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  Dicembre 2012

Articoli n?10
GENNAIO/FEBBRAIO 2012
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MACCAURO: «Lavoreremo a un MODELLO Salerno»

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MACCAURO: «Lavoreremo a un MODELLO Salerno»

Autonomia di pensiero, spirito di servizio e coraggio: saranno questi i valori cui il neo presidente di Confindustria Salerno ispirerà la sua nuova sfida

«Le liberalizzazioni potrebbero davvero dare un impulso positivo al mercato eliminando qualsiasi steccato di protezione e innescando quel cambiamento culturale di cui il Paese - troppo arroccato in alcune posizioni di rendita - avrebbe bisogno anche per dare spazio e opportunità ai giovani»

«Il dibattito sulla costruenda riforma del lavoro è stato avviato da troppo poco tempo per esprimere un giudizio di valore. Nel recente passato credo che tutte le parti coinvolte abbiano mostrato senso di responsabilità, la Confindustria mettendo al centro il bene del lavoratore ma anche il sistema sindacale che - al netto di qualche estremismo - ha bene gestito le difficoltà senza mai inasprire i toni del dialogo trasformandolo in conflitto»


di Raffaella Venerando

Mauro Maccauro
Presidente Confindustria Salerno

Tre febbraio 2012. Finalmente c'è stata la fumata bianca da Confindustria Salerno e, dopo mesi di instabilità, Mauro Maccauro è stato eletto presidente per il prossimo quadriennio. Non è certo un volto nuovo per la Territoriale e per l'intero Sistema l'imprenditore di Mercato San Severino, titolare della Euroflex, azienda di famiglia fondata nel 1967 dal papà Gerardo. Nato nel 1972 a Nocera Inferiore, Maccauro è sposato e ha due figli, Lisa (9 anni) e Gerardo (6 anni). Da studente consegue la maturità al liceo classico Gian Battista Vico, nella sua città, poi si laurea in Economia e commercio presso l'Università di Salerno. Terminati gli studi entra nell'azienda di famiglia, un gruppo che opera nel settore siderurgico e ha sede a Mercato San Severino, sempre in provincia di Salerno. Prima di fare il suo ingresso nel Sistema Confindustria, Maccauro si è impegnato nella vita politica ricoprendo la carica di consigliere comunale a Nocera Inferiore (dal 1995 al 2001). Ed è proprio nei primi anni '90 che Maccauro inizia la sua ascesa all'interno di Confindustria. Nel 1993 si iscrive al gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Salerno, dal gennaio 2001 al luglio 2003 è componente la giunta dell'associazione di via Madonna di Fatima. Dal dicembre del 2002 entra a far parte del direttivo degli under 40 di Salerno, di cui diventa vice presidente nel luglio del 2003. Il 2 dicembre 2004 è eletto alla carica di presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Salerno, diventando di diritto vice presidente dell'associazione. Nel gennaio del 2008 è ottiene l'incarico di presidente del gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Campania. Da aprile 2011 è componente della giunta nazionale di Confindustria. Oggi mette a segno un altro importante colpo per la sua carriera personale e professionale, diventando presidente della Territoriale che è stata la culla della sua storia di imprenditore e di uomo che vuole concretamente contribuire allo sviluppo e alla crescita non solo economica del suo territorio.


Presidente, dopo lunghi e tortuosi mesi ce l'ha fatta. Il primo pensiero a caldo, all'indomani della sua elezione?
Cominciare subito a lavorare. Ci aspettano mesi duri ma senz'altro appassionanti per impostare il rilancio dell'Associazione a beneficio delle aziende iscritte.

Cosa rappresentava per lei riuscire in questa sfida?
L'occasione per palesare le mie idee associative e il mio credere fortemente nel Sistema Confindustria. Tanta è stata la soddisfazione nel constatare che intorno a me c'era consenso, il miglior premio per il mio impegno.

Questi mesi sono stati utili anche per riflettere sul ruolo, l'organizzazione e il futuro della Territoriale salernitana?
Senz'altro sono stati importanti per cominciare a pensare a cosa andasse riformato. Sul come, invece, i tempi non erano maturi. Occorreva infatti prima avere la legittimità degli associati e poi riflettere con la massima serietà sugli interventi necessari e più opportuni per riprendere un cammino di progettualità e risultati che, negli ultimi mesi, aveva subito una inevitabile battuta d'arresto.

A quali valori si ispirerà il suo mandato di presidenza?
A guidarmi saranno le stesse leve che da sempre hanno contraddistinto le mie esperienze all'interno del Sistema: l'importanza di essere nella sostanza e nel pensiero autonomi, lo spirito di servizio e il senso di squadra perché non si può essere mai da soli quando si ambisce a farsi latori di un cambiamento, specie in un'epoca come questa che impone radicali trasformazioni nella mentalità dell'imprenditore e nel suo modo di agire.

Cosa farà per vedere incrementata la partecipazione delle aziende alla vita e alle scelte dell'Associazione?
Cominceremo con il lavorare a rendere, via via, sempre più efficiente ed efficace il funzionamento degli organismi interni all'Associazione. Penso ad esempio ai Gruppi merceologici, vera colonna portante di Confindustria Salerno. Ci concentreremo sulle attività e le iniziative messe in campo da questi, perché le aziende socie possano sempre trovare risposte puntuali a problematiche ed esigenze che ne rallentano le attività.

