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  Dicembre 2012

Articoli n° 06
LUGLIo 2009
 


Inserto

CONFINDUSTRIA AVELLINO
Assemblea Pubblica 2009
Relazione del Presidente Silvio Sarno
Avellino, 23 giugno 2009
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CONFINDUSTRIA SALERNO
Più Etica, più Impresa con un nuovo Welfare
Intervento del Presidente
Agostino Gallozzi

Salerno, 9 luglio 2009

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Prende forma il “Piano Casa”


Prende forma il “Piano Casa”

Presto i primi progetti di housing sociale in Campania.
Le uniche remore sono ancora una volta legate agli iter procedurali e normativi individuati

La legge mira, oltre che a riqualificare l’attuale patrimonio residenziale attraverso il miglioramento architettonico, strutturale ed energetico, anche a rilanciare l’attività edilizia, contrastando in modo efficace la crisi economica e occupazionale che investe attualmente il comparto

Antonio Lombardi
Presidente ANCE Salerno

Il “Piano Casa” comincia a prendere forma e, soprattutto, si avvicina l’attivazione dei primi concreti interventi sul territorio che, nelle intenzioni del Governo ma anche delle amministrazioni locali, dovrebbero contribuire alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e premiare, con volumetrie aggiuntive, gli edifici realizzati per contenere il consumo energetico.
La Giunta regionale della Campania il 28 maggio scorso ha approvato lo schema di Legge regionale recante “Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio esistente, per la mitigazione del rischio sismico, e per la semplificazione amministrativa” che passa ora all’esame del Consiglio regionale e che, in concreto, dovrebbe attivare i primi progetti di housing sociale in Campania.
La legge mira, oltre che a riqualificare l’attuale patrimonio residenziale, segnatamente nelle aree urbane degradate, attraverso il miglioramento architettonico, strutturale ed energetico, anche a rilanciare l’attività edilizia, contrastando la crisi economica e occupazionale. Il provvedimento interessa gli immobili con uso residenziale prevalente (almeno il 70%) che sorgono nelle aree urbanizzate: tutte le nuove edificazioni o gli ampliamenti volumetrici dovranno essere realizzati nel pieno rispetto delle normative, locali e nazionali, vigenti. L’unica “deroga” consentita agli strumenti urbanistici vigenti è rappresentata dall’ampliamento volumetrico del 20% dell’esistente per gli edifici uni e bi-familiari, che potranno approfittare di questa opportunità anche qualora i locali piani regolatori non prevedano questa opportunità.
L’incremento delle volumetrie è consentito inoltre solo se dai lavori non conseguano cambi della destinazione abitativa prevalente o d’uso degli immobili: le tecniche costruttive impiegate devono inoltre garantire prestazioni energetico ambientali in linea con le normative regionali e nazionali in materia, conformità alle disposizioni antisismiche. Ulteriori vincoli riguardo i cambi di destinazione d’uso, non consentiti per un periodo di cinque anni.
Ovviamente dalle opportunità previste dalla nuova normativa regionale sono esclusi gli edifici privi di accatastamento o comunque realizzati in assenza o comunque in difformità dal titolo abitativo e non condonati, gli immobili di valore storico, culturale ed architettonico vincolati ai sensi del decreto legislativo n.42 del 2004 e quelli che sorgono in riserve nazionali o regionali.
Di grande interesse anche il “surplus” di volumetrie consentito in caso di demolizione e ricostruzione di immobili e relative pertinenze asservite al fabbricato: può arrivare al 35% (fermo restando i vincoli di cui sopra: immobili residenziali conformi al titolo abitativo o comunque condonati, mantenimento quinquennale della destinazione d’uso, insistenza in aree urbanizzate, rispetto delle distanze minime e delle altezze massime, etc.) se si utilizzano tecniche costruttive che garantiscono il contenimento del consumo energetico.
Lo schema di Legge regionale riserva grande attenzione anche alla riqualificazione delle aree urbane degradate, prevedendo all’articolo 5 la possibilità di ulteriori incrementi volumetrici, fino al 50% «al fine di favorire la sostituzione edilizia nelle aree urbane da riqualificare…anche in variante agli strumenti urbanistici vigenti» in caso di «demolizione, ricostruzione e ristrutturazione urbanistica degli edifici residenziali pubblici».
