La risposta alla crisi?
É prima di tutto una “sfida” civica
Per ripartire è necessario un cambio di mentalità e un’operazione
di ristrutturazione generale dei sistemi produttivi del Mezzogiorno
L’imprenditore deve “rimodulare” il suo
percorso verso il successo
sui mercati, reinventando
la propria storia aziendale
e facendo “filiera”
Agostino Gallozzi,
Presidente Confindustria Salerno
La crisi economica sta trasformando profondamente le dinamiche produttive del nostro Paese. Dopo le analisi, le diagnosi, la conta dei settori in caduta libera è arrivato il momento di fare qualcosa, avendo ben chiaro uno scenario, un disegno, un progetto da perseguire. Il problema con il quale misurarsi deriva dal mutamento della nuova mappa della produttività e dei mercati di consumo. Sarà, quindi, necessario confrontarsi partendo da parametri di riferimento non ancora ben sperimentati, acquistando la consapevolezza che per resistere e vincere nella sfida globale il Mezzogiorno dovrà avviare un’operazione di ristrutturazione generale dei propri sistemi produttivi. Senza troppo giri di parole sembra chiaro che di fronte a noi abbia già preso forma quasi un percorso obbligato, specie nei territori in ritardo di sviluppo. Da che cosa quindi provare a ripartire? Sicuramente da un cambio di mentalità; da una riorganizzazione della scuola che potenzi il ruolo degli istituti tecnici; da un dialogo più intenso e proficuo tra Atenei ed imprese; dall’innovazione di processo; dalle innovazioni di prodotto; dalla capacità di “fare filiera”; dal marketing; dall’internazionalizzazione; da un migliore accordo tra banche e imprese sui singoli territori.
Nonostante alcune regole valgano per tutti e siano vincenti, c’è soprattutto un aspetto che va assolutamente preso in considerazione: i modelli non sono sempre riproducibili e, mai come in questo periodo, ogni azienda, ogni imprenditore dovrà riadattarli su di sè, pensando ad un’idea di azienda originale e nello stesso tempo competitiva. In altre parole l’imprenditore deve “reinventare” il suo percorso verso il successo sui mercati, soprattutto nel Mezzogiorno e in Campania, riappropriandosi della propria storia aziendale e facendo “sistema”, avendo, cioè, consapevolezza che è il momento di “riorientare” il “core business” allargando lo sguardo, perché il mondo intero (e non solo l’Italia) sta cambiando ad un ritmo forsennato.
Il presente e il futuro si giocano, inevitabilmente, sui territori attraverso la capacità di riscoprire un percorso e un destino comune, rivalutando le ragioni che uniscono in un progetto avvertito come “sfida” civica prima ancora che economica e politico-istituzionale.
É evidente che non si tratta di una partita facile. Al contrario, è probabilmente la più complessa e insidiosa dal secondo dopoguerra ad oggi. Né appare chiaro quali risultanze finali e quali assetti emergeranno quando i ritmi di crescita avranno ripreso un andamento più regolare. Soprattutto al Sud stiamo vivendo un momento cruciale: senza una forte comunanza di idee, di progetti, di valori, vedremo allontanarsi sempre più le aree ad alta densità di sviluppo. Non possiamo più permetterci di perdere altro terreno. Ma la sensazione è che la politica e le Istituzioni non l’abbiano ben compreso. Le parole restano ancora molto distanti dai fatti.
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