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  Dicembre 2012

Articoli n° 01
GENNaio/febbraio 2010
 


UNIONE Industriali DI napoli - Home Page
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I punti di forza della napoli futura

Mare Nostrum, la grande occasione di rinnovamento

tecnologie digitali e opportunitÀ per le imprese

PerchÉ conviene investire in turchia

Mare Nostrum,
la grande occasione di rinnovamento

Le prospettive di sviluppo dell’area mediterranea offrono spazi interessanti per l’impresa napoletana


Pubblichiamo di seguito alcuni significativi stralci della ricerca “Napoli Mediterraneo. Dalle parole ai fatti” promossa dall’Unione Industriali attraverso il suo Centro Studi e finanziata dalla Camera di Commercio di Napoli, presentata venerdì 29 gennaio presso l’Ente Camerale.

***

Nicola Salzano de Luna,
Consigliere Incaricato per il Centro Studi dell’Unione Industriali di Napoli


Le aree di intervento
Per aree di intervento si intendono i possibili settori e spazi di business dove Napoli, grazie alle sue qualità attuali o potenziali, ed a condizione di attivare azioni mirate ed efficaci di breve termine, può giocare un ruolo di rilievo. (...)
Settori maturi con presenza attuale delle nostre imprese
Sono essenzialmente i settori tradizionali del Made in Italy, a minore tasso di crescita della domanda, come la cantieristica, l’abbigliamento e la meccanica leggera, in cui le nostre imprese vantano la maggiore presenza relativa.
(...) Le esportazioni più consistenti riguardano soprattutto Libano e Turchia per navi e imbarcazioni e Libia e Tunisia per gli articoli di abbigliamento. Oltre ad altre quote dei suddetti prodotti in altri Paesi, le nostre imprese vendono anche macchine ed apparecchiature industriali (soprattutto in Egitto, Libia, Marocco e Turchia).Gli sforzi aziendali e le azioni di policy a supporto possono andare soprattutto in tre direzioni:
- consolidare la presenza delle imprese nei Paesi in cui già operano attraverso nuova offerta di prodotti e ricerca di nuovi segmenti, e dove possibile attraverso accordi con le imprese locali o investimenti diretti per aumentare il legame con il territorio ed i vantaggi della dimensione;
- ampliare, in una logica di sistema paese e dove effettivamente possibile, la presenza di imprese napoletane in questi Paesi al fine di ricercare aggregazioni per una maggiore forza di impatto;
- cercare nuovi Paesi di sbocco, tra quelli con maggiore tasso di crescita del RNL e quelle che offrono maggiori opportunità verso queste produzioni, come Siria e Turchia nell’abbigliamento, la Giordania e la Siria nell’agro-alimentare e nelle macchine.
Settori ad alto tasso di crescita con bassa presenza delle nostre imprese
Grandi prospettive si aprono invece nei settori più avanzati, dove il tasso di sviluppo della domanda crescente, le opportunità offerte dai governo dei PTM lasciano ampi margini di ingresso, sebbene la concorrenza sia fortissima e le nostre imprese poco presenti.
Qui la difficoltà della competizione e l’alta posta in gioco rendono indispensabile una strategia concertata e sostenuta da tutte le forze cittadine e regionali, secondo quanto prima descritto e sostenuto.
I settori e i Paesi di maggiore interesse per il tasso di sviluppo economico rapportato a costi e rischi (sezione 4), il supporto offerto dai loro governi e per le potenzialità presenti sul nostro territorio sopra ricordate, sono:
- Infrastrutture e costruzioni: in Algeria (in relazione alle attività portuali, alla costruzione di strade, gallerie, tratti ferroviari, opere idriche); Israele, Libia, Siria e Marocco (ampliamento e ammodernamento delle reti logistico-trasportistiche).
- Energia e ambiente: tecnologie pulite ed energie alternative (solare, eolica, sfruttamento delle biomasse, biogas) in Marocco, Egitto, Libano; ma anche la gestione delle risorse idriche (Libano, Algeria).
- Settori hi-ech e ICT: e-government (Algeria), information technology e biotech Turchia).
(...) La sfida di alto profilo di cui questo volume si vuole fare latore e promotore è che Napoli costruisca il suo posizionamento strategico nell’area mediterranea facendo leva sul suo patrimonio di ricerca, arte e cultura e sulla sua identità mediterranea in modo da coprire uno spazio ancora non occupato.
