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  Dicembre 2012

Articoli n° 05
GIUGNO 2011
 
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Le Assise di Bergamo e le attese di un nuovo MEZZOGIORNO

Siamo di fronte a un salto di qualità nelle proposte provenienti dal mondo produttivo per riavviare nelle regioni meridionali il circolo virtuoso dello sviluppo: non servono interventi a fondo perduto e sussidi a pioggia, così come non serve l'intermediazione politica.

Esiste anche nel Sud un significativo nucleo di imprese eccellenti che non si differenziano da quelle del resto del Paese e che, facendo leva su valorizzazione del marchio, distribuzione, qualità, innovazione, affrontano a viso aperto le sfide della globalizzazione

Per un migliore utilizzo di queste risorse Confindustria ha proposto: di ridefinire con la Commissione Europea i programmi d'intervento; di concentrare gli interventi su poche priorità (infrastrutture, scuola, sicurezza, ambiente, energia, ricerca & innovazione); di migliorare il coordinamento tra Stato e Regioni

Cristiana Coppola
Vice Presidente Confindustria per il Mezzogiorno


Le Assise di Bergamo sono state un grande momento di aggregazione, di presenza e di proposta per le migliaia di imprenditori che vi hanno preso parte.
In particolare, la folta rappresentanza meridionale (oltre 800 imprenditori) ha costituito un segno importante di attenzione e di impegno, non solo verso Confindustria, ma verso l'intero Paese. É molto significativo il fatto che ciò sia accaduto in un momento caratterizzato da una crisi economica dalla quale, soprattutto nelle nostre regioni, stiamo uscendo con fatica, da riforme più annunciate che attuate, da una politica troppo spesso distratta che non di rado offre uno spettacolo poco edifi‑ cante di sé. Eppure, tra tante difficoltà, nel focus group dedicato ai temi del Mezzogiorno, come pure nella sessione plenaria delle Assise, è risuonata forte e chiara la voce compatta di un nuovo Mezzo‑ giorno imprenditoriale, convinto che il Sud potrà uscire dalla crisi e riprendere a crescere, trovando al sua interno la forza di cambiare e di riformarsi fortemente. Si è notata, insomma, una voglia diffu‑ sa tra gli imprenditori del Sud di liberarsi dalle bardature del passato, fatte di rivendicazioni, assi‑ stenzialismo, clientelismo, e di assumere come riferimento i valori della responsabilità, dell'efficien‑ za, dell'impegno. Le Assise hanno confermato che siamo di fronte a un salto di qualità nelle proposte provenienti dal mondo produttivo per riavviare nelle regioni meridionali il circolo virtuoso dello sviluppo: non servono interventi a fondo perduto e sussidi a pioggia, come non serve l'intermedia‑ zione politica nelle sue diverse forme. Obiettivi prioritari sono invece individuati in una molteplicità di fattori che incidono sul contesto nel quale si opera: un grande investimento nella scuola capace di accompagnare la modernizzazione di un tessuto, di un sistema, di una intelligenza collettiva; l'avvio dei progetti cantierabili e già dotati di finanziamento in infrastrutture materiali (trasporti, logistica, banda larga) e immateriali (ricerca e innovazione, formazione, università); la riqualificazione del modello di specializzazione, puntando su quei settori (turismo, agro alimentare) e quei fattori (quali‑ tà, innovazione, marchi, internazionalizzazione) che possono essere drivers dello sviluppo trasver‑ sali a tutte le aree di business; la possibilità di poter contare su uno strumento di accompagnamento dello sforzo di investimento semplificato e automatico (credito d'imposta). Tutto questo, inquadrato nella "normalità" di una buona amministrazione, in grado di offrire servizi efficienti ai cittadini e alle imprese. Certo, sullo sfondo restano i forti ritardi di natura strutturale che dividono il Sud dal resto del Paese: basti citare il dato delle esportazioni che rispetto al PIL non supera l'8% (in calo rispetto al 9,3% del 2005), mentre nel Centro Nord raggiunge il 21,7% (la media UE‑27 è al 16,9%). O, ancora, la quota della spesa in R&S sul PIL, pari nel 2008 allo 0,91% ben lontana dalla media UE‑27 (1,92%) e ancor più dal 3% fissato da Europa 2020. Tuttavia, come si è visto a Bergamo e come dimostrano in modo netto le analisi svolte sui bilanci di 6500 imprese, pubblicate nello Speciale Check up curato dall'Area Mezzogiorno di Confindustria, esiste anche nel Sud un significativo nucleo di imprese eccellenti che non si differenziano