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  Dicembre 2012

Articoli n° 10
DicEMBRE 2011
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Calendario d'arte DE LUCA 2012: dove C'È Ernestine C'È casa


Calendario d'arte DE LUCA 2012: dove c'È Ernestine c'È casa

Torna l'appuntamento dedicato alla ceramica d'autore

di Eduardo Alamaro

E cinque! É il quinto calendario d'arte di seguito che curo dal 2008 per la De Luca di Salerno.
Tutti anni santi della ceramica d'arte. Arte applicata al territorio salernitano, della quale la famiglia De Luca è frutto laborioso.
Per me l'arte è lavoro, innanzitutto.
È arte impresa & arte compresa dai molti e dalle moltitudini. Per un utile sociale. Su questo punto basico vado molto d'accordo con i De Luca, col mitico don Peppe e con i suoi intraprendenti figli.
E perciò elaboro, ogni anno, per la loro azienda d'arte cartaria, questi calendari, ormai un classico. Un appuntamento che "la gente nostra", quella affezionata della costiera maiolicata d'Italia, attende. Rimandavamo sempre l'appuntamento in calendario d'arte con la fascinosa madame "Ernestine" di Salerno. Ernestine Virden Cannon è la più liberty‑na, la più struggente, la più decò e "pucciniana" delle manifatture ceramiche del secondo dopoguerra italiano. Con quei tipici decori che la vestono e la in‑vestono, può dirsi "la Butterfly della costiera d'Amalfi"; la farfalla, la peonia venuta fin qui da chi sa dove. É il mistero d'Oriente fatto ad arte italiana internazionale; la seduzione esotica ospite quotidiana in casa nostra.
Parafrasando una nota pubblicità Barilla, si può dire: "Dove c'è Ernestine c'è casa". Modello d'esportazione USA e non‑getta. Sono stato sempre riluttante ad occuparmene, a entrare seriamente in questa donna misteriosa. In questo amore arte‑industria (all'epoca) proibito. In quella raffinata manifattura ceramica. In quel fatale snodo commerciale artindustriale del Mezzogiorno da indagare. Lei & la sua radice‑design erano "una cosa" troppo‑complicata per non far brutte figure storico‑critiche.
Per tentare una ricostruzione documentata e non immaginaria di quella fabbricazione d'arte applicata. E poi il vuoto: quel bianco interrogativo e magmatico che caratterizza il suo tipico decoro, i piatti, i vassoi, i vasi, specie della prima fase, quella vera‑ernestine, mi spaventava, attraeva, seduceva, respingeva.
E non tanto per ciò che vedevo, ma per quello che intuivo ci fosse dietro e dentro quel bianco. In quel nulla, in quel decoro, in quei fiori orientali che galleggiano sull'acqua dei nostri laghetti dell'immaginario.
È un vuoto generatore di malia, produttore di in/felicità, quello dell'Ernestine. É il numero zero della ceramica industriale. Fui fortunato. Cercai, incontrai Horst Simonis, una gran fonte, di prima mano d'impresa. Il grande ingegnere ceramico tedesco, fondamentale della vicenda Ernestine e del post/Ernestine, ricordava bene fatti ed episodi specifici, che io annotai puntualmente, negli ultimi anni della sua vita.
E che pubblicai in specifici articoli…che qui, in questo Calendario d'arte De Luca 2012, si ripubblicano in anastatica, sul verso dei singoli mesi laboriosi. Altro contributo riportato in anastatica è quello con l'altro pilastro della Ernestine: Pasquale Franzesi, recentemente scomparso!
Credo che a tutt'oggi rimanga la testimonianza scritta più certa su quella vicenda d'arte‑impresa di Salerno. Molti restano ancora i nodi da sciogliere, di questa innovativa manifattura ceramica. Infatti tutto va sotto il marchio "Ernestine", ma sono evidenti le differenze di fasi. Cioè le varie mani e teste che, via via, si sono succedute nell'azienda, nel ruolo di direttori artistici, di artisti‑designer, di assoluti vasai.
Ci sono prodotti dovuti alla Ernestine Cannon in prima persona; ci son "cose" della fase di Diodoro Cossa; poi quella (anni '68) di Giacomo Onestini, che in questo calendario si documentano e si ripropongono con lo slogan: "Ernestine, un lusso per tutti!".

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