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  Dicembre 2012

Articoli n° 02
MARZO 2009
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La finanza idrica,
un’analisi degli strumenti e degli investimenti


Ancora forte è il fabbisogno di investimenti
necessari a colmare il ritardo strutturale accumulato negli anni


L’impianto finanziario del settore idrico si caratterizza per una progressiva diminuzione delle risorse disponibili, cui si aggiunge una permanente complessità nella loro gestione ed erogazione


Sarebbe auspicabile coinvolgere il capitale privato per lo sviluppo della competitività e dell’efficienza del settore, purchè però venga prevista una autorità nazionale indipendente di programmazione e controllo che verifichi l’operato del gestore, e soprattutto un quadro normativo stabile nel tempo
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Francesco Saverio Coppola
Direttore SRM
info@srmezzogiorno.it

L’Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (Soci Fondatori: BIIS-Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo, Banco di Napoli, Compagnia di San Paolo, Imi Investimenti, Intesa Sanpaolo, Istituto Banco di Napoli Fondazione) ha realizzato in tema di risorse idriche la sua terza ricerca dal titolo “Risorse idriche e sviluppo economico. Scenari economico-territoriali, analisi delle infrastrutture, finanza e investimenti nel Mezzogiorno”, nella quale il settore idrico è stato messo a fuoco da diversi punti di vista, con l’obiettivo di evidenziarne la dimensione economica, lo spaccato territoriale, il quadro infrastrutturale, le caratteristiche finanziarie.
Il lavoro - che annovera un advisory board composto da specialisti di prestigio della Presidenza del Consiglio, della BEI, dell’ANEA, del Co.vi.ri. e di Federutility - sarà presentato il 24 marzo a Roma presso la Sala Atti Parlamentari della Biblioteca del Senato della Repubblica nel corso di un convegno in cui il tema delle risorse idriche sarà affrontato con una visione economica, finanziaria e territoriale di ampio respiro grazie anche alla partecipazione di un panel di relatori di elevato standing, diretti rappresentanti delle maggiori autorità economiche, finanziarie, imprenditoriali, associative e governative del Paese.
Il settore idrico ancora oggi sconta problematiche irrisolte che vanno inquadrate su tre livelli: “normativo”, connesso alla necessità di una strutturale ed organica legislazione che dia chiarezza ad un settore che riverbera anni di lacunose regolamentazioni; “organizzativo”, dovuto alla varietà di modelli di gestione societaria esistenti; “finanziario”, connesso alla scarsità di risorse pubbliche, a un intervento del settore privato ancora modesto e a politiche di sviluppo che ancora non hanno una struttura che consenta di far partire adeguatamente gli investimenti.
Proprio in merito a quest’ultimo aspetto, tra le diverse criticità che si frappongono alla modernizzazione del settore idrico nel nostro Paese c’è sicuramente un ancora attuale forte fabbisogno di investimenti necessari a colmare il ritardo strutturale accumulato negli anni.
L’ultimo Rapporto sullo Stato dei Servizi Idrici del Comitato per la Vigilanza sull’Uso delle Risorse Idriche, aggiornato a dicembre 2007, stima un totale investimenti previsto dai piani di ambito per il ciclo idrico integrato pari a 45,7 miliardi di euro nei prossimi 20 anni.
L’analisi dei dati del Ministero dello Sviluppo Economico mostra, invece, un altro aspetto relativo alla finanza pubblica. La distribuzione della spesa in conto capitale consolidata tra il Centro Nord ed il Mezzogiorno si caratterizza per entrambe le macroaree con un andamento altalenante, che ha portato dal 1996 al 2005 ad un incremento netto del 5% per le regioni settentrionali e ad un decremento, invece, dello stesso valore per quelle meridionali. Sussistono, dunque, perplessità circa il raggiungimento, anche nel futuro, degli standard di investimento richiesti dal settore ed in merito alla dipendenza dalla finanza pubblica che il sistema idrico, meridionale in particolare, ha per effettuare gli investimenti. L’impianto finanziario del settore idrico si caratterizza per una progressiva diminuzione delle risorse disponibili, cui va ad aggiungersi una permanente complessità nella loro gestione ed erogazione.
