LA CRISI DELL’AZIENDA CALCIO
SALARY CAP E NORMATIVA UEFA
FINANZIARIA
E INFRASTRUTTURE
L’AMMISSIBILITÀ DELLE OPERE PUBBLICHE
LA CRISI DELL’AZIENDA CALCIO
SALARY CAP E NORMATIVA UEFA
Proposte per contenere i costi
di
Antonio Sanges
Consigliere Segretario Ordine Dottori Commercialisti
di Salerno
a.sanges@commercialistisalerno.it
In Italia, alla data del 30 settembre 2003, l'azienda
calcio poteva essere rappresentata come segue: 132 società professionistiche
(18 in serie A; 24 in B; 36 in C1 e 54 in C2); ricavi pari a 1,3 miliardi
di euro; costi per 1,6 miliardi di euro; stipendi ad allenatori, calciatori
e staff tecnico pari al 118% degli utili realizzati. Tale "quadro" evidenzia
che, allo stato, le società di calcio risultano essere strutturalmente
in perdita e con elevati livelli di indebitamento. I conti delle società di
serie A, nel corso della stagione 2001-2002, sono andati decisamente
a picco: i ricavi sono aumentati del 3-4%, i salari, contestualmente, sono
cresciuti ad un ritmo a doppia cifra. In questo modo il MOL (Margine Operativo
Lordo), uno dei parametri di base per giudicare la validità economica
dell'impresa, risulta essere addirittura del 50% rispetto al già allarmante
andamento della stagione precedente. La situazione, da un punto di vista
finanziario è ancora
più preoccupante. L'indebitamento totale, infatti, è schizzato
a poco meno di 2.549 milioni di euro, contro i 1.806 della precedente
stagione. A fronte di tali dati si rileva un attivo circolante di 1.370
milioni di euro contro i 1.031 del precedente esercizio. Il rapporto debit/equity è ulteriormente
peggiorato a causa dell'eccessiva sottocapitalizzazione delle società di
calcio, passando da 4,42 al 30 giugno 2001 a 5,66 al 30 giugno 2002.
La tendenza verso l'illiquidità e l'insolvenza è ormai cronica.
Il problema principale è rappresentato dalle esorbitanti retribuzioni
di calciatori e tecnici. Alla data del 30 giugno 2003, le società di
calcio di serie A e B, per arginare le perdite di esercizio, hanno avuto
la possibilità di "spalmare" in dieci anni le svalutazioni
del parco calciatori, grazie al decreto "spalma-perdite". Da un'indagine
effettuata dalla società "Stage-up", si evince che solo
Juventus, Modena, Reggina e Sampdoria non si sono avvalse di tale "procedura
contabile", mentre, al contrario, tutte le altre società di
serie A vi hanno fatto ricorso. Nonostante il "salvagente" del
decreto "spalma-perdite", dalle prime anticipazioni riportate
dai quotidiani economici, si rileva che i dati di bilancio al 30 giugno
2003 non sono certo rassicuranti. Analizzando dieci dei maggiori club
di serie A, si osserva che l'azienda calcio continua ad avere i propri conti
in rosso. Dalla scheda riassuntiva, riportata di seguito, si evidenzia
che solo la Juventus e l'Empoli hanno determinato, alla data del 30 giugno
2003, un utile di esercizio, mentre Milan, Lazio, Roma, Torino, Como, Modena,
Parma e Inter hanno chiuso i propri bilanci in perdita.
Alla luce di tale situazione, la Lega, per delimitare la crisi del calcio,
sta studiando nuove regole che possano disciplinare il trattamento economico
per atleti e allenatori dei club di serie A e B. Su questa problematica
la normativa prevista introdurrà una sorta di tetto massimo salariale
denominato "salary cap". Se tale regolamentazione andrà in
vigore, le società di calcio di serie A e B non potranno stipulare,
con allenatori e tecnici, contratti che abbiano un valore totale pari al
60% dei ricavi societari. Per attivare questa proposta si è pensato,
altresì, ad una "regolamentazione speciale" anche in caso
di pagamento ad allenatori e atleti dei premi scudetto, salvezza e promozioni
di serie A e B. La Lega Calcio sta elaborando anche una strategia transitoria
per arginare la crisi finanziaria che attanaglia in questo periodo sia i
club di massima serie che quelli di serie B. Sul problema dell'alto costo
di allenatori e atleti, già l'anno scorso, le più blasonate
società calcistiche europee si sono riunite a Glasgow per coordinare
un piano di emergenza e cercare di risolvere la crisi del settore.
Parola d'ordine: applicazione della tattica del "salary cap",
vale a dire abbassamento del tetto salariale. La principale tematica, trattata
nella sede dei Rangers, riguardava il contenimento dei costi fissi di gestione
dei club di calcio. L'accordo di massima veniva finalizzato su tre direttrici:
riduzione della rosa dei calciatori, patto di non belligeranza per l'acquisto
degli stessi, certificazione dei bilanci societari. Dalla lettura di una
speciale classifica stilata da France Football si rileva che i calciatori
italiani guadagnano il 25% in più dei colleghi europei. Nella classifica
in questione l'Italia è seguita a distanza dalla Spagna, Inghilterra
e Francia. Il fenomeno dell'aumento degli stipendi dei calciatori si è sviluppato
a macchia d'olio successivamente in Olanda, Danimarca e Germania.
L’Uefa, dal canto suo, per fronteggiare tale situazione critica, ha
elaborato i criteri che le società di calcio dovranno rispettare
per partecipare alle prossime competizioni internazionali. Nello specifico:
- l'assoggettamento dell'ultimo bilancio d'esercizio, a revisione contabile
da parte di una società di iscritta all'albo speciale Consob;
- la predisposizione di una situazione economico-patrimoniale per il
periodo dal 1 luglio al 31 dicembre dell'esercizio in corso al momento della
richiesta di concessione della Licenza UEFA;
- la prova dell'assenza di debiti scaduti derivanti dal trasferimento
di calciatori e/o verso tutte le categorie di dipendenti.
Per partecipare alle prossime competizioni europee targate UEFA, le società calcistiche
dovranno rispettare le seguenti scadenze, dopo aver presentato le domande:
- 28 febbraio 2004 - Presentazione documentazione economico-finanziaria;
- 10 aprile 2004 - Concessione della licenza;
- 30 aprile 2004 - Notifica alle società del rifiuto motivato della
Commissione di secondo grado;
- 29 maggio 2004 - Eventuale ricorso in Camera di Conciliazione e Arbitrato
del Coni;
- 31 maggio 2004 - Invio all'UEFA della lista di società che hanno
ottenuto la licenza.
Da quanto evidenziato, sicuramente le competizioni UEFA della stagione
2005/2006 saranno un lusso riservato a pochi club. Concludendo, si rileva
che, per equilibrare gli alti costi di gestione, i club dovranno: applicare
il "salary cap", progettare nuove aree di mercato, incrementare
gli introiti per gare calcistiche, aumentare i ricavi per incassi da sponsor
ufficiale, sponsor tecnico, pubblicità, merchandising. La scommessa
ora è indirizzata a comprendere come la proposta della Lega Calcio
sarà armonizzata con la normativa UEFA.
Come reagiranno, però, allenatori e tecnici alla proposta "salary
cap"?
Sicuramente giocheranno in difesa per non perdere i diritti acquisiti!
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