IMPEGNO E PASSIONE PER GLI STUDENTI
GIOVANI, FORMAZIONE E LAVORO
MONITORARE
LE ESIGENZE DEI CLIENTI
CREARE NUOVE SINERGIE E ALLEANZE
LA RIFORMA
DEL MERCATO DEL LAVORO
GLI SCENARI DOPO LA PUBBLICAZIONE DEL D.L
IL PROGRAMMA
URBAN CITTÀ DI CASERTA
UN SOGGETTO TERRITORIALE INNOVATIVO
APPROVATO
DEFINITIVAMENTE IL NUOVO TUIR
DISCIPLINATI ISTITUTI FINORA IGNORATI
LA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO
GLI SCENARI DOPO LA PUBBLICAZIONE DEL D.L.
Trasparenza ed efficienza gli
obiettivi primari del nuovo provvedimento
Lorenzo
Chiello
Responsabile Area Relazioni Industriali Unione Industriali
Caserta
lchiello@unioneindustriali.caserta.it
Con la pubblicazione del Decreto Legislativo n.
276 del 10 ottobre 2003 si è concluso un percorso legislativo iniziato
il 15 novembre 2001, con la presentazione in Parlamento del d.d.l.
848 (quale collegato alla Legge Finanziaria 2002). Il Consiglio dei Ministri
del 31 luglio aveva infatti definitivamente varato la riforma del
mercato del lavoro nel nostro Paese, dando così attuazione alle
deleghe contenute negli artt. da 1 a 5 della legge 14 febbraio 2003, n.
30 (c.d. Legge Biagi).
Obiettivo primario del provvedimento è la realizzazione di un mercato
del lavoro trasparente ed efficiente, in grado di correggere gli squilibri
e le insufficienze del nostro Paese per quanto riguarda occupazione, disoccupazione
e creazione di posti di lavoro. Il provvedimento è una sintesi articolata
di provvedimenti finalizzati a sostenere la competitività delle imprese
anche attraverso una nuova organizzazione del lavoro.
Fondamentale e determinante risulta il ruolo della contrattazione collettiva
nel decreto in quanto è previsto un ampio coinvolgimento delle parti
sociali, chiamate a gestire concretamente la riforma del mercato del
lavoro. La proposta di affidare ad un accordo interconfederale la gestione
della riforma viene ritenuta sicuramente una soluzione giuridicamente interessante
anche da parte di chi ha sollevato critiche sul complesso della riforma
e presenta indubbi vantaggi per entrambe le parti chiamate a sottoscrivere
l'accordo.
Una cosa è certa ed è la constatazione che stiamo assistendo
alla trasformazione del mercato del lavoro attraverso l'introduzione di ulteriori
strumenti di flessibilità al fine di determinarne uno nuovo più rispondente
alle esigenze delle imprese.
Un aspetto da considerare ed evidenziare nel provvedimento in esame è la
individuazione, tra i soggetti autorizzati allo svolgimento della attività di
intermediazione, dei Comuni, delle Camere di Commercio, delle Università,
degli Istituti scolastici e anche delle Associazioni dei datori di lavoro
e dei lavoratori, a testimonianza della necessità ed opportunità che
l'incontro tra domanda e offerta di lavoro deve necessariamente coinvolgere
direttamente tutti i soggetti che esercitano ruoli e compiti fondamentali
nella vita di tutti i giorni. Dalle sinergie esercitate dagli operatori pubblici
e privati dovrebbe costruirsi un sistema aperto e trasparente di mercato
del lavoro. In tale ottica va ad inquadrarsi la Borsa continua nazionale
del lavoro dove confluiranno tutti i dati obbligatoriamente conferiti dai
soggetti intermediari e che, attraverso una rete di nodi nazionali e regionali,
sarà accessibile da parte di tutti i soggetti interessati (lavoratori
e imprese) e consultabile da qualsiasi punto. Una menzione particolare meritano
i neoistituiti contratti di inserimento destinati a raccogliere l'eredità dei
notissimi contratti di formazione e lavoro che per circa un ventennio
hanno dominato la scena del mercato del lavoro al Centro-Nord come nel Sud
della Penisola.
