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  Dicembre 2012

Articoli n° 06
LUGLIo 2009
 


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CONFINDUSTRIA SALERNO
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Sport e societÀ: perchÉ È sbagliato caricare il calcio di responsabilitÀ che non gli competono


di Antonio Vitolo e Rosario Santitoro, Creo & Stratego s.r.l.


È sempre facile, a posteriori, parlare di etica. Il perbenismo è una qualità, positiva o negativa in base ai gusti, che fa parte ormai della nostra società. In questi casi le frasi fatte si sprecano, quelli che sbagliano sono sempre “gli altri” e i giusti vengono penalizzati. Ma come cantava Umberto Tozzi nell’ormai lontano ’91, “Gli altri siamo noi”. Vorrei soffermarmi su questo punto, alla luce anche di quanto successo nell’anno calcistico appena trascorso, perché credo sia giusto riflettere sul fatto che la violenza, sia essa fisica o morale, fa ormai parte di noi e del nostro modo di vivere. Non si spiega, altrimenti, come una partita di calcio venga sempre più spesso descritta con termini che sembrano richiamare scenari di guerra. Di solito la colpa è dei tifosi che approfittano dell’evento per dar sfogo alle proprie frustrazioni, per liberare una rabbia che si fatica a capire da dove provenga. Sono sempre i padroni delle curve che rovinano lo sport, si dice spesso. In realtà, pur riconoscendo le loro responsabilità, va detto che non sono i soli protagonisti di domeniche sempre più tese.
Nel giro di un paio di settimane, a cavallo tra le sfide di campionato contro Juventus e Lazio, l’Inter è stata al centro dell’attenzione per due episodi di cattivo gusto, interpretando il ruolo di vittima prima e carnefice poi. Durante la trasferta di Torino, i cori razzisti contro il giocatore di colore Balotelli avevano profondamente indignato l’opinione pubblica. Sembra evidente però, che di razzismo non ci sia poi tanto, se si pensa che i tifosi juventini sostengono ogni domenica il maliano Sissoko, che in quanto a colore della pelle non è da meno al collega dell’Inter.
Il problema sta nel rapporto con l’altro, che non si riduce al gioco degli opposti tra bianco e nero, ma va molto più in profondità. Non si applaude una bella azione dell’avversario, ma lo si offende. Poco importa chi sia e da dove venga, se poi è nero la scelta degli sfottò semplicemente aumenta. Se dai tifosi non ci si aspettano certo parole romantiche, dalle società non arrivano segnali incoraggianti per risolvere il fenomeno. In seguito ai cori di Torino, il presidente dei nerazzurri, Massimo Moratti, dichiarò che, se fosse stato allo stadio, avrebbe ritirato la squadra dal campo. Reazione totalmente condivisibile, che forse avrebbe dato una scossa alle coscienze. Peccato però che in seguito al gestaccio di Ibrahimovic (che aveva invitato la curva ad un chiaro atto sessuale), rivolto tra l’altro ai propri tifosi, il numero uno nerazzurro abbia liquidato il tutto come un semplice gesto d’istinto. Probabilmente sarebbe stato eccessivo ritirare la squadra per punizione, come aveva minacciato dopo il caso Balotelli, ma un richiamo ufficiale sarebbe stato opportuno.
Sono sempre gli altri a sbagliare, ammettere i propri sbagli è sempre difficile. Questo è ormai un modo di pensare consolidato. Si sbaglia a guardare al calcio come ad uno strumento che da solo sia in grado di avvicinare i popoli e superare le diversità. Il calcio non prescinde dagli uomini, ma è fatto dagli uomini. Fin quando non si interverrà in maniera drastica per eliminare ogni forma di violenza dalla società, il calcio non potrà essere mai pulito. È molto pericoloso ritenere che i calciatori debbano essere degli esempi, senza prima operare alcuna distinzione. Recente è la sospensione dall’attività agonistica del difensore del Palermo Carrozzieri, per sospetto uso di cocaina. Fortunatamente ci sono campioni che prim’ancora sono grandi uomini, ma rappresentano purtroppo delle rarità. Del Piero, Maldini, Zanetti sono dei patrimoni del calcio che ancora riescono ad emergere in mezzo a schiere di calciatori giovani e ricchi, che a parte la loro stessa ricchezza e fama, non offrono altri buoni motivi per essere invidiati.
Lo sport, come spesso accade, viene investito di responsabilità superiori al suo stesso ruolo di attività di intrattenimento. Tutto nasce e muore nel giro di poco tempo, i cori si dimenticano e i giornali smettono di parlarne. È un po’ come nascondere la polvere sotto al tappeto, lasciarla lì nascosta per fingere che il problema non esista, fin quando arriva un colpo di vento e sporca tutto di nuovo. E allora si rincomincia daccapo.

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