MEZZOGIORNO (O MEZZANOTTE)
OPPORTUNITÀ (O LIMITE) PER LA CRESCITA DEL PAESE
Dopo le elezioni Governo e Opposizione
devono superare le loro contraddizioni
di Antonio Paravia Direttore Costozero
magazine
antonio.paravia@assindustria.sa.it
Il
nostro Paese, tra i tanti mali, è afflitto anche da
una frequenza eccessiva dei momenti elettorali. Dopo le europee
e le parziali amministrative 2004, avremo l’anno prossimo
le regionali, nel 2006 le politiche e via di seguito. In questi
periodi l’Italia si “ferma” a dir poco per
quaranta giorni e diventa più populista e inconcludente,
toccando i suoi picchi massimi di litigiosità. In tale
scenario la questione meridionale viene da tutti sbandierata
come priorità, salvo poi non darvi l’attenzione
che essa merita per la crescita non solo del Mezzogiorno, ma
dell’intera Nazione. Non vogliamo qui riepilogare tutti
gli interventi che sarebbero necessari. Al riguardo il competente
Comitato di Confindustria, ora presieduto da Ettore Artioli,
saprà svolgere la sua positiva azione di pressing sia
sul governo nazionale, che su quelli regionali. Del resto lo
stesso Montezemolo ha inserito la questione tra le principali
del programma confindustriale. Prefe-riamo, invece, trattare
alcuni aspetti che spesso hanno generato idee qualunquiste
sull’argomento. Infatti molti pensano che il Sud sia
dominato da fattori culturali e storici contrari allo sviluppo
capitalistico e al liberismo, praticamente ancora votato all’assistenzialismo:
un territorio con poche aziende e modesti imprenditori. A tali
falsi preconcetti opponiamo due considerazioni. La prima è che
registriamo al Sud un numero vastissimo di piccole e medie
imprese che, in condizioni certamente svantaggiate rispetto
alle aree ricche del Paese, hanno saputo conquistare grandi
successi per i loro marchi. La seconda è che l’assistenzialismo,
che ha imperversato dagli anni sessanta ai novanta, ha prodotto
vantaggi alle forze politiche del tempo e all’industria
del Centro-Nord. Questa, infatti, ha beneficiato della parte
più rilevante dei finanziamenti per investimenti al
Sud, peraltro in molti casi dismettendo o chiudendo i centri
di produzione allorquando sono cessate le convenienze. Non
consideriamo, poi, gli ulteriori benefici di cui ha goduto
attraverso la fornitura di macchinari e altro a questo nuovo “mercato
industriale meridionale”. Il Presidente di Confindustria
nel suo esordio ci ha esortati ad avere fiducia in noi stessi,
nelle nostre capacità. Eliminiamo, quindi, lo scetticismo
e puntiamo sulla qualità. Invitiamo le istituzioni pubbliche
a investire sull’efficienza, così come i giovani
a impegnarsi molto nella loro formazione. Limitiamo questa
folle corsa alla devolution e miriamo soprattutto all’unità nazionale
e a quella europea. Dobbiamo lavorare in una logica di sistema,
piuttosto che continuare ad andare verso una deriva regionalistica,
provinciale, municipale, che avrà per paradosso seguiti
nella circoscrizione e nel condominio. Il persistere dei tanti
gap tra Centro-Nord e Sud dovrebbe spingerci a difendere strenuamente
la politica degli incentivi, sia pure riducendo le diverse
tipologie, alcune oramai desuete. Siamo disponibili a ogni
confronto, ma desideriamo evidenziare due fattori imprescindibili.
Il primo è che bisogna ben coniugare il rigore della
valutazione dell’intervento con la necessità inderogabile
che questo avvenga tramite automatismi. Il fattore tempo è sempre
più vitale per il successo nella produzione di beni
e servizi, i rallentamenti della P.A. vanificano l’idea
imprenditoriale. Il secondo è che siamo vittime di una
pressione fiscale insostenibile, in primis per la famigerata
IRAP, che pesa soprattutto sulle imprese ad alto tasso occupazionale.
A chi sono indirizzate queste enormi risorse? Vengono utilizzate
per gli sperperi della spesa pubblica centrale, regionale e
periferica. Rinunceremmo volentieri ad una parte degli incentivi,
se ricevessimo precise garanzie di riduzione di tali costi
improduttivi e di spostamento di questi mezzi in favore delle
reti energetiche, idriche, della viabilità per gomma,
ferro, aria e acqua, e per le infrastrutture civili (sanità,
scuola e sistema giudiziario). Vogliamo vivere e operare in
un Sud “illuminato”, più efficiente e che
sappia anche attrarre investimenti finalmente stabili. Non
possiamo correre il rischio che la classe politica (vale per
entrambi gli schieramenti), resti prigioniera al proprio interno
delle sue contraddizioni e contrapposizioni. Se così fosse
saremmo un limite per la crescita del Paese, non più Mezzogiorno
ma Mezzanotte d’Italia.
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