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  Dicembre 2012

Articoli n° 05
GIUGNO 2011
 
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Boccia: «Ritrovare la capacitÀ di PROGETTARE il futuro»

PAOLAZZI: «Le imprese devono intraprendere il cambiamento anzitutto per se stesse»

Boccia: «Ritrovare la capacitÀ di PROGETTARE il futuro»

Il tema della riforma fiscale occupa il gradino più alto nella scala delle priorità degli imprenditori, che sarebbero in gran parte disposti ad accettare un lieve aumento dell'Iva in cambio di una riduzione dell'Irap

di Raffaella Venerando

Vincenzo Boccia Presidente Piccola Industria - Confindustria

Per le Assise di Bergamo, Confindustria e Piccola Industria hanno chiamato a raccolta l'intera comunità degli imprenditori per dare vita mediante un confronto dall'interno a una proposta organica di politica economica. Innanzitutto, quale è stato il sentiment emerso? Da nord a Sud con quale animo hanno risposto gli industriali al vostro appello?

Credo che una prima prova dell'interesse e della volontà di partecipazione sia data dal numero delle adesioni che l'evento ha registrato. Alle Assise di Bergamo, la cui convocazione ricordiamo è maturata dopo un confronto tra il Consiglio Centrale di Piccola Industria e la presidente Marcegaglia, hanno partecipato oltre 5.700 imprenditori. Questa risposta da un lato dimostra la consapevolezza da parte del nostro sistema della difficile situazione economica del Paese, con una crescita troppo bassa e una politica economica poco incisiva, alla quale si accompagna pertanto il naturale bisogno di discutere e di confrontarsi; dall'altro assegna a Confindustria una responsabilità ancora più elevata nel farsi portatrice delle istanze degli imprenditori, disattese ormai da troppo tempo.

Il macro problema del nostro Paese, come confermato dagli ultimi dati del Fondo Monetario Internazionale, è infatti il tasso di crescita ancora "modesto", risolvibile mettendo mano a riforme strutturali. Secondo Confindustria come si può sbloccare la crescita?
La prima considerazione da fare è che la crescita si ottiene solo attraverso l'innovazione, un concetto che va declinato in più direzioni e che supera la semplice innovazione di processo o di prodotto per includere anche la modernizzazione della gestione d'impresa attraverso la figura del manager, l'ingresso di azionisti esterni nel capitale sociale dell'impresa e la maggiore proiezione sui mercati esteri. Quest'ultimo aspetto è di grande importanza se consideriamo che la domanda interna resterà ancora debole, mentre per la domanda mondiale si stima a fine 2011 una crescita vicina al 7%. Tuttavia, anche nelle relazioni commerciali con l'estero le nostre imprese sono chiamate a un ulteriore sforzo di cambiamento. L'indagine condotta su un campione di Pmi manifatturiere associate a Confindustria e contenuta nel volume "Costruire il futuro Pmi protagoniste" mostra, ad esempio, che il tipo di rapporti è ancora limitato alla sola vendita dei prodotti, una versione cioè "mordi e fuggi" dell'export. Acquisti e approvvigionamenti collegati alla produzione riguardano solo un quarto delle imprese, mentre appena l'11,8% ha costituto uffici commerciali all'estero.

Nella lista delle priorità delle imprese quale problema svetta sugli altri?
Quale tavolo ha riunito attorno a sé maggiore partecipazione?

