica però un
	        grande progetto. Tutto il sistema economico italiano deve sforzarsi
	        di "fare sistema". Dalle grandi industrie a quelle piccole.
	        Lo sforzo per rilanciare il Paese deve essere corale. 
	      
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