LA VICENDA PARMALAT
OSSERVAZIONI IN AGRODOLCE
LAVORO E PREVIDENZA
NELLA FINANZIARIA 2004 NUOVE MISURE
SOCIETA' DI
TRASFORMAZIONE URBANA
UNO STRUMENTO SOTTOUTILIZZATO
SOCIETÀ DI TRASFORMAZIONE URBANA
UNO STRUMENTO SOTTOUTILIZZATO?
Forse non si è ancora percepita
la loro forte carica innovativa
di
Luigi d'Angiolella
Avvocato Amministrativista
studiodangiolella@tin.it
Le società di trasformazione urbana sono state
introdotte dall'art.17, comma 59, della Legge 15 maggio 1997 n.127 (poi
trasfuso nel Testo Unico Enti Locali, D.Lgs. 18 agosto 2000 n.261, all'art.120),
che ha riconosciuto per la prima volta ai Comuni e alle città metropolitane
la possibilità di utilizzare tale nuovo strumento di intervento sul
territorio.
Si tratta di un profondo ripensamento della disciplina urbanistica e
di una nuova filosofia di governo del territorio più incisiva e,
peraltro, capace di attrarre finanziamenti privati, sulla scia, in questo
senso, di analoghe e riuscite esperienze come quelle del project financing.
Infatti, le STU - quali modello societario speciale, a partecipazione pubblico-privata,
finalizzato alla progettazione, realizzazione e commercializzazione di interventi
di trasformazione del contesto cittadino in conformità con gli strumenti
urbanistici - possono fungere da collettore di risorse finanziarie e professionali
private, ponendo così rimedio alla cronica mancanza di fondi per
l'attuazione pubblica delle previsioni urbanistiche, consentendo, al contempo,
di intervenire ove la sola prescrizione in materia non è sufficiente
ad attrarre interessi.
Tali società, aperte alla partecipazione di privati da scegliere
tramite procedure ad evidenza pubblica, provvedono alla progettazione degli
interventi, all'acquisizione delle aree, nonché alla trasformazione
e alla commercializzazione delle stesse. La costituzione avviene con delibera
del consiglio comunale che individua il piano economico finanziario, il
cronoprogramma delle opere e l'ambito dell'intervento di trasformazione:
il che equivale a dichiarazione di pubblica utilità, anche per le
aree non interessate da opere pubbliche, per cui è possibile procedere
pure con espropri. Le aree di proprietà degli enti interessati dall'intervento
possono essere attribuite alla STU a titolo di concessione.
Quanto ai rapporti tra gli enti costitutori e la società di trasformazione
urbana, la loro regolamentazione è affidata ad una convenzione contenente,
a pena di nullità, gli obblighi e i diritti delle parti. La disciplina
sin qui riportata è stata da ultimo modificata dall'articolo 44 della
Legge 1 agosto 2002, n.166 (Collegato infrastrutture) il quale è intervenuto
sul testo dell'articolo 120 citato, sostituendo il termine "aree" oggetto
di intervento con quello di "immobili", ampliando così ulteriormente
le prospettive di utilizzazione delle STU. Il ricorso a queste ultime, quindi, è ora
ipotizzabile sia per aree "urbane consolidate" che «chiedono
interventi di ristrutturazione urbanistica nettamente prevalenti su quelli
di edilizia e di restauro» o che sono «caratterizzate da una
particolare discontinuità qualitativa», sia per quelle "libere" e
cioè di espansione edilizia, nonché, a rigore, per più semplici
interventi di riqualificazione immobiliare (singoli immobili o complessi
di edifici).
Come ha indicato il Ministero delle Infrastrutture con la circolare n.622
del'11/12/2000, è possibile concepire una STU in diverse ipotesi
che, solo per comodità, e scontando la schematizzazione, vengono
così riportate: le aree comprese tra il centro storico comunemente
inteso e l'espansione cosiddetta post bellica; gli ambiti di edilizia del
dopoguerra, i quartieri di edilizia residenziale pubblica; gli insediamenti
di edilizia abusiva ove non sono sufficienti le dotazioni delle infrastrutture.