L'abolizione di questo istituto era stata già più volte annunziata
dal legislatore e dagli operatori in quanto bersaglio delle censure
provenienti dalla Unione Europea.
È ben nota a tutti infatti la vicenda che ha interessato l'Italia
a seguito della condanna da parte dell'Unione per la mancata applicazione
della decisione comunitaria sulla determinazione dei requisiti per
la utilizzazione dei CFL con riferimento ai benefici contributivi previsti dalla
normativa in materia.
Tra l'altro vicenda non ancora conclusa e per la quale si continua
a lavorare per evitare un contenzioso dalle proporzioni gigantesche
e con conseguenze a dir poco drammatiche in un contesto già di per sé complicato.
Il contratto di formazione e lavoro ha rappresentato un fortissimo
volano non solo per il consolidamento e la crescita di realtà esistenti
ma anche e sopratutto per la nascita e lo sviluppo di nuove realtà,
che affacciandosi sui mercati di riferimento, potevano fruire di uno strumento
che riusciva a coniugare la duplice necessità di formare il giovane
alle prime esperienze aziendali con quella lavorativa e produttiva.
Mentre la disciplina in materia di CFL continua a trovare applicazione
esclusivamente nei confronti della pubblica amministrazione, salvo
quanto previsto dall'art. 59, comma 3, il contratto di inserimento, nel settore
privato, non potrà essere applicato immediatamente in quanto entro
il 24 marzo i Contratti Collettivi dovranno individuare i piani individuali
di inserimento o, in mancanza, il Ministro del Welfare dovrà in via
provvisoria individuare gli stessi entro i quattro mesi successivi e, nell'attesa
della riforma degli incentivi all'occupazione, nulla viene indicato per quanto
riguarda eventuali benefici che potrebbero essere riconosciuti per le future
assunzioni con l'inserimento per i giovani di età compresa tra i 18
e i 29 anni.
Per i progetti autorizzati entro il 23 ottobre è intervenuto l'A.
I. del 13 novembre 2003 che prevede la possibilità di procedere all'assunzione
dei lavoratori con le modalità sinora seguite, fatta salva la riserva
relativa alla copertura finanziaria per la quale sono ancora in essere verifiche
con gli organi competenti. Da tale evoluzione normativa esce sicuramente
ancora più rivalutato l'istituto dell'apprendistato. Già con
la legge Treu (l. 196/97), dopo più di trent'anni, questo contratto,
sostanzialmente sotto utilizzato, aveva ricevuto una scossa, soprattutto
per quanto attiene la formazione e percorsi agevolativi, allo scopo
di favorirne l'utilizzo.
Con la individuazione di tre tipologie di contratto di apprendistato,
di cui uno finalizzato all'espletamento del diritto-dovere di istruzione
e formazione, un altro mirato all'acquisizione di una qualificazione
e, quindi, professionalizzante, e un terzo per l'acquisizione di un diploma
o per percorsi formativi, si è voluto da un lato cercare di coprire
tutte le possibili esigenze e richieste rispetto ad una determinata fascia
di giovani lavoratori e dall'altra saldare e rafforzare lo stretto legame
tra scuola, formazione e impresa sul quale si reggono fondamentalmente molti
programmi e molte delle scommesse tra Governo e Parti Sociali.
Sostanzialmente il Decreto Legislativo può costituire una svolta nella
regolazione dei rapporti di lavoro e, più in generale, nelle logiche
che governano il nostro sistema di relazioni industriali. Logiche che verranno
sempre più attratte verso un modello collaborativo e cooperativo che,
sulla base delle precedenti esperienze e comparazioni, appare sicuramente
meglio attrezzato, rispetto a quello conflittuale, per rispondere alle sfide
della new economy in un contesto normativo che non solo intende riconoscere
ma anzi valorizzare come fattore di competitività le esigenze di tutela
del lavoro e di promozione dell'occupazione. Molto lavoro resta ancora da
fare sul piano culturale che, è opportuno ribadire, resta il vero
fronte su cui si svolgerà la battaglia per avviare quel processo di
riforma reale di cui necessita il Paese. In questa direzione sono chiamati
alle proprie responsabilità le parti sociali e gli operatori pratici,
quali protagonisti e motori del cambiamento.
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