LA VICENDA PARMALAT
OSSERVAZIONI IN AGRODOLCE
LAVORO E PREVIDENZA
NELLA FINANZIARIA 2004 NUOVE MISURE
SOCIETA' DI
TRASFORMAZIONE URBANA
UNO STRUMENTO SOTTOUTILIZZATO
LA VICENDA PARMALAT
OSSERVAZIONI IN AGRODOLCE
Passato, presente e futuro del nostro
Paese in gioconella Enron parmigiana
di
Gennaro Stellato
Avvocato civilista
studiostellato@tiscalinet.it
Potrà sembrare strano, dopo un anno molto intenso
speso ad affrontare ed approfondire tematiche importanti relative alla
vita dell'impresa, soffermarsi su un argomento apparentemente più superficiale.
In realtà il problema evidenziato, peraltro sempre esistito nella
nostra società, tende sempre più ad assumere rilevanza soprattutto
se inserito nel contesto generale e quello ancor più rilevante dell'economia
globalizzata.
Non bisogna certamente scomodare i ricordi scolastici relativi ai "Promessi
Sposi" per evidenziare, ricordando "l'azzeccagarbugli" quanto
il linguaggio giuridico in senso stretto sia sempre stato visto in modo
ostile o, almeno, volutamente oscuro.
Rappresenta in un certo senso una sorta di patrimonio della nostra civiltà questa
forma di bizantinismo giuridico che, unita alla nostra indubbia fantasia,
ha sempre costituito e, sia pure in misura minore, costituisce ancora
un elemento caratterizzante la vita di tutti i giorni. Certamente vi è stata
una forte evoluzione-involuzione del linguaggio legato a tutta una serie
di fattori anche esterni che hanno finito per condizionare anche gli
aspetti linguistici della nostra vita.
Nel campo strettamente giuridico il cambiamento appare molto marcato.
Innanzitutto, va detto senza mezzi termini, il livello culturale, inteso
nel senso classico, è calato vertiginosamente. Ciò è addebitabile
ad una profonda crisi del sistema scolastico che non ha saputo contemperare
un tipo di insegnamento tradizionale con le mutate realtà della nuova
società. Ma è altrettanto indubbio che i fenomeni legati a
tutto il contesto sociale corrono a velocità supersonica e non è oggettivamente
facile riuscire a seguirne l'evoluzione.
Resta il fatto che gli atti giuridici sono, nella maggior parte dei casi,
ridotti all'essenziale. Si guarda e si approfondisce l'aspetto fattuale
e non la sua configurazione giuridica. Si tende ad infarcire l'elaborato
di citazioni di sentenze e dottrina per mascherare forse la carenza di
originalità di
idee proprie. La prosa è composta di periodi brevi, secchi evitando
addirittura l'uso dei verbi. Il congiuntivo è sempre più raro
e la tendenza è prevalentemente quella di dare a chi legge e decide
un substrato alla propria tesi senza preoccuparsi minimamente di distruggere
quella avversaria.
Manca cioè una dialettica vera e propria. Certamente il linguaggio
troppo ridondante, infarcito di citazioni latine e di autocompiacimento
appare oggi, sotto molti aspetti, quasi ridicolo ma quel modo di esprimersi
presupponeva a monte una sorta di cultura anche generale che non poteva
non dare all'atto una valenza superiore. Il dato di fatto è che si è passati
forse da un estremo all'altro anche perché se, da un lato, si tende
a scrivere poco e in modo essenziale, ciò è dovuto anche al
fatto che chi legge tende a non accettare elaborati lunghi che comportino
valutazioni approfondite da sviluppare. Risulta molto più facile
scegliere e sposare una tesi senza una qualsiasi forma di critica nei
confronti dell'altra. Per quanto attiene il mondo imprenditoriale occorre
affermare che, in tale settore vi è stata da molti anni una sostanziale
anticipazione di una forma di linguaggio essenziale e pragmatica. Tale tendenza
si è accentuata
con l'uso sempre più frequente, dei moderni sistemi di comunicazione:
chi invia e-mail, sms e parla attraverso il telefono cellulare deve necessariamente
ridurre all'osso la forma di espressione. Ovviamente, nell'ottica della
globalizzazione, il predetto indirizzo si accentua sempre di più proprio
per evitare questioni interpretative. Il problema sorge quando i due
mondi si incontrano per la soluzione di una vertenza o per esaminare una
situazione particolare. Far sedere allo stesso tavolo il giurista e l'imprenditore è oggi
certamente più difficile di ieri soprattutto in considerazione del
fatto che l'evoluzione della legislazione crea sempre di più una
serie di percorsi ad ostacoli la cui logica di percorrenza è difficile
da individuare.
