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  Dicembre 2012

Articoli n° 05
GIUGNO 2010
 
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ambiente: l’importanza della ricerca per la prevenzione e l’adattamento
ai cambiamenti climatici

Castellari: «Le proiezioni climatiche presentate nell’ultimo rapporto dell’IPCC (AR4)
- focalizzate a 50 e 100 anni - mostrano un’ulteriore crescita della temperatura media globale, una modificazione del ciclo delle precipitazioni ed un innalzamento del livello marino medio globale»

«Per l’Italia sono utili le proiezioni climatiche effettuate mediante modelli regionali innestati all’interno di modelli globali. I risultati di questi modelli indicano un maggior stress sulle risorse idriche, un possibile aumento degli eventi estremi e una accentuazione degli impatti sulle zone costiere e sugli ecosistemi Alpini»

di Raffaella Venerando


 Sergio Castellari
Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici



Dottor Castellari, oramai sono “dati” alcuni fenomeni preoccupanti come lo scioglimento della calotta polare, quello dei ghiacciai dell’Himalaya e il surriscaldamento della Terra. Fatti, non teorie. Ma da qui a 20 anni quali scenari climatici è plausibile aspettarsi?

I modelli climatici sono i laboratori in cui si possono fare esperimenti (proiezioni climatiche) su possibili climi futuri tenendo conto di differenti scenari socio-economici che producono diversi scenari di emissioni di gas serra a livello globale. Ad esempio le proiezioni climatiche presentate nell’ultimo rapporto (AR4) dell’IPCC (Comitato Intergovernativo dell’ONU per i Cambiamenti Climatici) sono focalizzate a 50 e 100 anni e mostrano, a seconda dei vari scenari applicati, differenti risultati come un’ulteriore crescita della temperatura media globale, una modificazione del ciclo delle precipitazioni ed un innalzamento del livello marino medio globale.

E in Italia cosa accade e quali saranno le conseguenze dei cambiamenti climatici cui stiamo assistendo?
Le osservazioni che vengono effettuate nel nostro territorio mostrano un aumento della temperatura media superficiale di circa un grado per l’Italia e un calo della precipitazione media negli ultimi 100 anni per l’area Mediterranea. Alcuni impatti già in atto sono preoccupanti: ad esempio, il ritiro dei ghiacciai montani e le modifiche di biodiversità sull’arco Alpino. Per aree come quella italiana sono sicuramente utili le proiezioni climatiche effettuate mediante modelli climatici regionali innestati all’interno di modelli globali. I risultati di questi modelli regionali, anche con le loro incertezze, indicano per l’area italiana un maggior stress sulle risorse idriche, un possibile aumento degli eventi estremi e una accentuazione degli impatti, già in corso, sulle zone costiere e sugli ecosistemi Alpini.



Le stime sul “futuro climatico” quanto si approssimano alla verità, quanto sono attendibili?
La ricerca scientifica nel campo della modellistica climatica è sempre un “work in progress”, ma negli ultimi anni sono migliorati i modelli nella loro parte fisica-chimica e stanno migliorando le tecniche di stima delle varie incertezze. Ricordo che la ricerca climatica, come qualsiasi ramo della scienza, sempre lavora con le incertezze e l’importante è mostrare i risultati scientifici consolidati (dove le osservazioni e i modelli tendono a convergere) con le proprie incertezze e i risultati scientifici ancora non consolidati con le proprie incertezze.

Esiste per lei sul tema un obiettivo che dovrebbe avere priorità assoluta?
Per un territorio come quello italiano bisogna affrontare in maniera organica la sfida dell’adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici, quelli già in atto e quelli che potrebbero accadere in futuro. Inoltre bisogna mantenere e accrescere gli investimenti nella ricerca climatica, dalle osservazioni alla modellistica, e nello sviluppo e diffusione di tecnologie che possano prevenire le conseguenze dei cambiamenti climatici.

Un’ultima domanda: la colpa dei cambiamenti climatici è tutta dell’uomo?

Spieghiamo meglio: la comunità che fa ricerca climatica, e quindi non intendo la comunità dei comunicatori, giornalisti o divulgatori che appaiono sui media, non è capace di spiegare il riscaldamento globale degli ultimi decenni solo con cause naturali (irradianza solare, eruzioni vulcaniche e ogni altra variabilità climatica naturale). Le emissioni di gas-serra, che sono molto cresciute dagli anni ’50, sono considerate dalla comunità scientifica climatica come la possibile causa principale del riscaldamento globale di questi ultimi decenni.


Il profilo di Sergio Castellari

Sergio Castellari si è laureato in Fisica all’Università di Bologna e ha un Dottorato di Ricerca (Ph.D.) in Oceanografia Fisica dell’Università di Miami (USA). Ha lavorato all’Università di Miami, al CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e dal 2000 all’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia). Dal 2007 è distaccato come “senior scientist” al Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici (CMCC) a Bologna, dove è responsabile del Gruppo “Relazioni Internazionali e Negoziazioni”.
Dal 2000 in qualità di esperto Italiano di scienza dei cambiamenti climatici del Ministero dell’Ambiente ha partecipato a sessioni dell’IPCC (Intergovernmental Panel of Climate Change), UNEP (UN Environment Programme), UNCCD (UN Convention to Combat Desertification), UNFCCC (UN Framework Convention on Climate Change) e GEO (Group on Earth Observation). è stato Co-Chair di vari Contact Group (Gruppi Negoziali) sulla ricerca alle SBSTA (Subsidiary Body for Scientific and Technological Advice) dell’UNFCCC.
Dal 2001 partecipa come esperto Italiano nel “Gruppo Esperti Europei della Scienza” (EgSci) del EU WPIEI-CC (European Union Working Party on International Environmental Issues - Climate Change) del Consiglio dell’Unione Europea.
Ha partecipato e partecipa a vari progetti Europei e Nazionali nel campo dei cambiamenti climatici e delle politiche dei cambiamenti climatici.
Dal dicembre 2006 è il Focal Point Nazionale dell’IPCC.

Affiliazione:
Sergio Castellari
Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici (CMCC)
Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV)

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