I nuovi fabbricati disporranno inoltre (art. 7) di un “fascicolo di fabbricato” allo stato non ancora obbligatorio per tutti gli edifici, come invece sarebbe auspicabile avvenisse in tempi ragionevolmente brevi per incrementare i livelli di sicurezza del patrimonio edilizio. La norma prevede infatti, al comma 2 che «ogni edificio oggetto di incremento volumetrico di cui alla presente legge deve dotarsi, ai fini dell’efficacia del relativo titolo abitativo, di un fascicolo di fabbricato» in cui, tra le altre cose, «sono raccolte e aggiornate le informazioni di tipo progettuale, strutturale, impiantistico, geologico, riguardanti la sicurezza dell’intero fabbricato».
A tal proposito, vi è da aggiungere che le tematiche legate alla sicurezza degli edifici sono di enorme rilevanza per la città di Salerno, in cui persistono numerosi stabili “a rischio”, dove sarebbe necessario intervenire con lavori (in qualche caso anche complessi) di consolidamento, e nel contempo garantire una “tracciabilità” dei vari interventi eseguiti onde evitare, com’è accaduto per Palazzo Edilizia, che di fronte ad eventi drammatici sia difficile se non impossibile ricostruire con precisione una “mappatura” degli lavori che hanno interessato la costruzione.
Una simile “mappatura”, una tale “tracciabilità” dei lavori – l’Ance Salerno lo ha ribadito con forza già in passato - può essere assicurata soltanto dal fascicolo di fabbricato: una vera e propria “cartella clinica”, tenuta da un professionista, in cui vengono annotati sistematicamente e cronologicamente tutti i lavori.
Il fascicolo di fabbricato immaginato dall’Ance Salerno dovrebbe essere curato da un tecnico abilitato e tenuto d’intesa con l’amministratore condominiale e sarebbe limitato all’identificazione degli edifici, al loro stato ed alle caratteristiche architettoniche, strutturali ed impiantistiche: non immaginiamo insomma un documento che imponga ai proprietari vane e dispendiose duplicazioni di adempimenti o complessi e costosi accertamenti. Poche informazioni, ma idonee a fornire un quadro dettagliato e preciso dello “stato di salute” dello stabile. Una cartella clinica a tutela della “salute” del palazzo, di chi vi abita e della comunità cittadina tutta.
Tornando al ddl regionale, per l’avvio dei lavori è previsto un percorso amministrativo particolarmente semplificato, assimilabile a quello attualmente vigente per i lavori di ristrutturazione: è sufficiente difatti la D.I.A. (Dichiarazione di Inizio Attività).
Lo schema di Legge si chiude con una “Dichiarazione di urgenza” (art. 11) che in teoria dovrebbe semplificare e accelerare le procedure di approvazione.
Le uniche remore sono purtroppo, ancora una volta, legate agli iter procedurali e normativi individuati che non rispondono affatto a quelle necessità di urgenza imposte dalla crisi economica in atto. Al di là degli in iniziali contrasti legati alle competenze in materia, insorti tra Regioni e Governo, il percorso individuato è parso da subito quanto mai contorto: per sbloccare in concreto i 350 milioni di euro previsti dal decreto legge 112 dello scorso (200 da ripartire tra le Regioni e 150 destinati al sistema integrato dei fondi), nonostante i già intervenuti pareri favorevoli di Cipe e Corte dei Conti, occorrerà attendere l’effettiva ripartizione delle risorse e quindi un nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri emanato ai sensi dell’art. 11 del Decreto 112/2008. Da quel momento decorreranno ulteriori 60 giorni per l’emanazione di un successivo e apposito decreto ministeriale.
Le proposte di programma dovranno poi pervenire al Ministero entro i 180 giorni successivi all’entrata in vigore del nuovo Decreto di ripartizione dei finanziamenti. Sempre dall’entrata in vigore del DPCM decorreranno anche i 90 giorni per la definizione, con apposito provvedimento, dei criteri di operatività dei fondi. Insomma, calcoli alla mano, rimane ancora quanto mai difficile la possibilità che i primi cantieri rispondenti alle nuove normative regionali e nazionali possano aprire i battenti prima dei 240-330 giorni: quasi un anno. Davvero troppi per un provvedimento che, pur nelle grande positività delle sue linee guida, nelle intenzioni vuole contrastare e arginare la crisi economica in atto.

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