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Il futuro delle imprese familiari
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di Antonio Sanfelice
Il futuro delle imprese familiari
tra innovazione e cambiamenti
Al Forum del Centro studi di Confindustria Caserta, organizzato
con la collaborazione di Studio Ambrosetti, la testimonianza di illustri “figli d’arte”. Le sorprese di una ricerca Swg sulle difficoltà di fare impresa tra Nord e Sud
É stata la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia a chiudere i lavori del workshop sul tema “Cultura, governance e innovazione nelle imprese familiari” organizzato dal Centro Studi dell’Unione degli industriali di Caserta con la collaborazione dello Studio Ambrosetti, il 25 settembre scorso.
Nella incantevole cornice della Cappella Palatina del Palazzo Reale la numero uno degli imprenditori italiani - espressione, peraltro, di una delle più importanti imprese “familiari” del Paese - ha tirato le somme di una giornata di studio focalizzata, appunto, sul delicato momento del passaggio di testimone, da padre a figli, alla guida delle imprese.
Momento difficile, come si sa, questo, e spesso non privo di rischi per la stessa sopravvivenza dell’azienda, come è emerso dalle testimonianze, nel corso del convegno, di figli “illustri”: Andrea Benetton, Francesco Casoli, Vincenzo Ciccolella, Lamberto Frescobaldi, Luca Guzzini, Daniele Lago e Francesco Planeta.
E come ha testimoniato la stessa Emma Marcegaglia, prima di allargare - come era logico che fosse - l’orizzonte del suo discorso anche alla contingenza politica ed economica del Paese. Del resto era stato, in apertura dei lavori, già il presidente di Confindustria Caserta, Carlo Cicala, a indicare i confini antitetici del ragionamento: «perché una cosa è certa - ha detto - l’impresa è almeno nelle intenzioni del suo fondatore, destinata ad essere trasmessa alle successive generazioni, i cui componenti, a loro volta, diventeranno proprietari e responsabili della gestione d’impresa, nella prospettiva magari di fare altrettanto».
E, però, ha aggiunto: «molto spesso il desiderio di trasmettere la proprietà dell’impresa alla generazione emergente è più forte della razionalità economica, che in alcuni casi porterebbe magari a privilegiare la vendita a terzi dell’azienda, sia per il bene futuro dell’attività economica intrapresa e sia per l’unità e la coesione della famiglia».
La giornata di studio, coordinata dal giornalista Oliviero Beha, era cominciata con l’analisi dello scenario del contesto geopolitico ed economico in cui l’impresa di oggi è costretta a muoversi.
Un disegno tratteggiato con grande chiarezza e competenza da Lucio Caracciolo (direttore di Limes), Innocenzo Cipolletta (economista, presidente delle Ferrovie dello Stato) e Dominick Salvatore (Distinguished professor Fordham University di New York), cui è seguita la fotografia delle difficoltà o, se si preferisce, delle differenze che un imprenditore meridionale incontra nel fare impresa rispetto a un collega del Nord, come è emerso da una indagine effettuata dalla Swg.
Indagine che è stata illustrata dal presidente della società di ricerca Roberto Weber e commentata a margine dal responsabile del Centro Studi di Confindustria Caserta Andrea Funari.
Funari, tra le molte osservazioni, ha in particolare posto l’enfasi su due aspetti dell’indagine.
E cioè, mentre in generale le differenze tra Nord e Sud del Paese tendono via via a ridursi, per quanto riguarda l’innovazione la regione Campania si pone, negli ultimi anni, oltre la media nazionale.
«Anzi, e questo è un altro aspetto qualitativo da sottolineare - ha aggiunto Andrea Funari - da noi la propensione delle imprese all’innovazione è addirittura trainante rispetto all’ente Regione sia per il corretto utilizzo delle risorse pubbliche che per il numero maggior numero di addetti alla Ricerca scientifica».
Una strada, questa, da percorrere con consapevolezza ha rilevato, a conclusione dei lavori, la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia.
Per la Marcegaglia, anzi, più precisamente la chiave di successo per le imprese meridionali è rappresentata dalla ricerca («La vera sfida per le vostre aziende, ma anche per le nostre in verità, è aggiungere valore - ha detto - e in questa provincia c’è chi ne ha consapevolezza») e dall’internazionalizzazione, ovvero dalla capacità di penetrare e conquistare i mercati in crescita, come quelli dell’Est e quello asiatico.
«E non è un caso che Confindustria - ha aggiunto la numero uno degli industriali italiani - abbia organizzato missioni in Israele, Russia, Giappone, Serbia e anche in Libia, per verificare appunto se esistono prospettive di crescita in questi Paesi per le nostre imprese».
Da sottolineare, infine, la sessione specifica del convegno dedicata ai fattori critici di successo delle imprese familiari.
Introdotto dal presidente della Piccola Industria di Confindustria Caserta, Stefania Brancaccio, il dibattito è stato articolato attraverso gli interventi di Dario Balasso (Adr, Analisi delle Dinamiche di Relazione) che ha parlato della Governance, di Giacomo Vaciago (economista dell’Università Cattolica di Milano) che ha affrontato il tema della Formazione, di Nicola Mazzocca (assessore all'Università e Ricerca della Regione Campania) che ha parlato dell’Innovazione, e di Paolo Borzatta (senior partner, Teh-Ambrosetti) che ha affrontato in modo approfondito i nodi relativi all’Internazionalizzazione.
«La verità - ha annotato Stefania Brancaccio - è che non ci viene offerta alcuna leva per promuovere le nostre attività imprenditoriali. Il sistema delle banche e degli intermediari finanziari ci lascia spesso soli di fronte alla esigenza di pensare e creare soluzioni adeguate per far nascere nuovi progetti o per fare espandere quelli che abbiamo realizzato. Le imprese di dimensione familiare potrebbero, invece, diminuire gli attriti e le criticità se potessero contare su una robusta partnership con le banche e con le autorità che governano la politica economica».
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