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  Dicembre 2012

Articoli n° 10
DICEMBRE 2006
 


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Appalto di mano d’opera:
obblighi retributivi e contributivi

Orientamenti ministeriali
in tema di ferie

Il confinante puÒ sollecitare
la “chiusura” del condono

Orientamenti ministeriali
in tema di ferie

kLorenzo IOELE

Per effetto dell’interpello, il datore
di lavoro può evitare di incorrere in illeciti amministrativi

Il diritto alla ferie deve essere contemperato con le esigenze aziendali
che debbono presentare i requisiti della serietà e dell’eccezionalità

Il Ministero del lavoro si è pronunziato, a seguito di specifici "interpelli" su alcune questioni in tema di ferie sicuramente interessanti ai fini della corretta gestione. É opportuno rammentare che il diritto di interpello è stato introdotto dall'art. 9, D.Lgs. n. 124/2004, in tema di riforma dei servizi ispettivi. L'interpello è proponibile solo da parte di Ordini professionali, Associazioni di categorie ed Enti pubblici e consiste in un quesito da inoltrare, per via telematica, alla Direzione Provinciale del Lavoro competente per territorio al quale risponderà la Direzione Generale del Ministero, per ottenere chiarimenti in ordine alla applicazione di specifici istituti normativi.
Per effetto dell'interpello il datore di lavoro, che si sia adeguato nei propri comportamenti alla relativa risposta, «fermi restando gli effetti civili tra le parti e le eventuali conseguenze sul piano previdenziale», può evitare di incorrere in violazione di tipo amministrativo (circolare n. 24/2004). In pratica - attraverso l'interpello - il comportamento adesivo del datore di lavoro sarebbe "scusabile" ai fini della valutazione dell'eventuale illecito amministrativo ove l'interpretazione proposta con la risposta ministeriale dovesse risultare non corretta. Senza volere entrare nel merito del diritto di interpello, basta sottolineare che si tratta comunque di un istituto significativo per consentire una corretta gestione dei rapporti di lavoro e che, molto spesso, presenta risposte ministeriali di notevole qualità.
É noto che l'art.10 del D.Lgs. n. 66/2003 sancisce il diritto del lavoratore ad un periodo annuale di ferie non inferiore a quattro settimane delle quali, «salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva» (e dalla specifica disciplina di talune categorie che in questa sede non interessano), almeno due settimane consecutive in caso di richiesta del lavoratore, vanno fruite nel corso dell'anno di maturazione, mentre le restanti due possono essere fruite nei 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione. L'art. 18 bis punisce la violazione della descritta regola con la sanzione amministrativa da 130,00 a 780,00 euro per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisca la violazione.
Il Ministero si è pronunziato in ordine al potere di deroga riconosciuto alla contrattazione collettiva che l'art.1 D.Lgs. n. 66/2003 individua nei contratti stipulati da organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative senza ulteriori specificazioni (sicché potrebbe ritenersi che la definizione ricomprenda anche i contratti collettivi di livello territoriale più circoscritto rispetto al contratto nazionale). Il problema che è stato posto concerne la competenza della contrattazione collettiva ad incidere sui periodi di godimento delle ferie e sulle regole dettate dalla legge che - come detto - distinguono due frazioni. Con riferimento al primo periodo il Ministero (con la risposta del 18 ottobre 2006) ha ritenuto che la contrattazione collettiva possa incidere sul periodo di godimento infrannuale stabilito dalla legge nella misura di 15 giorni consecutivi.
Peraltro il Ministero ha individuato taluni limiti desunti dalla ricostruzione del diritto alla ferie e dalla sua funzione che consiste nel reintegro delle energie psicofisiche del lavoratore. Il diritto alla ferie, infatti, deve essere contemperato con le esigenze aziendali che debbono, però, presentare i requisiti della serietà e della eccezionalità (Corte Cost. n. 543/1990). In ogni caso il godimento del diritto non può essere frazionato eccessivamente attraverso la fruizione di ripetuti singoli giorni di ferie ovvero attraverso il godimento frazionato a livello giornaliero: tale meccanismo potrebbe concretare una violazione del diritto alla salute ed alla sicurezza del lavoratore.
Per quanto concerne le ulteriori due settimane, da godere secondo legge entro 18 mesi dalla fine dell'anno di maturazione, il Ministero ritiene la possibilità di un allungamento di tale periodo da parte della contrattazione collettiva sempre che tale slittamento non snaturi la funzione delle ferie innanzi descritta.
Con riferimento al prolungamento della fruizione del secondo periodo di ferie si pone la questione dell'obbligo contributivo che dovrebbe coincidere con la scadenza dei 18 mesi successivi al termine dell'anno solare di maturazione delle ferie.
Al riguardo sembra ancora condivisibile quanto illustrato dalla circolare n. 186/1999 dell'INPS, pur se precedente il D.Lgs. 66/2003. Essa individua il momento in cui sorge l'obbligo di assolvere alla contribuzione in base al termine di fruizione delle ferie individuato dagli accordi collettivi, mentre in assenza di tali accordi vale il termine dei 18 mesi successivi al termine dell'anno solare di maturazione delle ferie (desunto dall'INPS dalla Convenzione OIL del 1970). Tale soluzione sembra ancora corretta alla luce dell'art.10 del D.Lgs. n. 66/03.
La contrattazione collettiva può quindi incidere sul periodo di godimento delle ferie, e indirettamente anche sul termine di pagamento dei contributi, nell'ambito dei limiti sopra accennati da adeguare peraltro ai singoli casi concreti, ed incide altresì sulla fattispecie sanzionata dalla legge poiché il mancato godimento delle ferie nel termine prolungato contrattualmente farà scattare la sanzione amministrativa ex art. 18 bis cit.. La contrattazione poi subisce un altro limite di carattere generale e cioè il divieto di monetizzare le ferie non fruite se non in caso di intervenuta cessazione del rapporto di lavoro.
Il divieto è previsto a carico del datore di lavoro (come ribadito dal Ministero del Lavoro con la nota del 26 ottobre 2006) e deve ritenersi che riguardi anche la contrattazione collettiva con riferimento peraltro al periodo di quattro settimane, che costituisce la durata minima delle ferie annuali prevista dalla legge, mentre sono disponibili e suscettibili di un accordo di monetizzazione le giornate di ferie eventualmente eccedenti tale periodo minimo.

Titolare della Cattedra di Diritto della Previdenza sociale Facoltà di Giurisprudenza Università degli Studi di Salerno
avvocato.ioelelorenzo@tin.it

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