Non c'è dubbio che il tema della riforma fiscale occupi il gradino più alto nella scala delle priorità degli imprenditori, i quali come è emerso alle Assise sarebbero in gran parte disposti ad accettare un lieve aumento dell'Iva in cambio di una riduzione dell'Irap.
La bassa crescita dell'Italia trova d'altronde nell'eccessivo prelievo fiscale cui sono sottoposti lavoratori e aziende una delle sue cause principali. Nei fatti non competiamo ad armi pari se in Italia il tax rate complessivo sfiora il 70%, mentre in Germania tanto per citare il paese che i nostri imprenditori indicano come principale concorrente è sotto il 50%.
L'altro tema emerso con grande vigore è quello delle relazioni industriali sul quale Confindustria proseguirà il cammino intrapreso con la riforma della contrattazione del 2009, che salvaguarda il ruolo del contratto collettivo nazionale ma al contempo indica l'opportunità di spostare il peso della contrattazione collettiva verso il livello aziendale. Questo tema, fra l'altro, si intreccia con la necessità di risollevare il nostro tasso di occupazione che resta al di sotto della media Ocse e vede particolarmente penalizzati i giovani.
Proprio al fine di favorire il loro ingresso nel mondo del lavoro, occorre rilanciare la formula del contratto di apprendistato, valorizzando la formazione in azienda e agendo nella logica di un patto fra le generazioni.
Accanto a questi temi è stata sottolineata, inoltre, l'importanza di rendere il processo decisorio più veloce, con particolare riferimento ai provvedimenti che riguardano la realizzazione delle infrastrutture prioritarie per il Paese.

Le Assise sono state utili anche per riflettere sul ruolo, l'organizzazione e il futuro della stessa Confindustria?
Certamente. L'autorevolezza si conquista giorno dopo giorno dando per primi l'esempio. In merito c'è stata ampia condivisione sulla necessità di essere meno rituali, rinunciando a qualche occasione mediatica e indirizzando tutte le nostre energie all'elaborazione di proposte concrete per il Paese. E se quindi il compito di Confindustria non cambia, l'organizzazione interna deve soddisfare gli stessi requisiti di efficienza che si richiedono alle imprese.

E ora, fatta una mappa dei problemi più sentiti, come si arriverà alla proposta complessiva di politica economica?

Le principali istanze espresse dagli imprenditori hanno già trovato un primo riepilogo nella relazione della presidente Marcegaglia all'Assemblea annuale, che peraltro ha voluto ribadire come da tre anni Confindustria avanzi proposte nell'interesse del Paese. Misure più dettagliate arriveranno una volta terminata la fase di elaborazione delle idee raccolte a Bergamo dalla viva voce degli industriali.

Nei giorni in cui si svolgevano le Assise veniva approvato dal Consiglio dei ministri il decreto sullo sviluppo. C'è stato modo per discutere anche di quello?

Poiché sul decreto sono previste modifiche in Commissione Bilancio e Finanze prima dell'arrivo in Aula, ogni giudizio sul temaè prematuro. Ciò che possiamo al momento dire è che il pacchetto di semplificazioni va nella giusta direzione. Nel complesso il giudizio è positivo per quanto riguarda la tenuta dei conti, mentre invece non riscontriamo analoga attenzione ai temi della crescita e dello sviluppo.

Più in generale, qual è il giudizio degli imprenditori sulla politica italiana a tutti i livelli?
C'è una sostanziale delusione. La critica va in particolare alla "politica degli annunci" che si è perseguita negli ultimi tempi e che è diventata il modus operandi del governo. Ciò significa non portare a termine i progetti e le riforme intraprese, con gravi ripercussioni sulla politica economica del nostro Paese. Le Germania, ad esempio, sta registrando un aumento dell'occupazione e della produttività, ma questo risultato non nasce oggi, è frutto di scelte che quel paese ha già fatto insieme alle parti sociali.

Concludendo, qual è l'Italia futura che vogliono gli imprenditori?
Il primo passo da compiere è abbandonare la logica dello "stiamo bene così" e ritrovare la capacità di progettare il futuro. Vogliamo un paese dinamico, che valorizzi le sue risorse migliori e che sia in grado di attrarne altrettante dall'estero, in termini di imprese e di capitale umano. L'ingresso dei paesi emergenti nel mercato mondiale e l'avvento delle nuove tecnologie hanno cambiato le regole del gioco. Dobbiamo adattarci e farlo presto perché il tempo è una variabile determinante per la competitività.

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