È ancora CRISI,
ma È tempo di contare i danni”
L'INTERVISTA - Bianchi: «Necessari i fondi per il riequilibrio
territoriale nel nostro Paese»
L'INTERVISTA - Meldolesi: «La Campania ha bisogno
di un’alleanza tra le sue forze sane»
L'INTERVISTA -Lanza: «Occorre una svolta strumentale
nella condotta delle Regioni meridionali»
L'INTERVISTA
Meldolesi: «La Campania ha bisogno
di un’alleanza tra le sue forze sane»
di Raffaella Venerando
Luca Meldolesi
Docente di Cultura Economica e societaria
Università di Napoli Federico II
Professor Meldolesi, le ultime rilevazioni Istat, così come i dati che emergono dal "Check up Mezzogiorno" di Confindustria, fotografano il nostro Paese in affanno, con il Sud in stato di emergenza: Pil in caduta libera, crollo dell’occupazione e con esso anche la pesante riduzione di produttività ed export. Come si fa ad uscire da questo buio tunnel?
La situazione economica che stiamo vivendo è ardua e complessa. Nel nostro Paese la crisi - oggettivamente - è fatta di dati numerici negativi che restituiscono l’immagine autentica di come stanno veramente le cose (e, nello stesso tempo, di ciò che percepiscono gli italiani). Credo che, nonostante le difficoltà, l’Italia tutta non debba perdersi d’animo: debba reagire. In particolare il Mezzogiorno deve riuscire a scuotersi; a venir fuori da una certa, innegabile, passività in cui si trova per ingaggiare una battaglia civile che in questo particolare momento storico appare indispensabile: una battaglia che sia da un lato a favore dell’impresa, della professionalità, del merito, e dall’altro - e questo è un passo a mio avviso decisivo per il Sud - sia contro la corruzione, il crimine e le altre forme patologiche ed assistenzialiste collegate a questi fenomeni.
Non si corre secondo lei il serio rischio che la crisi da economica diventi sociale e poi politica?
Credo che il pericolo che lei paventa sia ormai realtà. Bisognerebbe riuscire a invertire questa tendenza tenendo conto di un duplice obiettivo. Esiste, certo, un problema di rigenerazione del Paese, di ripresa economica. Ma è anche necessario capire che la crisi può essere un’opportunità per comprendere dove - come Paese - “stiamo andando” o “potremmo andare”. Con un certo stupore devo ammettere che su questo punto le forze politiche ed istituzionali non si stanno interrogando a fondo. Dopo tanti anni di lavoro in Italia e all’estero, sono arrivato alla conclusione - suffragata da numerosi “reperti” illuminanti, antichi e recenti - che il nostro Paese ha in sé delle potenzialità enormi di federalismo democratico: ovvero di quel tipo di federalismo che vige in Australia, in Canada, negli Stati Uniti. Un federalismo che - preciso per evitare equivoci - è molto lontano da quello di cui tanto si parla oggi nel nostro Paese.
Oltre al calo dell’occupazione, l’Istat restituisce un altro dato impressionante: nel 2009 sono ancora 2 milioni e 600mila i lavoratori a nero, cifra che diventa più che doppia al Sud. Considerata la sua lunga esperienza, in che modo si combatte il fenomeno del sommerso?
Come lei sa, dal 1999 al 2008 sono stato Presidente del Comitato per l'emersione del lavoro non regolare: prima presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, poi presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. In quegli anni ho provato con tutte le mie forze a “rimettere ordine” in questa questione, talvolta con risultati lusinghieri, talaltra problematici, per non dire negativi. Sono però giunto ad una conclusione generale: soprattutto al Sud il fenomeno del sommerso continua ad essere molto consistente perché esiste una sorta di divario di fatto assai consistente tra la condizione istituzionale del Paese (le sue strutture e le sue leggi) e la situazione reale: con questo intendo dire che noi ci siamo sforzati di modificare la realtà territoriale, di ricomprenderla nelle leggi dello Stato, di fare in modo che rispondesse effettivamente a quelle leggi; ma è altrettanto vero che il processo inverso non ha messo radici. La verità è che molte disposizioni e comportamenti delle istituzioni a livello centrale e locale non rispondono affatto alle esigenze delle imprese; e svolgono quindi un ruolo oggettivo di immersione (non di emersione!). Pertanto, se noi potessimo camminare per un percorso di federalismo democratico – quello del Nuovo Mondo cui accennavo - certamente la questione prenderebbe altri aspetti e sfaccettature: diventerebbe finalmente padroneggiabile e risolvibile.
Come commenta le dichiarazioni del vice segretario del Pd Enrico Letta secondo cui la Campania - sotto il profilo economico - è una zavorra per l’intero Paese?
Penso che questa dichiarazione, che, peraltro, ricorda quelle di tanti esponenti della maggioranza, sia stato un autogol imperdonabile. Certo, Letta è stato molte volte al Sud, ma non credo conosca il Mezzogiorno in maniera approfondita. Convinzioni del genere non aiutano: dividono. Ritengo piuttosto che, nonostante le ineludibili differenze territoriali, o ci salviamo tutti insieme - italiani del centro-nord e del sud - trovando la strada giusta del vivere civile, della ripresa democratica e dello sviluppo del Paese o le cose andranno male per tutti. Non è corretto né utile contrapporre i territori tra loro. Non è questa la giusta via.
Posto che il gap economico e sociale del Mezzogiorno è una realtà, anche grave, come si riattivano le politiche di sviluppo per il Sud e quali sarebbero le priorità di cui tener conto?
Oggi per la Campania in particolare - ma il discorso vale un po’ per tutto il Sud - appare indispensabile un’alleanza tra le forze sociali e politiche di buona volontà; un accordo tra la componente imprenditoriale ed i “faticatori” di tutte le professioni, per rivendicare il primato degli interessi collettivi su quello dei molti fattori parassitari e patologici che condizionano, purtroppo, la nostra vita civile. è un aspetto prioritario che solo può (e deve) suggerire nuove politiche di sviluppo e di democratizzazione, come quelle che ho cercato di costruire negli anni. Oltre le colorazioni e le divisioni politiche, bisognerebbe che le forze sane dei nostri territori alzassero il capo e la voce, mettendo mano ad una ricostruzione effettiva della nostra regione. A mio avviso, è questa presa di coscienza e di responsabilità “senza se e senza ma” che ancora manca… |