VERSO UN MONDO “GLOCALE”
UN’ETEROTOPIA PER IL FUTURO DELLE PMI
Intertrade per la valorizzazione del territorio
negli scambi internazionali
di Demetrio Cuzzola
Presidente di Intertrade -
Azienda Speciale della Camera di Commercio di Salerno
cuzzola@intetrtrade.camcom.it
Cambiare
per non perdere competitività. Oggi la sfida alla mondializzazione
si gioca all'attacco: solo chi attrae riesce a trattenere. Il processo
di innovazione, infatti, non è stimolato da un atteggiamento
protezionistico, difensivo. La chiusura si ripercuote, fisiologicamente,
sulla capacità di vendersi. Un aspetto decisivo diventa, quindi,
l'innovazione in ognuna delle sue forme: dal prodotto al processo,
dall'organizzazione alla strategia. In questa fase di cambiamento, il
successo dipende dalla capacità di essere "glocali".
Il filosofo francese Michel Foucault usava il termine eterotopia come
contrappunto all'utopia (intesa come luogo immaginario della speranza),
per indicare uno spazio reale in cui luoghi diversi, anche fra loro
incompatibili, riescono a convivere. In questo senso, il glocale sarebbe "un
prodotto artificiale" di
una nuova capacità di progettazione culturale che in sé ha
l'appartenenza al concetto di mondializzazione e allo spazio della
comunità locale.
Le Pmi oggi vivono e subiscono la globalità. Gli shock, sia positivi
che negativi, da cui dipendono diverse variabili aziendali, provengono
da lontano, la tragedia delle Torri Gemelle o la guerra in Iraq, e comportano
un ampliamento spaziale dell'attenzione. Da essi derivano non solo l'evoluzione
delle variabili finanziarie (borse, tasse, tassi di interesse, cambi),
ma anche l'andamento della domanda dei prodotti aziendali, oltre che
dei costi di materie prime e degli altri fattori produttivi. Contestualmente
le Pmi legano il loro successo ad un "capitale" circoscritto
geograficamente, notoriamente locale. Problema che la grande impresa,
presente su più mercati può mediare, sfruttando le condizioni
tipiche dei diversi territori nei quali opera. La localizzazione dell'attività è un
fenomeno (purtroppo) ancora troppo diffuso tra le Pmi, con una percentuale
altissima nelle realtà meridionali.
Ciò comporta una staticità rispetto alle occasioni di
cambiamento e alle opportunità offerte dall'innovazione. La rivoluzione
effettuata dalla "Information Technology" nel campo dei sistemi
di informazione, infatti, rappresenta oggi uno dei principali fattori
critici dello sviluppo, che ha la capacità di agire favorevolmente
nel processo di espansione globale dei mercati. La conseguenza è data
da una forte concorrenza in ambito internazionale. Certamente se tale
globalizzazione dell'economia fosse ostacolata da atteggiamenti di passività o
di retroguardia, i paesi a sviluppo tecnologico avanzato che non sostenessero
attivamente gli operatori commerciali in questa sfida subirebbero una
rapida recessione del loro sviluppo. Infatti l'automazione della produzione,
priva di un mercato in espansione, andrebbe facilmente in regime di
sovrapproduzione e la conseguente ampia disoccupazione muterebbe in
tracollo il benessere acquisito dai paesi ad alto tasso di industrializzazione.
La sfida è quindi aperta e, data la complessità del cambiamento, è necessario
capire come affrontarla e con quali possibilità di successo.
Certamente i fattori di crescita oggi sono diversi da quelli che caratterizzavano
i periodi precedenti e addirittura alcuni settori o territori che erano
sinonimo di successo oggi vivono un periodo di stasi o perfino di declino.
