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Il confinante puÒ sollecitare
la “chiusura” del condono
Il confinante puÒ sollecitare
la “chiusura” del condono
Luigi D'ANGIOLELLA
Strumenti contro il ritardo nella definizione e applicazione della sanatoria edilizia
L’orientamento, coraggioso, del T.A.R. Campania apre nuove prospettive, evidenziando
una sensibilità di chiara tutela del terzo
Come è noto, la mera domanda di condono edilizio produce effetti assai importanti, quali la sospensione di qualsiasi attività sanzionatoria e la commerciabilità dell'immobile abusivo. Molto spesso la procedura di condono è dunque attività che viene attivata a prescindere dalla effettiva sanabilità, che non è scontata specie per gli immobili abusivi realizzati in aree sottoposte a vincoli paesaggistici, storici o in aree inedificabili per legge o per ragioni ancora diverse, come ad esempio per le zone a rischio idrogeologico.
Proprio per questa invalsa abitudine, del resto comprensibile per chi ha realizzato un immobile in tutto o in parte abusivo, ci si trova in situazioni ove il confinante, leso dalla presenza di un manufatto cresciuto illegittimamente sotto i suoi occhi, vede inibita ogni possibilità di sollecitare la Pubblica Amministrazione per ottenere l'applicazione delle sanzioni di legge. Una non sollecita definizione della domanda di concessione in sanatoria può, quindi, oggettivamente recare un pregiudizio al terzo confinante. Ci si chiede, allora, se il terzo possa sollecitare la definizione della pratica di condono edilizio presentata dal proprietario del fondo su cui sono state realizzate le opere abusive ed eventualmente, dopo una rituale diffida, utilizzare il rito previsto dall'art. 21 bis Legge T.A.R. avverso il silenzio del Comune, per costringere le Amministrazioni interessate ad adottare un provvedimento espresso.
Un primo orientamento negativo trovava autorevole conferma in una recente sentenza del Consiglio di Stato (IV sezione, 29.12.2005 n. 7568), che con una motivazione piuttosto stringata, aveva affermato espressamente che «deve ritenersi che non sussista il dovere di provvedere alla immediata definizione della pratica di condono, su istanza di terzo estraneo alla medesima, in quanto vero soggetto interessato è colui che ha inoltrato la istanza». Per i giudici di Palazzo Spada, non sussisteva un legittimo interesse del terzo alla definizione del procedimento di concessione in sanatoria e di conseguenza non sussisteva neanche la legittimazione attiva a ricorrere contro il silenzio serbato dall'Amministrazione.
Di contrario avviso, però, è il T.A.R. Campania (sezione IV, 9.2.2006, n. 880).
I giudici partenopei, attraverso un iter argomentativo decisamente più convincente, ritengono che anche il terzo può avere un interesse qualificato alla definizione della domanda di condono. É pur vero che nel caso di istanza di concessione edilizia ordinaria, l'unico soggetto legittimato a reagire contro l'inerzia dell'Amministrazione è il soggetto che ha proposto la domanda.
Nell'ipotesi di istanza di concessione in sanatoria straordinaria, e cioè le procedure definite correntemente "condono" tout court, ad avviso del T.A.R. Campania, è necessario distinguere l'interesse ad ottenere un esito favorevole, dall'interesse ad una celere conclusione del procedimento. Tale distinzione è la base della sentenza, perché propedeutica alle conclusioni che ne vengono tratte. L'interesse all'accoglimento della domanda di condono si radica esclusivamente in capo al responsabile dell'abuso, il quale, come detto, nel caso di opere interamente realizzate o oggetto di mero completamento funzionale, trae la massima utilità dalla sola presentazione della domanda, perché, ai sensi dell'art. 44 della legge n. 47/1985, tale adempimento, di per sé, sospende i procedimenti amministrativi finalizzati alla repressione degli abusi edilizi. Nei casi in cui si vuole sollecitare la definizione del procedimento, è il terzo (e non l'istante) il soggetto realmente interessato, visto che si vede preclusa la possibilità di ottenere provvedimenti ripristinatori. Il T.A.R. Campania, afferma, poi, che tale interesse non può non avere ripercussioni in tema di legittimazione attiva per la formazione del silenzio-rifiuto e di utilizzo del rito avverso il silenzio della Pubblica Amministrazione e riconosce, in linea di principio, la legittimazione del terzo confinante a richiedere, attraverso il Giudice, una pronuncia espressa sulle domande di condono presentate da altri soggetti. I giudici partenopei, entrando nello specifico della legislazione campana sul tema del condono edilizio, hanno evidenziato che tale attività processuale non è possibile prima di due anni dalla domanda presentata ai sensi della legge n. 326/2003, visto che la legge regionale Campania n. 10/2004 ha previsto ventiquattro mesi come termine per la conclusione del procedimento, con implicito riferimento anche alle precedenti procedure di condono ai sensi delle leggi n. 47/1985 e n. 724/1994, per le quali la medesima legge regionale ha previsto la definizione entro il 31 dicembre 2006.
Il principio affermato dal T.A.R. Campania appare convincente, perché coerente con il dettato normativo e con i generali principi di celerità dei procedimenti amministrativi e di concreta partecipazione degli interessati, fissati dalla legge 241/90 e, più in generale, dalla Costituzione. Tale soluzione del resto appare in linea con la giurisprudenza che tende ad ampliare i soggetti legittimati ad utilizzare il rimedio dell'impugnativa del silenzio a prescindere da una espressa previsione di legge, utilizzando, come norma di "chiusura", appunto, l’articolo 97 della Costituzione, che assicura, come è noto, l'imparzialità dell'agire della Pubblica Amministrazione.
L'orientamento, coraggioso, del T.A.R. Campania apre senza dubbio nuove prospettive, evidenziando una sensibilità di chiara tutela del terzo, e rimarca una visione non proprio favorevole allo strumento dei condoni.
Il condono edilizio e gli effetti della sola domanda di condono certamente esistono - sembra voler dire il T.A.R. Campania - ma non possono essere uno scudo indefinibile per coloro che costruiscono abusivamente e per le Amministrazioni inerti e, dunque, implicitamente, consenzienti.
Avvocato
studiodangiolella@tin.it
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