di Antonello Tolve
Critico d’arte
Il mondo magico
di Annalisa Macagnino
Scenari vivaci e leggeri, cromatismi squillanti, ghirigori ai margini di fogli sparsi o di quaderni, animaletti e corpi bizzarri, squisiti prefissi erotici e ironici che risimbolizzano la galassia femminile mediante escamotages iconografici spigolosi e pungenti, segni e segnali strappati alla realtà e riproposti tramite una cifra estetica che dimentica a memoria luoghi e occasioni per confluire in un territorio di carta dove tutto può accadere. Il mondo magico proposto da Annalisa Macagnino (nata a Tricase, in provincia di Lecce, nel 1981) reinveste la realtà quotidiana di carico immaginifico per evidenziare un atteggiamento teso ad oscurare i sentieri della ragione e ad elogiare i paesi della fantasia, di un sogno che si fa segno verbale per cortocircuitare la normalità a favore di un paesaggio interiore (apparentemente) delicato, fortemente acuto e provocante.
Dai vari - e davvero straordinari -Senza titolo (2008-2009) a Jesus Save Me (2009), da Hot Dog (2009) che rappresenta un busto femminile con sette asticelle nere identificabili con pseudowürstel a Fuck Me!! in cui è possibile leggere, a caratteri cubitali, «The Interest Rate Increased By 6,7% Fuck Me!!», appunto, Macagnino interpreta il mondo della vita per formulare, di volta in volta, un abbecedario visivo che prende per la coda la realtà e ne trascina il corpo nell'impero dell'immaginazione.
«Il disegno - suggerisce l'artista a chi scrive - è libera espressione di uno stato d’animo, traduzione immediata del pensiero, è come scrittura automatica».
Ed è proprio attraverso il disegno - un disegno minimo ed efficace, embrionale a volte - che Annalisa Macagnino propone un infinito dialogo (infinito intrattenimento direbbe Maurice Blanchot) con forme e figure del pensiero; un pensiero per immagini - Bildhafte Denken - che fruga foglia a foglia le cose quotidiane reinterpretandole, reinventandole, reificandole, mediante un segno subconscio che seduce e stordisce lo spettatore con ingredienti e addentellati visivi vicini alla cultura estremorientale.
Corpi frammentati, smontati e burattinizzati (che fanno pensare ai manichini snodabili utilizzati per le vetrine pubblicitarie), parti anatomiche - labbra, denti, lingue, linguacce ecc.- riprodotte più volte fino a creare una costellazione di forme che vagano sul foglio alla ricerca di un nome e d'una identità. E poi, ancora, piccoli corpi femminili appena tratteggiati e punzecchiati, pose di varia natura, segnali stradali riformulati secondo un gusto personale e scritte che puntellano il mondo con una dolce ferocia. Di pagina in pagina, di foglio in foglio, Annalisa Macagnino presenta un universo formale elegante ed avvincente che, se da una parte ricorda alcune questioni stilistiche legate a figure quali Carol Rama, Louise Bourgeois e, per alcuni aspetti, Maria Lai, dall'altra scansa le formule preconfezionate per spaziare nei territori del fumetto e dell'illustrazione. Ma con una cintura di sicurezza estetica che oltrepassa l'illustrazione (come genere) tout court per addentrarsi, piuttosto, in un paesaggio formale che transita (e non sosta) lungo binari visuali diversi e diversificati per sfuggire alle morse terroristiche della ragione - alla religione della ragione (Dorfles) - e offrire, via via, un terreno di contatto tra mythos e logos, razionale e irrazionale, reale e quello che reale non è.
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