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  Dicembre 2012

Articoli - n° 1 Gennaio/Febbraio 2004
 



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«BANCA D’ITALIA O BANCAROTTA
PALAZZO KOCH FINALMENTE SOTTO I RIFLETTORI»

I veri nodi: il conflitto di interessi, l’insufficiente vigilanza e un governatore a vita

di Antonio Paravia Direttore Costozero magazine
antonio.paravia@assindustria.sa.it 

Alessandro Profumo nel suo recente libro “plus valori”, scritto a quattro mani con Giovanni Moro, afferma che le banche in Italia sono state sempre considerate non come un’azienda, ma come una componente dello stato sociale.
Aggiunge che la selezione della classe dirigente bancaria avveniva secondo criteri di merito non professionali. Inoltre, dichiara che operando le banche in un mercato sostanzialmente protetto, non competitivo, il problema della qualità del servizio al cliente si poneva, se non in fondo, certamente non in testa alla scala delle priorità. Infine, conclude «...Questo è il nostro retroterra che arriva fino quasi ai nostri giorni.... Certo è che oggi nel sistema sta cambiando quasi tutto, stanno entrando di prepotenza la concorrenza, la managerialità, l’attenzione verso il cliente...».
Mentre condividiamo pienamente la diagnosi iniziale, riteniamo irreale ed egocentrica l’affermazione finale sul recente cambiamento di tale sistema. Su questo discutibile mondo avrebbe dovuto vigilare la Banca d’Italia.
Da molti anni affermiamo che essa è portatrice di un enorme conflitto di interesse essendo, nello stesso tempo, organo di vigilanza e di indirizzo. Solo adesso tutti discutono di questa assurda contraddizione e si accorgono che in un Paese civile non vi può essere un governatore a vita, soprattutto se si tratta di Fazio. Lo riteniamo il meno qualificato in un albo fatto per lo più di uomini illustri. Ma è sulle funzioni di vigilanza della banca di stato che intendiamo svolgere alcune riflessioni. Siamo fortemente convinti che in tale attività è stato applicato lo stesso criterio seguito dagli istituti di credito nei confronti delle imprese: deboli con i forti e forti con i deboli.
Molti ispettori, infatti, hanno riservato grande attenzione alle banche piccole e a quelle di credito cooperativo, producendo verbalizzazioni, in qualche caso, a dir poco particolari. Poco tempo dopo il completamento delle procedure sanzionatorie, abbiamo stranamente registrato in alcuni istituti la presenza a diverso titolo di familiari di dipendenti della Banca d’Italia di riferimento territoriale o addirittura di ex funzionari o dirigenti della stessa. Diverso atteggiamento nei confronti delle banche di livello nazionale. Qui, forse, i controlli sono stati pilotati secondo gli indirizzi che il governatore si prefiggeva.
Un solo esempio per tutti. L’ispezione alla Banca 121 (ex del Salento) eseguita prima del suo acquisto da parte del Monte dei Paschi di Siena, così come era nei desiderata di Fazio. Un collega ci ha riferito che questa ha avuto la stessa funzione della commissione parlamentare d’inchiesta per le indagini sulle attività del post-terremoto del 1980, presieduta dall’on.
Oscar Luigi Scalfaro: un buon coperchio per una pentola in ebollizione. Ispettori competenti avrebbero dovuto fare emergere i punti critici, per esempio, i prodotti For You e My Way e, in particolare, l’organizzazione preposta alla gestione dei patrimoni a essa affidati.
Sembra, infatti, che attraverso forzature dei software applicativi, siano state retrodatate operazioni finanziarie, al fine di consentire vantaggi per l’istituto e rilevanti perdite per i risparmiatori, senza considerare inoltre gli obblighi imposti dai mandati fiduciari e il costo indeterminato delle commissioni.
Quali capacità professionali in campo informatico vi sono in Banca d’Italia per verificare, realmente e compiutamente, i comportamenti degli istituti di credito nei confronti della clientela?
La telematica e il Testo Unico bancario consentono di compiere un’infinità di soprusi che, in alcuni casi, potrebbero essere definiti truffe a danno dei correntisti.
Al riguardo consigliamo la consultazione dei siti delle associazioni dei consumatori che, da poco, trattano in modo approfondito tali questioni. Siamo meno fiduciosi, invece, del recente rapporto tra queste organizzazioni e l’Associazione Bancaria Italiana per il fumoso e inutile progetto “Patti Chiari”. Riteniamo che il Parlamento debba modificare alcuni articoli del Testo Unico bancario senza farsi influenzare dalla Banca d’Italia e dalla confraternita dell’ABI. Troppe sono le concessioni e i rinvii alla contrattualistica bancaria. Quest’ultima è intrisa di clausole vessatorie, che scaricano sulla clientela tutte le insufficienze gestionali e i costi eccessivi di un sistema poco trasparente e legato ai poteri forti, anzichè alle logiche di mercato. Il Parlamento potrà legiferare opportunamente e, pur rispettando l’Istituzione, non dovrà consentire a un modesto governatore, sia pure molto religioso, di essere Papa.
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