È proprio su questo terreno, tipico dell’economia immateriale e dell’epoca post-fordista, che si giocano le nostre - non nascondiamolo, difficili - possibilità di successo. Ed è su questo terreno che si innestano le relazioni economiche tra Napoli ed il Mediterraneo e che si (ri)costruisce l’immagine della nostra Città per guadagnare la fiducia degli interlocutori.
Le risorse immateriali di conoscenza e di fiducia sono, infatti, il necessario presupposto per un’appetibile value proposition ai PTM, tale che le loro imprese cerchino ed acquistino i nostri prodotti e le nostre macchine, le loro amministrazioni ci invitino a partecipare alle loro gare, i loro imprenditori ed i loro policy maker si affidino alla nostra consulenza.
Infine, se le risorse di conoscenza (ricerca, arte, cultura) e di fiducia (identità territoriale) riescono a creare il terreno fertile per sviluppare le relazioni economiche nei settori industriali tradizionali e, soprattutto, in quelli avanzati, il terzo passaggio di questo percorso virtuoso sarà lo sviluppo anche dei servizi collegati, quali la finanza ed il turismo. Ciò con i benefici ricordati nella precedente sezione in termini rispettivamente di strumenti innovativi e sinergie con la finanza islamica e i fondi sovrani, da un lato, e di intercettazione e sviluppo dei flussi turistici, dall’altro. Inoltre, nel momento in cui si attivano costanti e ricchi flussi di merci e persone, si può davvero realizzare quel ruolo fondamentale di hub logistico nel Mediterraneo che spesso si invoca per il porto di Napoli, e non più di mera sponda di transito nei traffici con il Far East.
Strategie di entrata
Le strategie di entrata delle nostre imprese devono essere scelte caso per caso, considerando le alternative possibili: esportazioni, licenze e accordi, investimenti diretti esteri. Come si sa dalla teorie economica e manageriale, man mano che si procede dalle prime verso gli ultimi cresce il grado di controllo strategico delle attività ed il grado di integrazione sul territorio, ma aumentano i costi da sostenere e la rigidità strutturale.
Le decisioni vanno fatte considerando fattori diversi come:
- i costi di trasporto, soprattutto in base al rapporto valore-peso dei prodotti,
- le politiche doganali e la presenza di dazi,
- i limiti alla vendita di know-how attraverso contratti di licenza (perdita del knowhow stesso, insufficiente controllo sull’attività del licenziatario, impossibilità di trasferire il know-how),
- il comportamento strategico delle imprese concorrenti,
- i vantaggi connessi alla località produttiva ed alla delocalizzazione.
In estrema sintesi, si può dire che le esportazioni convengono quando sono bassi i costi di trasporto e i dazi doganali; altrimenti occorre valutare le alternative della licenza e degli IDE. Questi ultimi sono preferibili quando:
a) l’impresa ha un know-how di valore che non può essere adeguatamente protetto con un contratto di licenza,
b) l’impresa ha bisogno di uno stretto controllo sulle attività estere per massimizzare la sua quota di mercato ed i suoi profitti,
c) il know-how di un’impresa non può essere trasferito attraverso il contratto di licenza.
Evidenze empiriche dimostrano che le licenze non convengono per le imprese ad alta tecnologia per le quali la protezione del know-how è di estrema importanza e per le quali la licenza sarebbe troppo rischiosa, per gli oligopoli globali e nei settori industriali in cui la pressione alla riduzione dei costi è tanto forte da indurre a mantenere il controllo sulle attività estere nelle località dove è più conveniente produrre.
Inoltre, la licenza non è adatta quando il vantaggio competitivo dell’impresa si fonda sulle competenze manageriali e di marketing incluse nei suoi processi o proprie dell’imprenditore, come vale spesso per le nostre Pmi.
Nelle relazioni economiche con i PTM, dunque, questi principi evidenziano la necessità di un maggiore ricorso agli IDE rispetto alla realtà attuale italiana e campana, date le politiche dei dazi spesso non favorevoli, il contenuto tecnologico dei beni domandati, le caratteristiche dei settori avanzati sopra descritti e soprattutto le politiche governative volte ad attrarre gli investimenti dall’estero. Come dimostra anche il comportamento delle imprese delle nazioni più forti.
Ne deriva la necessità di una linea di comportamento precisa anche da parte delle istituzioni che devono fornire un supporto in tale senso. (...)

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