Da un lato, l'imprenditore tende ad una visione estremamente semplice
cercando di imporre una strategia in tale ottica, dall'altro lato, il
giurista è costretto
a ricordare i limiti che il predetto comportamento incontra.
Da tale incontro-scontro nasce spesso una sorta di dialettica dalla quale
sortisce un risultato vagamente irreale dove le rispettive priorità vengono
spesso salvate attraverso una sorta di compromesso linguistico sostanziale
dove tutti restano soddisfatti e, nello stesso tempo, delusi. Questa
tendenza risulta in maniera inequivocabile negli atti giuridici classici
con sbocco giudiziario; la differenza si annulla, invece, nell'ambito contrattualistico
dove le rispettive esigenze riescono a contemperarsi in maniera positiva
e dove la dialettica con la controparte è finalizzata all'incontro
e non allo scontro. Resta comunque il fatto che il problema dell'uso
di un linguaggio comune è di estrema attualità e, in prospettiva,
di difficile soluzione. Basta vedere, infatti, in quale modo parlino
oggi i giovani, futuri giuristi o imprenditori non ha importanza, per rendersi
conto che i confini di questo mondo si allungano sempre di più.
La tendenza è quella, tipicamente di scuola anglosassone, di semplificare,
ridurre ma non bisogna dimenticare che tale ottica porta spesso all'errore
in quanto la rapidità non si sposa sempre con la necessità dell'approfondimento
del tema.
Credo che nessuno rimpianga il linguaggio paludato, pieno di aforismi,
citazioni che ha contraddistinto la nostra civiltà giuridica per
decenni e ciò risulta evidente quando si leggono sentenze che per
pagine e pagine affrontano in modo eccessivo tematiche che in sostanza
oggi sono considerate risibili. E ciò per il gusto esclusivo di una
forma di compiacimento culturale.
La cultura, in tutte le sue accezioni, dovrebbe essere finalizzata ad
una sorta di costruzione di un nuovo linguaggio che, da un lato, dovrebbe
guardare alla naturale evoluzione delle forme di comunicazione della
società e,
dall'altro, conservare e tutelare quel patrimonio giuridico che, comunque, è alla
base di tutti i sistemi. Il mondo imprenditoriale, sotto questo profilo,
dovrebbe farsi carico di accettare delle regole valide per tutti dove
possano tranquillamente trovare spazio quelle tematiche giuridiche che,
comunque, non possono essere ignorate.
Ne risulterebbero avvantaggiati tutti i rapporti di natura economica
e giuridica e, probabilmente si riuscirebbero ad evitare quelle conflittualità spesso
puramente strumentali che caratterizzano oggi la società. In tale
prospettiva potrebbero guadagnarci tutti perché attraverso la certezza
del linguaggio si ottiene anche una chiarezza dei rapporti complessivi:
in tal modo il lavoro potrebbe essere per tutti più proficuo.
In caso contrario si accentuerebbe una sorta di tendenza oggi strisciante
che, al contrario, per evitare potenziali problematiche di tipo giudiziario, è portata
ad inserire ed infarcire atti, contratti o ogni documento avente valenza
economica di tutta una serie di dichiarazioni mignon, di aggiunte, di
reiterazioni di concetti per i quali basterebbe il semplice richiamo alla
normativa vigente. In sostanza il divario fra linguaggio giuridico ed imprenditoriale
o commerciale è molto
più ridotto di quanto si creda.
Basterebbe poco per percorrere insieme la stessa strada. Indubbiamente
un rilevante contributo dovrebbe darlo il Legislatore eliminando tutta
quella normativa superata ed obsoleta che troppo spesso, in chiave interpretativa,
allontana i due mondi.
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