LAVORO E ISTRUZIONE
L’OFFERTA RISPONDE ALLA DOMANDA?
La competitività si costruisce
azzerando la distanza tra i due mondi
di Raffaella Venerando
In una realtà in continua evoluzione trovare la
strada giusta per realizzare il proprio percorso di vita è quanto
mai complicato. La condizione giovanile e i problemi legati all'inserimento
nel mondo del lavoro sono stati il leit-motiv del nostro incontro con
Matteo Colaninno Vicepresidente Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria.
Matteo
Colaninno
Vicepresidente Gruppo G.I. Confindustria
matteo.colaninno@omniaholding.it
L'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro si realizza in modo troppo
lento. Quali a suo avviso le strategie operative per superare quest'impasse?
Il problema da affrontare resta la necessità di comprendere e dominare
le dinamiche del mercato. La soluzione per venir fuori da questa situazione
critica, paradossalmente, può apparire molto banale. Si tratta, infatti,
di riuscire a far sì che i due attori direttamente coinvolti, sistema
imprenditoriale e mondo dell'istruzione, si impegnino a fondo per trovare
il punto di equilibrio tra domanda e offerta. La Riforma Moratti mi sembra
seguire e incentivare le possibilità di questo incontro. Da una parte
la Scuola e l'Università, avvalendosi delle inestimabili risorse
che possono derivare dalla ricerca, devono essere più vicine e sensibili
alle esigenze delle aziende, dall'altra gli imprenditori hanno bisogno di
divenire maggiormente consapevoli che l'offerta di "cervelli" disponibile
oggi in Italia non solo è di grande pregio e qualità, ma anche
perfettamente in grado di competere con le valenze che arrivano dai grandi
campus universitari americani.
Senza un rapporto di confronto concreto e reale tra sistema della formazione
e domanda di lavoro,
non sarà mai possibile recuperare il deficit di
competitività che sconta da anni il nostro Paese.
La formazione è un tema dominante per Confindustria.
Quali sono attualmente i progetti promossi in questo campo?
Il tema dell'education è ormai da dieci anni al centro dell'attenzione
di Viale dell’Astronomia. L'impegno in questo settore si registra
sia a livello nazionale, sia regionale che territoriale, da parte dei Giovani
Imprenditori di Confindustria. L'elemento cruciale su cui continuare a puntare è la
compartecipazione tra impresa, associazioni industriali e scuola. Se questi
tre soggetti riescono a dare vita a un dialogo costruttivo, credo che i
riscontri di segno positivo non tarderanno ad arrivare. Deve crescere una
nuova visione del lavoro che non è più solamente costituita
da "prestatori d'opera", ma anche da persone che offrono le proprie
capacità innovative, portando così con sé un alto valore
aggiunto. Questa la chiave di lettura giusta del processo che Confindustria
ha cominciato con iniziative significative quali Orientagiovani e 30 Ore,
con l'obiettivo di produrre risultati concreti sia per l'imprenditoria che
per il mondo della scuola. Continuare a percorrere insieme un tratto di
strada rappresenta un vero e proprio fattore critico di successo per le
parti coinvolte. Infatti, la sensibilità che emerge, da appuntamenti
come Orientagiovani, verso il mondo della formazione è di certo utile
e non riveste solo un significato di natura economica ma anche forte valenza
civile e sociale.
Alla domanda crescente del mondo imprenditoriale di
profili professionali qualificati, come risponde l'Università?
La mia conoscenza diretta degli Atenei è limitata solo ad alcuni
di questi. Tuttavia, ritengo che il mondo accademico, per offrire persone
che rispondano agli skills che l'impresa oggi richiede, debba necessariamente
andare incontro alle necessità e al modo di vedere dell'azienda stessa.
Di fondamentale importanza è il delegare una specifica professionalità ai
rapporti con le aziende. Molte Università, infatti, si sono organizzate
in tale direzione. Offrire lo studente giusto alla impresa giusta è la
meta cui tendere e, insieme, il percorso da intraprendere. L'azienda è in
ascolto e la scuola deve farsi sentire. Vitale è l'importanza di
dare valenza formativa al periodo che, attraverso stage e tirocini, il giovane
deve trascorrere in azienda, avvicinando i tempi di conoscenza tra mondi
troppo a lungo distanti.
Notevoli disagi però vengono ancora palesati
per quanto concerne i fondi da destinare alla ricerca.
È una questione che va affrontata e risolta. Non è possibile,
infatti, pensare di innescare leve e processi senza avere i fondi necessari
a disposizione, per cui è evidente che la rappresentanza dell'Università,
come pure quella dell'impresa, deve ottenere sensibili miglioramenti nel reperimento
delle risorse indispensabili per crescere e offrire percorsi formativi più competitivi.
La sua storia di "impresa vissuta" è senz'altro
un modello vincente. Ritiene che per un giovane, in particolare al
Sud, sarebbe possibile oggi ambire agli stessi risultati?
Io ho avuto la fortuna di partecipare in prima persona, attivamente e
concretamente, al successo dell'azienda di famiglia, in quanto le trasformazioni
imprenditoriali più rilevanti sono avvenute in un passato che definirei
piuttosto recente. Il 1996 è stato l'anno in cui ho cominciato la
mia esperienza professionale, ma è stato anche l'inizio del periodo
in cui è partita la fase di cambiamento più importante delle
nostre attività imprenditoriali. Credo che anche oggi sia possibile,
per i giovani, costruirsi un proprio successo. Mi spinge a ritenerlo
possibile l'esperienza diretta di mio padre che, pur non essendo figlio
d'arte, grazie alla progettualità delle sue idee imprenditoriali
ha potuto realizzarle e realizzarsi. È indubbio che per riuscire
in una qualsivoglia iniziativa occorra un cocktail di elementi difficilmente
riscontrabili. È un
fatto quasi straordinario la combinazione di situazioni che si allineano
tra loro come dei pianeti, creando le cosiddette congiunture favorevoli.
Il primo e imprescindibile ingrediente, in ogni caso, deve essere la
passione, la stessa che mi ha fatto seguire le orme paterne. Un giovane
che non sente pulsioni forti per fare l'imprenditore non deve avventurarsi
in questa professione che non è né semplice, né sempre
ricca di soddisfazioni. Tanti sono i momenti critici e le rinunce cui
far fronte. L'equazione imprenditore uguale ricchezza e benessere lascia
il tempo che trova. Talvolta si vive in un contesto collaterale agiato,
ma è una
professione che consiglierei solo a chi scopre di avere per essa una
reale vocazione, al punto tale di farne il proprio futuro.
Sono convinto che nel Meridione possano svilupparsi numerose opportunità imprenditoriali.
Il Sud, infatti, può approfittare della strategia dell'ultimo arrivato,
nel senso che soprattutto nelle infrastrutture immateriali esistono poli
di eccellenza da poter esportare. Il Mezzogiorno può diventare locomotiva
rispetto al Nord nelle nuove tecnologie. Napoli, Catania, Lecce sono
esempi straordinari di come il Sud non debba più essere considerato
come la parte del Paese che consuma le risorse generate altrove. Non è solo
una questione morale o etica. Ribilanciare il Nord rispetto al Sud è un'opportunità economica,
che si concretizza se questi distretti sulle nuove tecnologie da eccellenze
diventano esempi diffusi su di un tessuto territoriale più ampio.
Potrebbe rivelarsi un'occasione di crescita imprenditoriale la possibilità di
attrarre i cervelli oggi in fuga dall'Italia per assottigliare il divario
ancora esistente tra una parte e l'altra del Paese. è su questo che
i giovani possono e devono contare.
|