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  Dicembre 2012

Articoli n?10
GENNAIO/FEBBRAIO 2012
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di Raffaella Venerando

Le proposte di SVIMEZ per uscire dalla crisi «Investire su filiere, geotermia, acqua e industria»

Per il presidente Adriano Giannola il Governo Monti deve farsi carico di una vera strategia di crescita per il Paese

«Ci auguriamo che il Governo Monti abbia la capacità e la volontà di far partire subito questa strada innovativa che, accanto ad altre fonti più tradizionali, può dare un contributo molto forte al sostegno alle attività produttive rendendole più forti e riducendo al contempo la dipendenza energetica dall'estero»


Adriano Giannola
Presidente Svimez


Presidente per riavviare la crescita nel Mezzogiorno la Svimez ha indicato strade precise e altrettanto definite aree di intervento. Partiamo dalla prima: le filiere territoriali logistiche. Cosa e quante sarebbero al Sud?
Il Mediterraneo, nonostante le turbolenze sociopolitiche avutesi nei mesi scorsi nella sua parte orientale, è un'area molto promettente in cui i traffici mondiali crescono e si incrociano. Proprio in ragione di questa potenzialità, notevoli potrebbero rivelarsi le opportunità di integrazione globale non solo per il Mezzogiorno ma per l'intero Paese.
Andrebbero pertanto create nel Sud delle filiere territoriali logistiche (FTL), vale a dire un insieme di attività commerciali e logistiche adiacenti a un porto, che via mare importino materie prime e semilavorati, le lavorino per poi esportarle dando luogo così a un positivo circuito di creazione di valore aggiunto, crescita e occupazione. La SVIMEZ ha individuato nel Mezzogiorno sette FTL, ovvero: Abruzzo meridionale (Pescara, Ortona, Vasto, Termoli); basso Lazio e alto casertano (Gaeta, Napoli); Torrese‑Stabiese (Torre Annunziata, Napoli, Salerno); Bari‑TarantoBrindisi; piana di Sibari (Corigliano, Gioia Tauro); Sicilia orientale (Catania, Augusta); Sardegna settentrionale (Olbia, Porto Torres, Golfo Aranci, Oristano).
Quelle scelte sono aree in cui già sono presenti delle strutture attrezzate, che grazie a ulteriori investimenti infrastrutturali potrebbero rendere concreta la prospettiva di inserimento del Mezzogiorno nel traffico mediterraneo.

Passiamo alla seconda area: la geotermia. Perché si dovrebbe investire proprio su questa fonte di energia rinnovabile?

La geotermia è un po' la grande sconosciuta delle rinnovabili, nonostante sia nei fatti migliore di molte altre fonti alternative: è più ecologica perché, ad esempio, non crea alcun problema di smaltimento e di cannibalizzazione delle produzioni agricole come invece accade per il fotovoltaico, non ha fasce orarie perché non legata ad agenti atmosferici (sole, vento) e, soprattutto, non comporta enormi investimenti.
Nonostante però queste potenzialità inespresse, a parte lo storico impianto di Larderello in provincia di Grosseto, non esistono altri impianti di geotermia nel nostro Paese anche se le aree italiane con la maggiore ricchezza geotermica si trovano proprio nel Mezzogiorno, lungo il Tirreno meridionale, in Campania, Sicilia, in un'enorme area off shore che va dalle coste campane alle Isole Eolie e, in misura minore, in Sardegna e in Puglia.
Pur non avendo quindi nulla da invidiare in termini di dote all'Islanda che, grazie alla geotermia, addirittura esporta energia, l'Italia è molto indietro su questo fronte e nulla è stato fatto in proposito.
Finita la stagione del ritorno al nucleare, ritengo che la geotermia debba rientrare in un più complessivo piano energetico nazionale.
Ci auguriamo, pertanto, che il Governo Monti abbia la capacità e la volontà di far partire subito questa strada innovativa che, accanto ad altre fonti più tradizionali, può dare un contributo molto forte al sostegno alle attività produttive rendendole più forti e riducendo al contempo la dipendenza energetica dall'estero.

Altro filone interessante per la Svimez: l'acqua.
La proposta è di pensare a un nuovo modello di sviluppo fondato appunto sul Distretto idrografico dell'Appennino meridionale. Nello specifico seguendo quali modalità per quali risultati?

Il Distretto Idrografico dell'Appennino Meridionale comprende sette regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Molise e Puglia). Il programma ha l'obiettivo di armonizzare quantità e qualità
delle risorse idriche, sistema ambientale, fognario, depurativo, irriguo e industriale. Le regioni del Mezzogiorno hanno siglato un primo protocollo di intesa per dare impulso al Distretto anche perché è un ente unico così definito e codificato dall'Unione Europea.
Si potrebbero impegnare in questo piano di investimento che prevede opere già cantierabili per un suo razionale dell'acqua fondi strutturali sbloccati, invece di rischiare di non riuscire ad impiegarli. Ci auguriamo che anche su questo fronte il Governo tecnico capisca la rilevanza anticiclica di questo progetto che vale la pena ricordarlo è già pronto, disponibile. Noi della Svimez lo abbiamo segnalato perché nel piano per il Sud precedente non era neanche stato preso in considerazione, forse per una non perfetta conoscenza della realtà delle cose in essere. È molto importante poi che anche le regioni sostengano questa opportunità e che il Governo si
faccia carico di renderla strategica.

In tema di provvedimenti industriali, invece, la Svimez su quali suggerisce di puntare?
Secondo noi della Svimez bisognerebbe insistere con sempre maggiore convinzione sulla creazione di misure selettive per aumentare le dimensioni medie delle imprese, promuovendo in particolare la formazione di aggregazioni e "reti" di imprese, favorire un maggiore accesso al credito; aumentare il grado di apertura verso l'estero e la formazione di distretti tecnologici, laboratori pubblico‑privati e spin off.

Un'ultima domanda: ritiene che dalle liberalizzazioni potrebbe arrivare davvero lo slancio necessario al nostro Paese per sfuggire alla recessione?
Anche il Mezzogiorno beneficerebbe di una simile svolta? Personalmente non riesco al momento a rintracciare nelle liberalizzazioni questa grande capacità di valere il 10‑12% del Pil nazionale, questa svolta epocale. Forse potrebbero anche rivelarsi tali, ma senz'altro in tempi più lunghi. Potrebbero invece fin da subito essere un'utile cornice a una più complessiva e organica strategia per la crescita per renderla più rapida, efficiente ed efficace.
In questa cornice poi va messo il vero quadro che è, appunto, la strategia per la crescita di cui però ancora non si ravvisano gli ingredienti né una chiara linea di azione, tanto meno per il Mezzogiorno.

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