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  Dicembre 2012

Articoli n?10
GENNAIO/FEBBRAIO 2012
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Ritardo dei PAGAMENTI: ITALIA maglia nera in Europa

Decreto LIBERA-ITALIA «L'efficienza prima di tutto»

Le POLITICHE possibili per il rilancio della crescita in Italia



Ritardo dei PAGAMENTI: ITALIA maglia nera in Europa

Per il vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani, il recepimento e l'attuazione della Direttiva sono necessari

La pubblica amministrazione sarebbe tenuta a pagare in 90 giorni, ma la situazione reale è che il pagamento medio avviene in 180 giorni. Il ritardo medio nel 2011 è quindi di 90 giorni.

«La norma europea eliminerà gli ostacoli alla libera circolazione delle merci nel mercato interno, creati da questo fenomeno. Uno degli effetti sarà l'innalzamento dei livelli di fiducia delle imprese, che si tradurrà in un aumento delle transazioni commerciali transfrontaliere»

«L'Europa può riuscire solo agendo unita. Ci serve una strategia per uscire dalle crisi più forti, con un'economia intelligente, sostenibile e inclusiva che favorisca l'occupazione, la produttività e la coesione sociale»

Antonio Tajani
Vicepresidente Commissione europea Industria

Commissario Tajani, tra Europa e Italia a che punto siamo con il problema del ritardo nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione?
Nel 2008 è apparso con evidenza che, nonostante l'esistenza di legislazione comunitaria in materia(Direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
GU L 200 dell'8.8.2000, pagg. 35‑38), i ritardi di pagamento risultano essere molto frequenti nelle operazioni commerciali che si realizzano nel mercato interno. Una situazione che con il progredire della crisi è diventata insostenibile per molte imprese europee.
Le cifre parlano da sole: soltanto nell'ultimo anno la perdita di crediti in Europa è cresciuta dell'8% raggiungendo, nel complesso, un ammanco pari a 300 miliardi di euro. I ritardi di pagamento causano effetti nefasti alla competitività delle imprese europee in un periodo in cui, per queste, l'accesso al credito non è facile, particolarmente per le piccole e medie imprese che contribuiscono per il 56% al prodotto interno lordo europeo.
Una prassi questa che ne complica la gestione finanziaria, pregiudicandone la redditività. Per quanto riguarda il caso specifico dell'Italia e secondo i dati raccolti nel 2011, il nostro Paese è in cima alla lista con i peggiori risultati in termini di ritardo medio di pagamento da parte degli enti pubblici. La pubblica amministrazione sarebbe tenuta a pagare in 90 giorni, ma la situazione reale è che il pagamento medio avviene in 180 giorni. Il ritardo medio nel 2011 è quindi di 90 giorni. Ma questi dati variano considerevolmente secondo il settore specifico. Per esempio si pensi alla sanità. Secondo i dati relativi al 2009, gli ospedali dello Stato italiano pagavano dopo 292 giorni. In alcune regioni i ritardi aumentavano fino a 676 giorni in Molise, 672 in Calabria, 602 giorni in Campania.
I debiti degli ospedali dello Stato italiano corrispondevano già nel 2009 a circa 5 miliardi di Euro. Dati che senz'altro non fanno altro che dimostrare che i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, invece di dimi‑nuire, aumentano, così come aumenta il malessere di tutte le imprese europee che soffrono di questo fenomeno. Poiché i ritardi di pagamento rappresentano uno dei grandi ostacoli alla libera circolazione delle merci nel mercato unico pratica diffusa nell'UE con effetti deleteri per le piccole e medie imprese tutti gli Stati membri sono interessati a combatterlo. La Direttiva prevede il recepimento nella legislazione nazionale da parte degli Stati entro il 16 marzo 2013.
L'attuale contesto economico però richiede misure più tempestive. Recepimento e attuazione anticipati sono assolutamente necessari per assicurare che le nostre imprese sopravvivano in un periodo di difficoltà economiche e possano quindi contribuire al rafforzamento della crescita e della competitività. Per questo motivo, lo scorso ottobre, mi sono rivolto personalmente ai ministri dei 27 Stati membri per chiedere d'intensificare gli sforzi per poter applicare questa direttiva già da gennaio 2012.



Se si riuscisse a "sbloccare" questa situazione e a ridare ossigeno alle pmi che lavorano con la Pubblica Amministrazione, uno degli effetti non trascurabili potrebbe essere un innalzamento dei livelli di fiducia del mondo delle imprese nei confronti delle Istituzioni…
ma anche altre sarebbero le ricadute positive…
La direttiva sui ritardi di pagamento (2011/7/UE) risponde alla reale necessità di trovare soluzioni in favore della competitività e della solidità delle imprese. Una volta implementata correttamente dagli Stati Membri contribuirà significativamente alla crescita dell'occupazione e della competitività. Basti pensare all'armonizzazione dei termini di pagamento per gli enti pubblici.
Questa misura consentirà una liquidità addizionale di circa 180 miliardi di euro per la tesoreria delle imprese europee. La Direttiva eliminerà gli ostacoli alla libera circolazione delle merci nel mercato interno, creati da questo fenomeno.
Ha ragione: uno degli effetti sarà l'innalzamento dei livelli di fiducia delle imprese, che si tradur‑ rà in un aumento delle transazioni commerciali transfrontaliere, aumentando la concorrenza e favorendo l'abbassamento generalizzato dei prezzi e maggiore scelta.
Inoltre, le nuove regole avranno un notevole impatto sulle pubbliche amministrazioni.
Gli enti pubblici che hanno ritardi di pagamento saranno fortemente motivati ad aggiornare i loro metodi di gestione. In effetti, è comune prassi che, quando un ente pubblico acquista beni o servizi, questo sia già riportato nel bilancio gli stanziamenti per quella spesa. Pertanto non dovrebbe essere difficile pagare puntualmente i creditori.
Inoltre, le nuove regole e i più brevi termini di pagamento comporteranno risparmi anche per la pubblica amministrazione.