Si tratta di zone, come s'intuisce, ove l'esigenza della riqualificazione è particolarmente
avvertita. La STU diventa così una maniera per arrivare ad un partenariato
pubblico-privato che privilegi il territorio, riqualifichi intere aree urbane
e permetta la realizzazione di profitti per il privato, con il vantaggio
di non poco conto di avere come partner l'amministrazione comunale che,
in questo modo, ha interesse a non creare ostacoli alla concreta attuazione
dell'intervento. Eppure questo importante strumento non ha trovato, sino
ad ora, una forte capacità di attrattiva, causa un difetto di comunicazione
alle imprese. Se istituti come gli "accordi di programma" e il "project
financing" hanno avuto un discreto successo, lo si deve, probabilmente,
anche al fatto di essere stati proposti al mercato in maniera più efficace
conferendo loro maggiore appeal. In termini di realizzabilità di
scelte imprenditoriali, le STU rappresentano, infatti, una validissima alternativa.
La regolazione dei processi di riqualificazione urbana e territoriale va
attuata, infatti, nella consapevolezza che le grandi operazioni di pianificazione
urbanistica non possono più prescindere dalla propensione degli investitori,
dei risparmiatori e degli utilizzatori finali. Questo è, dunque,
il terreno di incontro delle amministrazioni locali più propositive
e degli imprenditori più lungimiranti, perché, è bene
ribadirlo, non c'è "emergenza urbanistica" a cui le STU
non possano porre rimedio: con queste società sono stati realizzati
o programmati interventi di recupero di ex miniere e quartieri popolari
(Comune di Carbonia), sono state edificate grandi cubature destinate a terziario,
uffici pubblici, tribunali e auditorium (Comune di Livorno), sono state
riqualificate zone costiere (Comune di Venezia), riconvertite fabbriche
e realizzati comprensori residenziali (Comune di Valmontone), è stato
attuata la riqualificazione di un'ampia area ferroviaria (Comune di Bolzano),
soprattutto si è provveduto al recupero di amplissime zone industriali
dimesse, con il riutilizzo in cubature terziarie, servizi, edifici pubblici,
alberghi (nei Comuni di Sesto San Giovanni, Milano, Rovigo, Pisa, Piacenza).
Il caso di Bagnoli - anche qui il recupero di un'area industriale dimessa
- è di enorme importanza per la grande rilevanza economica e ambientale
che avrà sull'intera città di Napoli. Le potenzialità dello
strumento sono insomma infinite. Credo, però, che la maggiore opportunità nasca
dal numero dei "contenitori edilizi dimessi" all'interno delle
città (tra l'altro in crescita esponenziale), con la consapevolezza
che i progetti aventi ad oggetto rapide riqualificazioni urbanistiche trovano
percorsi più impervi nell'ambito dell'urbanistica ordinaria "per
piani".
Le società di trasformazione urbana, oltre ad intervenire dove vi è bisogno,
possono diventare uno stimolo di sviluppo del "marketing urbano" per
promuovere l'immagine di una città anche a livello internazionale,
conferendo prestigio alle amministrazioni e agli stessi imprenditori, facendo
sì che il recupero e la riqualificazione diventino essi stessi attrattori,
come capita spesso in Europa. Città come Barcellona, Bilbao, ma soprattutto
Parigi e Berlino, si rinnovano continuamente e solo per questo sono visitatissime.
In tale processo, la partecipazione del privato è fondamentale, poichè consente
un sistema di relazioni per il raggiungimento di reciproci vantaggi e convenienze,
con la possibilità di incentivare lo sviluppo di un’urbanistica
capace di stimolare l'investimento immobiliare. Si tratta, insomma, di una
nuova prospettiva, ove il territorio è visto quasi come un laboratorio
virtuale che è finalmente in grado di rendere, però, riqualificando
e migliorando l’ambiente che ci circonda. |