L'individuazione delle potenzialità di un mercato deve essere
relazionata alle dinamiche macro economiche. Proprio da queste ultime
nascono dei problemi. Nella disputa apertasi sul commercio estero della
Cina sono emersi i limiti strutturali delle norme e dei comportamenti
che sono a capo delle dinamiche di mercato. Se a livello nazionale il
sistema degli scambi è regolamentato dal Parlamento, nello scenario
internazionale chi ne controlla il funzionamento è l'Organizzazione
mondiale del Commercio (WTO) sulla base di una negoziazione internazionale
chiamata GATT (Accordo generale sulle tariffe e il commercio). Lo scopo è abbattere
le barriere tariffarie e vigilare sul rispetto degli accordi di libero
scambio sottoscritti dai Paesi membri. A seguito dell'Accordo sulle
Barriere Tecniche al Commercio (TBT - Technical Barriers to Trade) del
WTO, gli stati membri firmatari si sono impegnati a cooperare allo sviluppo
e all'uso di norme internazionali, anche se il concetto di ciò che
rappresenti "norma internazionale" è interpretato diversamente
dai vari stati membri e dalle organizzazioni.
Allo stato attuale delle cose vi sono tre aspetti che vanno valutati:
- la concorrenza mossa ai paesi sviluppati da quelli a minor costo
del lavoro;
- gli aggiramenti delle regole del libero scambio e le contraffazioni;
- la diversa incidenza degli oneri fiscali e sociali nel pianeta.
La crisi istituzionale del WTO è, di per sé, un riflesso
dell'idea di un'integrazione accelerata della produzione e dei mercati.
La crisi finanziaria asiatica del 1997 prima, e il crollo dei mercati
azionari del marzo 2000 poi, hanno spinto le élite dell'economia
europea e americana a perdere sempre più di vista il progetto
di un'economia globale integrata, per spostarsi verso politiche mirate
a tutelare gli interessi del capitalismo nazionale o regionale.
Attualmente gli scambi non si svolgono in un clima ideale e di correttezza,
ma certamente si sta andando verso un miglioramento grazie proprio all'opera
del WTO col sostegno dei paesi leader.
L'adesione della Cina, il cui aumento delle esportazioni è termometro
del successo che negli ultimi anni sta conseguendo il Paese orientale, è una
conferma della tendenza al miglioramento delle condizioni del commercio
internazionale. «La Cina è una grande opportunità» che
va colta attraverso un «maggior rispetto delle regole e meno dazi». È il
viceministro alle Attività Produttive Adolfo Urso a sottolineare
che la Cina rappresenta una grande chance per le imprese italiane. Tuttavia
le accuse rivolte alla Cina sono proprio quelle che il WTO cerca di
combattere: comportamenti differenziati tra importazioni ed esportazioni,
a danno delle prime, e contraffazione dei marchi di fabbrica e di qualità dei
prodotti stranieri. Alle problematiche collegate al "caso cinese" si
affianca l'attenzione sugli scambi ai quali partecipano i paesi che
non hanno una rete adeguata di protezione sociale e che, in termini
tecnici, operano in "social dumping" ossia in un regime, sia
pure peculiare, di vendita "sotto costo" dei prodotti.
Per evitare che i Paesi aderenti al WTO si facciano giustizia da
soli, applicando dazi o misure protettive, il problema va affidato alle
organizzazioni internazionali, le quali dovrebbero prefiggersi il compito
di non diffondere solo le condizioni di benessere materiale, ma di cooperare
per innalzare il livello di civiltà del pianeta. L'operatore
economico che intende misurarsi con i mercati internazionali ha, quindi,
l'esigenza di dotarsi di adeguati strumenti conoscitivi, per superare
con successo le sfide che lo attendono.
In questi casi, avere informazioni attendibili si rivela una strategia
efficace, al fine di ridurre i rischi di incertezza legati alle operazioni
economiche con l'estero. Conoscere il quadro normativo di riferimento
in un determinato Paese, la disciplina di settori specifici, i contratti
internazionali in uso, i mezzi di tutela giudiziaria, può agevolare
il perseguimento degli obiettivi individuati. Proprio a tali esigenze
l'Area Legalità Internazionale di Intertrade intende offrire
soluzioni concrete, attraverso un servizio di assistenza tecnica sulle
principali questioni legali connesse ai rapporti d'affari in un determinato
paese estero.
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