di Antonello Tolve
Critico d’arte
Il mondo delle aste/3
Nel mondo dell'arte bisogna attendere il tempo giusto anche per diventare famosi, pena la messa a repentaglio della propria autenticità
Anche se le trasformazioni interne della casa d'aste restano, grossomodo, invariate - nell'insieme la casa d'aste resta il luogo di vendita dell'opera e anche di rincaro dei prezzi dell'intera produzione dell'artista - l'asta è considerata, attualmente, come il luogo per eccellenza attraverso il quale fare affari e scommettere sul rincaro.
Al giorno d'oggi, ed è un dato di fatto, l'asta assume un valore decisivo per l'arte e per il suo creatore.
Per far schizzare alle stelle la produzione di un artista basta inserire alcune sue opere nel lotto di un'asta e ricalibrarne il prezzo perché si veda una considerevole impennata dell'intera produzione dell'artista di turno. Un effetto che, se sotto alcuni aspetti può essere considerato nocivo - soprattutto quando il valore reale dell'opera non coincide con quello di mercato -, sotto altri, viceversa può avere una valenza positiva, ma soltanto quando il valore dell'opera (e la sua stima) viaggiano di pari passo.
Una ulteriore negatività che può essere contratta è legata alla frettolosità dell'artista che, in preda all'impulso di ricevere ingenti somme di denaro, perde di vista il proprio lavoro e consuma, come il giovane Čartkòv descritto da Gogol', alcune doti per favorire le mode del momento.
Difatti, il giovane artista disegnato dalla penna di Gogol' perde le sue straordinarie doti per assecondare un gusto generale e omologante immediatamente dopo aver puntato sul proprio nome ed aver investito dieci ducati su un prestigioso giornale che, per ricambiare il disinteressato contributo dell'artista, fa apparire un articolo in cui vengono elogiate, via via, le doti e la freschezza del suo pennello.
Insomma, il desiderio di poter raggiungere nell'immediato, senza considerare l'importanza di una sedimentazione creativa e di una padronanza stilistica, le vette della celebrità, fuorviano, in molti casi, l'artista dal proprio lavoro e declinano la qualità dei propri studi e delle proprie formule creative verso un sentiero scandalistico per raggiungere una linea mediatica capace di assicurare, non sempre, un rapido decollo.
I vari studenti che affollano le accademie d'arte del mondo, i giovanissimi artisti che si affacciano sulla balconata di un mondo spettatoriale e guardano, agognandola, la passerella malata delle star dell'arte e del mercato planetario (che elogia e consolida soltanto il già consolidato) dovrebbero attendere - certo non senza organizzare le necessarie relazioni in grado di provocare le giuste mosse per il proprio percorso - un po' di tempo prima di avviarsi a scalare il mondo dell'arte.
E dovrebbero, inoltre, avvertire le perniciosità di una fretta che porta (certo a volte anche ad un vero successo immediato, non lo metto in dubbio) ad una fissazione, ad una vera e propria febbre dell'oro fuorviante, e, nella maggiore dei casi, omologante. Una omologazione che significa perdita - volontaria o involontaria - dell'autenticità.
Basta frequentare una fiera, una delle tante che costellano il panorama artistico dell'arte, per verificare una costante comunanza tra artisti che producono opere fatte con lo stampino, esageratamente simili tra loro tanto che, mutando il nome di un'artista a un'opera, è possibile riconoscerne la paternità a un qualsivoglia artista presente in fiera.
Far ritorno all'autenticità vuol significare, per l'arte, riprendere in mano un prefisso indispensabile e un momento glorioso della produzione artistica, del valore reale dell'opera, della ricerca e della solidità di ogni scelta e di ogni contrada estetica. |