«BANCA D’ITALIA O BANCAROTTA
PALAZZO KOCH FINALMENTE SOTTO I RIFLETTORI» I veri nodi: il conflitto di interessi, l’insufficiente
vigilanza e un governatore a vita
Alessandro
Profumo nel suo recente libro “plus valori”, scritto a quattro
mani con Giovanni Moro, afferma che le banche in Italia sono state sempre
considerate non come un’azienda, ma come una componente dello stato
sociale.
Aggiunge che la selezione della classe dirigente bancaria avveniva secondo
criteri di merito non professionali. Inoltre, dichiara che operando le banche
in un mercato sostanzialmente protetto, non competitivo, il problema della
qualità del servizio al cliente si poneva, se non in fondo, certamente
non in testa alla scala delle priorità. Infine, conclude «...Questo è il
nostro retroterra che arriva fino quasi ai nostri giorni.... Certo è che
oggi nel sistema sta cambiando quasi tutto, stanno entrando di prepotenza
la concorrenza, la managerialità, l’attenzione verso il cliente...».
Mentre condividiamo pienamente la diagnosi iniziale, riteniamo irreale
ed egocentrica l’affermazione finale sul recente cambiamento di tale
sistema. Su questo discutibile mondo avrebbe dovuto vigilare la Banca d’Italia.
Da molti anni affermiamo che essa è portatrice di un enorme conflitto
di interesse essendo, nello stesso tempo, organo di vigilanza e di indirizzo.
Solo adesso tutti discutono di questa assurda contraddizione e si accorgono
che in un Paese civile non vi può essere un governatore a vita, soprattutto
se si tratta di Fazio. Lo riteniamo il meno qualificato in un albo fatto
per lo più di uomini illustri. Ma è sulle funzioni di vigilanza
della banca di stato che intendiamo svolgere alcune riflessioni. Siamo fortemente
convinti che in tale attività è stato applicato lo stesso
criterio seguito dagli istituti di credito nei confronti delle imprese:
deboli con i forti e forti con i deboli.
Molti ispettori, infatti, hanno riservato grande attenzione alle banche
piccole e a quelle di credito cooperativo, producendo verbalizzazioni, in
qualche caso, a dir poco particolari. Poco tempo dopo il completamento delle
procedure sanzionatorie, abbiamo stranamente registrato in alcuni istituti
la presenza a diverso titolo di familiari di dipendenti della Banca d’Italia
di riferimento territoriale o addirittura di ex funzionari o dirigenti della
stessa. Diverso atteggiamento nei confronti delle banche di livello nazionale.
Qui, forse, i controlli sono stati pilotati secondo gli indirizzi che il
governatore si prefiggeva.
Un solo esempio per tutti. L’ispezione alla Banca 121 (ex del Salento)
eseguita prima del suo acquisto da parte del Monte dei Paschi di Siena,
così come era nei desiderata di Fazio. Un collega ci ha riferito
che questa ha avuto la stessa funzione della commissione parlamentare d’inchiesta
per le indagini sulle attività del post-terremoto del 1980, presieduta
dall’on.
Oscar Luigi Scalfaro: un buon coperchio per una pentola in ebollizione.
Ispettori competenti avrebbero dovuto fare emergere i punti critici, per
esempio, i prodotti For You e My Way e, in particolare, l’organizzazione
preposta alla gestione dei patrimoni a essa affidati.
Sembra, infatti, che attraverso forzature dei software applicativi, siano
state retrodatate operazioni finanziarie, al fine di consentire vantaggi
per l’istituto e rilevanti perdite per i risparmiatori, senza considerare
inoltre gli obblighi imposti dai mandati fiduciari e il costo indeterminato
delle commissioni.
Quali capacità professionali in campo informatico vi sono in Banca
d’Italia per verificare, realmente e compiutamente, i comportamenti
degli istituti di credito nei confronti della clientela?
La telematica e il Testo Unico bancario consentono di compiere un’infinità di
soprusi che, in alcuni casi, potrebbero essere definiti truffe a danno dei
correntisti.
Al riguardo consigliamo la consultazione dei siti delle associazioni
dei consumatori che, da poco, trattano in modo approfondito tali questioni.
Siamo meno fiduciosi, invece, del recente rapporto tra queste organizzazioni
e l’Associazione Bancaria Italiana per il fumoso e inutile progetto “Patti
Chiari”. Riteniamo che il Parlamento debba modificare alcuni articoli
del Testo Unico bancario senza farsi influenzare dalla Banca d’Italia
e dalla confraternita dell’ABI. Troppe sono le concessioni e i rinvii
alla contrattualistica bancaria. Quest’ultima è intrisa di
clausole vessatorie, che scaricano sulla clientela tutte le insufficienze
gestionali e i costi eccessivi di un sistema poco trasparente e legato
ai poteri forti, anzichè alle logiche di mercato. Il Parlamento potrà legiferare
opportunamente e, pur rispettando l’Istituzione, non dovrà consentire
a un modesto governatore, sia pure molto religioso, di essere Papa.
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