I punti di doleance per le imprese sono molteplici: fisco, burocrazia, credito. Entrando nel dettaglio delle priorità, da dove si dovrebbe cominciare a rimettere la barra a dritta per le imprese, specie per quelle salernitane?
Quelle da lei elencate sono effettivamente tutte delle priorità in questo particolare momento e sceglierne una su tutte è obiettivamente complicato. Ritengo, in proposito, che più corretto sarebbe ripartire con l'idea di costruire una sorta di "modello Salerno", un modello di sviluppo partecipato che veda coinvolti e responsabili anche gli enti e gli stakeholder che rientrano nella vita di impresa con cui quotidianamente ci dovremo confrontare. Penso ad un modello di sviluppo risolutivo, che tenga conto però che su alcune problematiche sarà possibile incidere e farlo in maniera sensibile già localmente, su altre, invece, sarà impossibile non fare i conti con i tempi e le decisioni dettate dal sistema istituzionale nazionale e regionale.

A tal proposito, in passato a lungo si è detto della sua propensione per l'agone politico…da quasi "tecnico", come imposterà i rapporti con le istituzioni locali e non? Ad oggi qual è il clima tra imprese ed enti locali?
Da un punto di vista meramente tecnico, il momento non è dei più sereni considerata la crisi che assorbe energie e risorse delle aziende e tenuto conto anche della questione del ritardo dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione che, più che alleata, in questa fase risulta essere d'ostacolo alle attività di impresa. Da un punto di vista invece politico, ho sempre sostenuto che Confindustria non è di certo un partito, ma deve fare politica a favore e in difesa dei propri associati.
Gli imprenditori, e in particolare i rappresentanti di questi, dovrebbero essere animati da un sano trasversalismo e guardare ai palazzi dell'istituzione a prescindere dal colore politico di appartenenza, ma esclusivamente come all'ente che deve dare risposte alle nostre aziende.

Se potesse agire sulle qualità dei suoi uomini, ma più in generale della classe imprenditoriale, quali doti privilegerebbe e perché?
Su tutte il coraggio dell'intrapresa proprio di chi sceglie di fare il difficile mestiere dell'imprenditore e, ancor di più, di chi è chiamato da altri a ricoprire ruoli di rappresentanza. Oltre all'indole coraggiosa però chi si impegna in prima linea deve possedere capacità di mediazione, sintesi e una buona dose di pragmatismo.

Lei è a capo di un'industria manifatturiera al 100%: come commenta l'uscita della Fiat dalla Confindustria?
Un colpo già assorbito o un patrimonio da recuperare? Non è certo da accogliere come una buona notizia la fuoriuscita di un'azienda dal Sistema, piccola o grande che sia. Non credo però che nel caso della Fiat, Confindustria abbia nulla da rimpiangere perché sono state messe in campo tutte le azioni utili per la tutela delle politiche del Gruppo, una su tutte l'accordo interconfederale del 28 giugno scorso. È una scelta che va rispettata, auspicando che si possa riprendere più in là il filo del dialogo. Delle nuove relazioni industriali in fieri nel nostro Paese, invece, che giudizio ha? Come le sembra si stia muovendo il nuovo Governo su questo tema? Il dibattito sul tema e sulla costruenda riforma del lavoro è stato avviato da troppo poco
tempo per esprimere un giudizio di valore. Nel recente passato credo che tutte le parti coinvolte abbiano mostrato senso di responsabilità, la Confindustria mettendo al centro il bene del lavoratore ma anche il sistema sindacale che al netto di qualche estremismo ha bene gestito, specie nelle realtà medio e piccole, le difficoltà senza mai inasprire i toni del dialogo trasformandolo in conflitto.

Dalle liberalizzazioni potrebbe arrivare davvero lo slancio necessario al nostro Paese per riaversi e non essere più lo spauracchio dell'Europa?
Anche su questo aspetto attendo di guardare al provvedimento nella sua versione definitiva. Per come sono state presentate, comunque, le liberalizzazioni potrebbero davvero dare un impulso positivo al mercato eliminando qualsiasi steccato di protezione e innescando quel cambiamento culturale di cui il Paese troppo arroccato in alcune posizioni di rendita avrebbe bisogno anche per dare spazio e opportunità ai giovani. Nel breve però non so quanto questa riforma possa concretamente incidere sulla qualità della vita di famiglie e aziende. Bisogna insistere, portarla avanti e completarla. Se si riuscisse a farlo, il Paese tutto potrebbe beneficiarne.

Come immagina il prossimo futuro del Paese e, in particolare, quello del Mezzogiorno?
Da sempre l'Italia vive uno sviluppo economico a due velocità, con il Mezzogiorno in ritardo di competitività rispetto al Nord. Questa forbice con la crisi potrebbe finire con l'allargarsi ancora di più se tarderanno ad arrivare provvedimenti specifici per il Sud. Più in generale, però, oggi quello che desta maggiori preoccupazioni è il ruolo incerto dell'Europa in questa fase turbolenta. Per comprendere la situazione attuale e le prospettive dell'immediato futuro, è infatti essenziale individuare prima le ragioni della crisi delle istituzioni europee, non solo di quelle economiche ma anche, se non soprattutto, di quelle politiche.
L'Europa ha mostrato negli ultimi mesi una fragilità inaspettata nel dare sostegno ai paesi membri in difficoltà. Credo che su questo vada posto l'accento e reso il massimo impegno politico e culturale perché si riprenda in mano il progetto europeo in modo più convinto e serio.

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