Una buona idea
per fare impresa
Crisi di impresa,
una legge per non fallire
Rischio Vesuvio, l’emergenza
diventa opportunità
UNIONE INDUSTRIALI
Crisi di impresa,
una legge per non fallire
In caso di particolari difficoltà, finora
è prevalsa la logica liquidatoria
Antonio ARRICALE
La riforma della disciplina delle procedure concorsuali rappresenta
oggettivamente uno degli interventi normativi più rilevanti affrontati
da questo governo. Essa riveste un'importanza strategica ai fini del
recupero della competitività delle imprese italiane e, più in
generale, per rendere più attrattivo il nostro sistema Paese».
Lo ha detto Francesco Canzano, vicepresidente dell'Unione degli industriali
di Caserta, aprendo i lavori del convegno sul tema "Crisi d'impresa
e rapporti di lavoro", che si è svolto nei giorni scorsi presso
la sede di Confindustria Caserta, con la partecipazione dei docenti universitari
Ottavio Pannone (Roma), Antonio Caiafa (Bari), Antonio Pileggi (Cassino)
ed il giudice della sezione fallimentare del tribunale di Santa Maria Capua
Vetere, Giuseppe Dongiacomo.
Le inefficienze burocratiche che hanno caratterizzato finora il sistema
italiano hanno prodotto - è stato fatto notare dai relatori - effetti
pregiudizievoli non soltanto durante il normale svolgimento delle attività imprenditoriali,
ma anche, e soprattutto, in uno dei momenti più delicati della vita
di un'impresa: quello di un'eventuale crisi.
La vecchia legge fallimentare si caratterizza per una intrinseca inidoneità a
consentire il recupero delle imprese in crisi, in quanto prevalentemente
ispirata ad una logica liquidatoria, e per una regolamentazione eccessivamente
macchinosa, che rendeva praticamente impossibile la soddisfazione dei creditori.
Il tutto aggravato da procedure eccessivamente lunghe - la durata media è stimata
intorno agli otto anni con tendenza ad aumentare - e nella gran parte dei
casi si chiudono per insufficienza dell'attivo da liquidare. Il tasso di
recupero dei crediti iscritti ai fallimenti è inferiore al 14%, un
altro 5% è assorbito dalle spese legali, mentre il restante 80% va
disperso.
Da qui il giudizio complessivamente positivo verso una legge, la numero
80 del 2005, che presenta non poche novità.
In primo luogo, si ampliano gli spazi per gli accordi tra le parti
nella ricerca di soluzioni della crisi d'impresa senza (o prima della) dichiarazione
di fallimento, dando certezza giuridica alle operazioni compiute in attuazione
di accordi e piani concordatari.
In secondo luogo, si attribuiscono ai creditori, assistiti dal curatore,
le decisioni sulla gestione delle crisi; la funzione del giudice viene ricondotta
a quella propria di controllo della regolarità delle procedure e di
soluzione delle controversie, con esclusione di ogni compito di gestione.
Le procedure divengono più semplici e rapide, in particolare attraverso
l'applicazione del rito camerale alle controversie insorte nell'ambito delle
diverse procedure. Tali modifiche rispondono, sia pure tardivamente, al mutamento
dell'ambiente economico. Infatti, la maggioranza dei paesi sviluppati - è stato
sottolineato dai relatori - aveva imboccato strade analoghe già da
tempo.
«Va ricordato, al riguardo - ha commentato ancora Francesco Canzano
- che i meccanismi per la gestione delle crisi d'impresa giocano un ruolo
determinante tra gli incentivi all'assunzione del rischio. Chi impegna il
suo capitale, accetta il rischio di perderlo in cambio dell'attesa di un
guadagno più ampio; chi gli presta i soldi, in qualche modo partecipa
ai rischi dell'impresa.
Il mercato assegna un prezzo a questi rischi e li ripartisce tra le
parti. Se l'investimento va male, e non vi è dolo, non v'è ragione
di punire ulteriormente chi già ha perso il capitale investito. Serve
perciò una buona procedura per soddisfare al meglio i creditori e
risolvere le controversie. Dove le crisi d'impresa hanno rapida e facile
soluzione, è più conveniente investire. L'aumento della turbolenza
tecnologica e dell'incertezza nell'ambiente economico accresce il bisogno
di procedure semplici e veloci», ha sottolineato il vicepresidente
di Confindustria Caserta.