da quelle del resto del Paese e che, facendo leva sui valori prima richiamati (valorizzazione del marchio, distribuzione, qualità, innovazione), affrontano a viso aperto le sfide della globalizzazione. É un impegno ‑ e questo è l'altro messaggio presente nelle testimonianze degli imprenditori ‑ che avrà tante maggiori probabilità di successo quanto più efficace sarà la capacità da parte delle Amministrazioni centrali e locali di impegnare proficuamente le risorse messe a dispo‑ sizione dall'Europa per assicurare nel Mezzogiorno "normali" condizioni di vita ai cittadini e alle imprese. Confindustria e il suo Comitato Mezzogiorno si sono fortemente impegnati su questo problema. Per effetto dei ritardi strutturali che prima ricordavo, il Sud è uno dei maggiori beneficiari di risorse finanziarie europee: nel periodo 2007‑2013, le sole regioni interessate dall'Obiettivo Convergenza hanno a disposizione circa 43,5 miliardi di euro tra fondi strutturali e relativo cofinanziamento. Si tratta di risorse ingenti e fondamentali per il consolidamento del contesto esterno, ma il loro utilizzo è insoddisfacente: a dicembre 2010, i pagamenti rendicontati ammontano al 9,6% del totale, rispetto ad una media UE di circa il 18%. Se si considerano le difficoltà dei conti pubblici e della situazione socio‑economica dei territori meridionali, evitare lo spreco di queste risorse deve rappresentare un primario interesse nazionale. Anche perché l'Italia, ricordiamolo, è tra i primi contribuenti netti al bilancio dell'Unione, con un saldo negativo tra quanto versiamo e quanto riceviamo pari a circa 6 miliardi di euro annui. Per un migliore utilizzo di queste risorse Confindustria ha proposto: di ride‑ finire con la Commissione Europea i programmi d'intervento; di concentrare gli interventi su poche priorità (infrastrutture, scuola, sicurezza, ambiente, energia, ricerca & innovazione); di migliorare il coordinamento tra Stato e Regioni; di fissare regole più stringenti per le amministrazioni, compresa la previsione di poteri sostitutivi in caso di inadempienze e ritardi. La gran parte di queste "racco‑ mandazioni", condivise con le altre parti sociali in un documento comune del Tavolo Crescita e Occupazione, sono state recepite dal Governo nel Piano per il Sud e nei documenti successivi (DEF e PNR). Ma evidentemente il più resta da fare, soprattutto per quanto riguarda l'attuazione degli impegni annunciati. Rimodulare le risorse della vecchia e della nuova programmazione non signi‑ fica stravolgere piani e programmi (operazione a rischio per i programmi europei che impone tempi stretti di rendicontazione per non incorrere nel meccanismo del disimpegno automatico). Significa valutare attentamente le prospettive di realizzabilità di ciò che si è scelto e selezionare nuovi progetti sulla base della loro fattibilità nei tempi fissati dalla programmazione. La disponibilità del Commis‑ sario Hahn, ribadita più volte negli ultimi mesi, è positiva, ma va riempita di contenuti. Così come vanno sviluppate le prime, timide, aperture a livello europeo sulla possibilità di adottare strumenti specifici per promuovere la produttività in regioni in ritardo di sviluppo, che possono preludere all'adozione di misure di fiscalità differenziata. Al momento il Mezzogiorno è privo, di fatto, di strumenti di sostegno per nuovi investimenti produttivi: è quindi urgente che il Governo accerti con la Commissione Europea la possibilità di rifi‑ nanziare con risorse comunitarie uno strumento di tipo automatico (credito d'imposta) volto all'ac‑ quisto di beni strumentali intesi come veicolo di innovazione. Non si tratta tanto di superare un divieto formale sullo strumento (essendo il regime di aiuto già stato autorizzato), quanto di costruire una proposta operativa coerente con le indicazioni programmatiche prima ricordate, capace di superare il "vincolo dell'opportunità". Ciò significa che la proposta dovrà tenere in debito conto quegli elementi di qualità della politica industriale fissati dalla Commissione (innovazione, interna‑ zionalizzazione, ricerca, ecc.). Al tempo stesso, la proposta per rispettare i vincoli procedurali dovrà essere costruita in maniera tale da soddisfare i requisiti di trasparenza e di tracciabilità dei progetti d'investimento, apportando al sistema vigente le opportune modifiche. Ci attendiamo che il Gover‑ no sappia dare una risposta rapida a questa esigenza.

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