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  Dicembre 2012

Articoli - n° 1 Gennaio/Febbraio 2004
 



CREDITO & FINANZA - Home Page
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LA CRISI DELL’AZIENDA CALCIO
SALARY CAP E NORMATIVA UEFA

FINANZIARIA E INFRASTRUTTURE
L’AMMISSIBILITÀ DELLE OPERE PUBBLICHE

LA CRISI DELL’AZIENDA CALCIO
SALARY CAP E NORMATIVA UEFA
Proposte per contenere i costi

di Antonio Sanges
Consigliere Segretario Ordine Dottori Commercialisti di Salerno
a.sanges@commercialistisalerno.it

In Italia, alla data del 30 settembre 2003, l'azienda calcio poteva essere rappresentata come segue: 132 società professionistiche (18 in serie A; 24 in B; 36 in C1 e 54 in C2); ricavi pari a 1,3 miliardi di euro; costi per 1,6 miliardi di euro; stipendi ad allenatori, calciatori e staff tecnico pari al 118% degli utili realizzati. Tale "quadro" evidenzia che, allo stato, le società di calcio risultano essere strutturalmente in perdita e con elevati livelli di indebitamento. I conti delle società di serie A, nel corso della stagione 2001-2002, sono andati decisamente a picco: i ricavi sono aumentati del 3-4%, i salari, contestualmente, sono cresciuti ad un ritmo a doppia cifra. In questo modo il MOL (Margine Operativo Lordo), uno dei parametri di base per giudicare la validità economica dell'impresa, risulta essere addirittura del 50% rispetto al già allarmante andamento della stagione precedente. La situazione, da un punto di vista finanziario è ancora più preoccupante. L'indebitamento totale, infatti, è schizzato a poco meno di 2.549 milioni di euro, contro i 1.806 della precedente stagione. A fronte di tali dati si rileva un attivo circolante di 1.370 milioni di euro contro i 1.031 del precedente esercizio. Il rapporto debit/equity è ulteriormente peggiorato a causa dell'eccessiva sottocapitalizzazione delle società di calcio, passando da 4,42 al 30 giugno 2001 a 5,66 al 30 giugno 2002. La tendenza verso l'illiquidità e l'insolvenza è ormai cronica. Il problema principale è rappresentato dalle esorbitanti retribuzioni di calciatori e tecnici. Alla data del 30 giugno 2003, le società di calcio di serie A e B, per arginare le perdite di esercizio, hanno avuto la possibilità di "spalmare" in dieci anni le svalutazioni del parco calciatori, grazie al decreto "spalma-perdite". Da un'indagine effettuata dalla società "Stage-up", si evince che solo Juventus, Modena, Reggina e Sampdoria non si sono avvalse di tale "procedura contabile", mentre, al contrario, tutte le altre società di serie A vi hanno fatto ricorso. Nonostante il "salvagente" del decreto "spalma-perdite", dalle prime anticipazioni riportate dai quotidiani economici, si rileva che i dati di bilancio al 30 giugno 2003 non sono certo rassicuranti. Analizzando dieci dei maggiori club di serie A, si osserva che l'azienda calcio continua ad avere i propri conti in rosso. Dalla scheda riassuntiva, riportata di seguito, si evidenzia che solo la Juventus e l'Empoli hanno determinato, alla data del 30 giugno 2003, un utile di esercizio, mentre Milan, Lazio, Roma, Torino, Como, Modena, Parma e Inter hanno chiuso i propri bilanci in perdita.

Alla luce di tale situazione, la Lega, per delimitare la crisi del calcio, sta studiando nuove regole che possano disciplinare il trattamento economico per atleti e allenatori dei club di serie A e B. Su questa problematica la normativa prevista introdurrà una sorta di tetto massimo salariale denominato "salary cap". Se tale regolamentazione andrà in vigore, le società di calcio di serie A e B non potranno stipulare, con allenatori e tecnici, contratti che abbiano un valore totale pari al 60% dei ricavi societari. Per attivare questa proposta si è pensato, altresì, ad una "regolamentazione speciale" anche in caso di pagamento ad allenatori e atleti dei premi scudetto, salvezza e promozioni di serie A e B. La Lega Calcio sta elaborando anche una strategia transitoria per arginare la crisi finanziaria che attanaglia in questo periodo sia i club di massima serie che quelli di serie B. Sul problema dell'alto costo di allenatori e atleti, già l'anno scorso, le più blasonate società calcistiche europee si sono riunite a Glasgow per coordinare un piano di emergenza e cercare di risolvere la crisi del settore.
Parola d'ordine: applicazione della tattica del "salary cap", vale a dire abbassamento del tetto salariale. La principale tematica, trattata nella sede dei Rangers, riguardava il contenimento dei costi fissi di gestione dei club di calcio. L'accordo di massima veniva finalizzato su tre direttrici: riduzione della rosa dei calciatori, patto di non belligeranza per l'acquisto degli stessi, certificazione dei bilanci societari. Dalla lettura di una speciale classifica stilata da France Football si rileva che i calciatori italiani guadagnano il 25% in più dei colleghi europei. Nella classifica in questione l'Italia è seguita a distanza dalla Spagna, Inghilterra e Francia. Il fenomeno dell'aumento degli stipendi dei calciatori si è sviluppato a macchia d'olio successivamente in Olanda, Danimarca e Germania.
L’Uefa, dal canto suo, per fronteggiare tale situazione critica, ha elaborato i criteri che le società di calcio dovranno rispettare per partecipare alle prossime competizioni internazionali. Nello specifico:
- l'assoggettamento dell'ultimo bilancio d'esercizio, a revisione contabile da parte di una società di iscritta all'albo speciale Consob;
- la predisposizione di una situazione economico-patrimoniale per il periodo dal 1 luglio al 31 dicembre dell'esercizio in corso al momento della richiesta di concessione della Licenza UEFA;
- la prova dell'assenza di debiti scaduti derivanti dal trasferimento di calciatori e/o verso tutte le categorie di dipendenti.
Per partecipare alle prossime competizioni europee targate UEFA, le società calcistiche dovranno rispettare le seguenti scadenze, dopo aver presentato le domande:
- 28 febbraio 2004 - Presentazione documentazione economico-finanziaria;
- 10 aprile 2004 - Concessione della licenza;
- 30 aprile 2004 - Notifica alle società del rifiuto motivato della Commissione di secondo grado;
- 29 maggio 2004 - Eventuale ricorso in Camera di Conciliazione e Arbitrato del Coni;
- 31 maggio 2004 - Invio all'UEFA della lista di società che hanno ottenuto la licenza.
Da quanto evidenziato, sicuramente le competizioni UEFA della stagione 2005/2006 saranno un lusso riservato a pochi club. Concludendo, si rileva che, per equilibrare gli alti costi di gestione, i club dovranno: applicare il "salary cap", progettare nuove aree di mercato, incrementare gli introiti per gare calcistiche, aumentare i ricavi per incassi da sponsor ufficiale, sponsor tecnico, pubblicità, merchandising. La scommessa ora è indirizzata a comprendere come la proposta della Lega Calcio sarà armonizzata con la normativa UEFA.

Come reagiranno, però, allenatori e tecnici alla proposta "salary cap"?
Sicuramente giocheranno in difesa per non perdere i diritti acquisiti!

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