Nell’analisi degli strumenti finanziari più diffusi a disposizione dei gestori idrici per realizzare gli investimenti, un provvedimento che ancora riveste una posizione strategica nell’ambito della progettualità infrastrutturale del Paese è la Legge Obiettivo.
Dallo stato di aggiornamento della situazione progettuale, fornito dall’ “Allegato Infrastrutture” del Documento di Programmazione Economica e Finanziaria (Dpef) 2008-2012, risulta che rispetto all’importo previsto dal programma iniziale - varato nel 2001 - sono ancora da reperire 3.465,96 milioni di euro (circa il 75% delle risorse totali previste). Resta, quindi, ancora legata all’indisponibilità di risorse e a problematiche amministrative la politica infrastrutturale delle grandi opere idriche del Paese. Occorrerà, pertanto, trovare ulteriori meccanismi che possano conferire una velocizzazione a tutto il sistema e, contemporaneamente, una maggiore intesa tra i governi regionali e centrali. Dall’analisi della finanza comunitaria e in particolare sulla base dell’esame dei Rapporti Annuali di Esecuzione di quattro regioni del Mezzogiorno emergono marcate differenze nello stato di attuazione delle misure e nel livello degli indicatori infrastrutturali di realizzazione fisica dei POR. La finanza comunitaria non ha prodotto gli effetti sperati e i dati lo dimostrano ampiamente, questo non tanto dal punto di vista dei fondi realmente spesi quanto osservando l’effettiva realizzazione fisica delle infrastrutture.
Dall’analisi dei POR per il periodo 2007-2013, effettuata tenendo conto dei nuovi dati resi disponibili dal Quadro Strategico Nazionale (QSN) 2007-2013, emerge l’attenzione verso l’ottimizzazione della gestione delle risorse idriche e la razionalizzazione dei differenti usi a garanzia sia dell’accessibilità al servizio idrico da parte di tutti sia della conservazione delle caratteristiche quanti-qualitative del patrimonio idrico naturale.
Gli importi di spesa previsti per le risorse idriche dai POR delle varie regioni risultano, però, di gran lunga inferiori rispetto a quelli contemplati nel precedente periodo di programmazione, e proprio per questo motivo andranno gestiti ed utilizzati con razionalità ed efficienza.
In un tale contesto la sfida per il futuro è, dunque, proprio quella di passare da un sistema finanziato prevalentemente con fondi pubblici ad un sistema a carattere industriale, finanziato perlopiù con risorse private. Se le risorse pubbliche sono scarse, l’intervento della finanza privata si rende, quindi, sempre più necessario. In un tale contesto, le risorse pubbliche - seppure limitate - servono se fungono da volano e da leva finanziaria e se riescono ad attivare un processo di mobilizzazione di capitali privati.
A tale proposito, risulta oggi molto discusso l’utilizzo del project financing, uno strumento articolato sia dal punto di vista procedurale che finanziario, ma poco e male impiegato a causa di procedure normative e contrattualistiche non ancora definite e della modesta appetibilità che i privati trovano nel settore idrico. In generale l’incertezza del quadro regolamentare di riferimento, i ritardi negli affidamenti, l’indeterminatezza del modello gestionale, l’inadeguatezza del metodo tariffario e dunque dei rientri previsti, e infine la scarsa chiarezza sull’allocazione dei rischi sono alcune delle cause primarie che inducono i privati ad astenersi dal conferire capitali per realizzare le infrastrutture. Date le difficoltà che ha incontrato l’attuazione dello strumento nel nostro Paese, tra le possibili strade alternative un’interessante opzione potrebbe essere la costituzione di fondi rotativi regionali, che finanzino una parte degli investimenti dei gestori “virtuosi”, a condizioni di tasso agevolate e con lunghe durate.
Sarebbe auspicabile dunque coinvolgere il capitale privato per lo sviluppo della competitività e dell’efficienza del settore, purchè però ci sia un’autorità nazionale indipendente di programmazione e controllo che verifichi l’operato del gestore, e soprattutto un quadro normativo stabile nel tempo.
In definitiva, la condizione essenziale affinché si avvi un percorso virtuoso è la cooperazione fra i soggetti che hanno responsabilità nel settore. Tutti: autorità nazionali, locali, investitori, gestori ed utenti dovrebbero interagire per far sì che il comparto possa compiere quel tratto di strada che ancora lo separa dall’adesione ad un modello di crescita competitiva.

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