Lei ha dichiarato che «Se la nostra unica preoccupazione è il debito pubblico, non usciremo mai dalla crisi». Quali sono le strade che lei propone per ridurre la spesa pubblica?

Bisogna rendere lo Stato sociale sostenibile, tagliare spese impro duttive, costi della politica, enti inutili, livelli amministrativi pletorici e valorizzare al meglio il nostro patrimonio artistico, culturale, paesaggistico e immobiliare. Ma soprattutto, bisogna puntare sul rilancio della crescita e competitività, che resta la via maestra per ridurre debito e deficit.

Un'ultima domanda: quali sono i contenuti salienti della strategia per la crescita economica e l'occupazione "Europa 2020"?

L'Europa sta affrontando un momento di grande trasformazione. La crisi si è portata via anni di progressi sociali ed economici e ha mostrato le fragilità dell'economia europea. Al contempo le grandi sfide della globalizzazione, della pressione per l'approvvigionamento delle risorse e dell'invecchiamento della popolazione si stanno intensificando. L'Europa può riuscire solo agendo unita. Ci serve una strategia per uscire dalle crisi più forti, con un'economia intelligente, sostenibile e inclusiva che favorisca l'occupazione, la produttività e la coesione sociale. La strategia Europa 2020 delinea la visione di un'economia europea sociale di mercato con tre priorità che si rinforzano l'un l'altra:

1 Crescita intelligente basata su innovazione e conoscenza;
2 Crescita sostenibile attraverso la promozione di un'economia più efficiente, più verde e competitiva;
3 Crescita inclusiva per favorire l'occupazione per la coesione territoriale e sociale.

Dato il contesto economico attuale, la Commissione raccomanda agli Stati membri di consolidare le finanze pubbliche, ristabilire le condizioni per il credito, favorire la crescita e la competitività, combattere la disoccupazione, soprattutto tra i giovani e modernizzare le amministrazioni pubbliche. Come Vicepresidente responsabile per l'industria e l'imprenditoria ho promosso un pacchetto di misure per aiutare l'industria manifatturiera a diventare più competitiva e a creare posti di lavoro migliori per più alti standard di vita in Europa. Ma non solo. Di recente abbiamo anche adottato un piano d'azione per migliorare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese in questo difficile momento.






IMPRESE: IL 31% È A RISCHIO FALLIMENTO A CAUSA DEI RITARDI NEI PAGAMENTI DA PARTE DELLA PA

Secondo le ultime rilevazioni della CGIA di Mestre, sono a rischio chiusura nel nostro Paese circa il 31% delle aziende a causa della Pubblica Amministrazione inadempiente che paga con estremo ritardo i suoi fornitori (in Europa tale percentuale scende al 25%). Nel nostro Paese la media dei ritardi dal 2008 al 2011 è passata da 28 giorni a 53 giorni (180 nel caso della Pubblica amministrazione). Una situazione che potrebbe determinare, se non arginata con efficacia, non solo il fallimento di molte aziende ma addirittura il collasso del sistema economico imprenditoriale italiano. Il dato della CGIA è il risultato dell'incrocio con i dati di Intrum Justitia, secondo cui le aziende che in Europa falliscono a causa dei ritardati pagamenti sono pari al 25% del totale.
Sarebbero pertanto 11.615 gli imprenditori italiani costretti a portare i libri contabili della propria società in Tribunale, di cui circa 3.600 (il 31% del totale) a causa dell'impossibilità di veder corrisposti in tempi ragionevoli i corrispettivi economici per le prestazioni fornite alla PA.. A fare precipitare la situazione, senz'altro il perdurare della crisi economica tant'è che, negli ultimi 4 anni, il trend dei ritardi in Italia è quasi raddoppiato (+97,5 %), portando la media dei 27 giorni del 2008 ai 53 del 2011. «Pur riconoscendo che questo Governo ha iniziato con il piede giusto - commenta Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre - è necessario che recepisca quanto prima la Direttiva europea contro il ritardo nei pagamenti. La mancanza di liquidità sta facendo crescere il numero degli "sfiduciati", ovvero di quegli imprenditori che hanno deciso, nonostante i grossi problemi che si sono accumulati in questi ultimi anni, di non ricorrere all'aiuto di una banca.
É un segnale preoccupante che rischia di indurre molte aziende a rivolgersi a forme illegali di accesso al credito, con il pericolo che ciò dia luogo ad un aumento dell'usura e del numero di infiltrazioni malavitose nel nostro sistema economico».

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