E questo, tendendo conto che i valori delle imprese sono in parte sempre
maggiore costituiti da beni immateriali - marchi e know how sul prodotto,
il mercato, la logistica, l'organizzazione aziendale - che si disperdono
rapidamente se l'impresa si arresta.
La legge sul fallimento del 1942 - hanno sottolineato, ciascuno dal
proprio canto, i professori Caiafa e Pileggi - era concepita come una procedura
di soddisfazione dei creditori attraverso il sequestro e la vendita di capitali
fisici con valore stabile e oggettivamente accertabile.
Quel mondo non esiste più: l'unico modo per salvare, almeno in parte,
le stesse pretese dei creditori è di assicurare la continuità dell'impresa
e dei suoi valori.
A tal fine, conviene incentivare l'emersione precoce della crisi attraverso
istituti, quali la temporanea protezione dai creditori, che consentono all'imprenditore
in difficoltà di guadagnare tempo e di preparare soluzioni di ristrutturazione
dell'attività concordate con i creditori.
«L'evidenza empirica lascia pochi dubbi: il nostro attuale sistema,
apparentemente centrato sulla tutela assoluta dei creditori, è del
tutto inefficiente», ha notato Giuseppe Dongiacomo. «Il tasso
di recupero dei crediti iscritti ai fallimenti è inferiore al 14 per
cento, un altro 5 per cento è assorbito dalle spese legali; il restante
80 per cento va disperso. La durata media delle procedure è di oltre
otto anni e continua ad aumentare».
Il confronto internazionale evidenzia anche che il problema non è risolvibile
con qualche snellimento procedurale.
Occorre abbandonare la logica liquidatoria e puntare su soluzioni che
pongano al centro la continuazione dell'attività dell'impresa, sotto
il controllo dei creditori.
Confindustria Caserta,
presto ad Aversa
una sede distaccata
Nell'ambito delle politiche di sostegno e dei servizi reali
offerti alle imprese di Terra di Lavoro, il presidente degli
industriali Carlo Cicala ha ufficializzato l'imminente apertura
della nuova sede distaccata dell'Unione degli industriali ad
Aversa, comprensorio industriale di enorme vivacità e
di grande potenziale. La sede, per la quale è prevista
la piena operatività entro un paio di mesi, essendo ormai
i lavori di allestimento in fase avanzata, sarà gestita
in condominio con Gafi Sud, sicché ai servizi di consulenza,
assistenza e formazione per le imprese associate, una particolare
attenzione sarà riservata anche ai problemi del credito. «Si
tratta, insomma - spiega Cicala - di avvicinare l'Unione all'impresa
e non viceversa, accompagnandola, per quanto possibile, per mano
sullo stesso territorio in cui essa opera».
Sviluppata su 200 metri quadrati, in una posizione logistica molto felice (nel
cuore della città e comunque facilmente accessibile dalla Variante), la
sede distaccata sarà dotata anche di un'aula di formazione, che costituirà il
perno centrale dell'attività della succursale. Intanto, l'Unione degli
industriali di Caserta lancia anche due nuove parole d'ordine: competitività e
attrattività del territorio. Sono queste, infatti, le direttrici lungo
le quali - nel quadro degli obiettivi del "Tavolo delle 2i" (innovazione
ed internazionalizzazione) - sarà articolata l'azione programmatica degli
industriali di Caserta, che allo scopo si avvale dell'ausilio di un Comitato
tecnico scientifico coordinato dall'esperto di politiche di sviluppo internazionale
Manuel Gigot, e composto dai docenti universitari Furio Cascetta, Ettore Cinque,
Michele Di Natale e Agostino Nuzzolo.
«Per un singolo attore economico, specialmente se di piccola dimensione,
affrontare individualmente le sfide della competitività e della globalizzazione
dei mercati può costituire un alto fattore di rischio», argomenta
il presidente Carlo Cicala. E aggiunge: «La dinamica sempre più accelerata,
globalizzata ed aggressiva della competizione tra sistemi territoriali ed economici
mondiali, impone alle imprese ed al territorio una sfida cui non ci si può sottrarre
e che impone di concepire delle politiche e delle azioni sempre più focalizzate
ed integrate».
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