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  Dicembre 2012

Articoli n° 10
DICEMBRE 2010
 
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Confindustria Caserta punta ai mercati del NORD AFRICA

Il rischio VESUVIO tra emergenza e coesione sociale

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Il rischio VESUVIO tra emergenza e coesione sociale

La gestione del "rischio naturale" richiede la partecipazione di tutte le forze del territorio: istituzioni centrali, regionali e locali, sistema amministrativo e gestionale, cittadini e imprese

«Un piano di gestione del rischio deve prevedere, in virtù del principio di sussidiarietà, il rispetto delle procedure e delle politiche stabilite da organismi superiori, "ascoltando" però gli attori del territorio e "scegliendo dal basso"»

«La politica di coesione, quale strumento di gestione del rischio naturale, ha bisogno di regole territoriali capaci di attuare nello spazio geografico le scelte di intervento politico-istituzionale»


Maria Coronato Young Assistance dell'Università di Roma "Tor Vergata" Presidente della Fondazione Convivenza Vesuvio

L' International Scientific Conference - Applied geogra-phy in theory and practice - tenutasi a Zagabria il 5 e 6 novembre scorso, con il contributo di docenti e giovani ricercatori provenienti da più di cento Paesi, ha analizzato e discusso il ruolo che ha la Geografia Applicata (Economica, Politica, Umana, Fisica) nel rispondere ai cambiamenti sociali, politici, ambientali e territoriali in un'ottica di sviluppo sostenibile. Una sessione del Congresso è stata completamente dedicata al "Natural Risk Management", dove è stato molto apprezzata la ricerca sviluppata dalla dottoressa Maria Coronato, Young Assistant dell'Università di Roma "Tor Vergata" e Presidente della Fondazione Convivenza Vesuvio. Il contributo, dal titolo "Natural risk and cohesion", ha l'obiettivo di verificare se e quanto la vulnerabilità di un territorio sia correlata al livello raggiunto di coesione territoriale, economica, sociale, ambientale e politica dello stesso, suggerendo raccomandazioni che rendono la politica di coesione strumento regionale fondamentale per una più efficace ed efficiente gestione del rischio naturale.
Il rischio naturale, per essere opportunamente gestito, necessita di prescindere da un confine prestabilito e di tener conto delle molteplici componenti, antropiche, naturali ed istituzionali, di cui il territorio è costituito. Queste sono da integrare tra loro, così da realizzare, ad esempio nelle regioni transfrontaliere e di confine, scelte coese, potendo contare sull'integrazione di tutte le forze che operano sul territorio misurandone la vulnerabilità territoriale (connessa agli aspetti geografico-economici), la vulnerabilità sistemica (intrinseca al funzionamento delle reti) rispetto alla dotazione di risorse (naturali, finanziarie, umane e culturali) di cui esso dispone. La gestione del rischio naturale richiede la partecipazione di tutte le forze del territorio (istituzioni centrali, regionali e locali, sistema amministrativo e gestionale, cittadini, imprese) impegnate nel seguire e far applicare regole conformi ad obiettivi pre-stabiliti di sicurezza e benessere della collettività (governance di gestione del rischio), con funzioni diverse a seconda del momento processuale (policy, planning, managing) e della scala geografica di intervento. L'interazione tra il sistema ambientale, economico, sociale e culturale che può aver luogo grazie ad una politica di coesione (ambientale, territoriale, politica e sociale) contribuisce a ridurre il divario tra le regioni che presentano un uguale livello di esposizione al rischio, preservando, allo stesso tempo, le risorse disponibili per le generazioni future (sostenibilità) soddisfacendo così gli obiettivi della programmazione europea 2007-2013, il cui obiettivo principale è la coesione.

Un piano di gestione del rischio deve prevedere, in virtù del principio di sussidiarietà, il rispetto delle procedure e delle politiche stabilite da organismi superiori, "ascoltando" però gli attori del territorio (cittadini, amministratori, tecnici, comunità scientifica) e "scegliendo dal basso" (bottom up). La metodologia usata nell'analizzare le possibili scelte di piano di gestione del rischio naturale alle diverse scale della pianificazione, capace di essere contemporaneamente sostenibile, sussidiaria e coesa è STeMA (Sustainable Territoriale environmental/economic Management Approach, Prezioso, 2002-2010). Tale metodologia, ricorrendo ad indicatori quali-quantitativi determina la configurazione iniziale del sistema, il cosiddetto Valore Territoriale Iniziale che confrontato con il Valore territoriale finale, ottenuto misurando le risposte del territorio a sollecitazioni esterne (politiche, piani, progetti), evidenzia contemporaneamente il limite di riproducibilità del sistema e l'efficacia delle politiche, o delle azioni, che si pensa di effettuare prima che queste si attuino. Più precisamente, il Valore Territoriale Iniziale misura gli elementi territoriali al tempo t0 mostrando i gap del sistema consentendo di misurare la domanda potenziale del territorio sulla quale sarà poi possibile costruire un'offerta (il piano di gestione del rischio naturale nel nostro caso) coerente con le esigenze sociali, ambientali ed economiche dello stesso.
I territori diversamente esposti ai rischi naturali, sia per tipologia di evento calamitoso che per probabilità del verificarsi dell'evento, hanno oggi a loro disposizione strumenti finanziari e di programmazione che favoriscono la prevenzione e la gestione delle situazioni di emergenza riducendone l'impatto (es: Valutazione Ambientale Strategica, Territorial Impact Assessment). L'analisi dei principali rischi naturali cui l'Italia è esposta, combinata con gli indicatori quali-qantitativi della coesione territoriale, attraverso la metodologia STeMA, evidenzia la stretta correlazione tra la politica di coesione territoriale e la gestione del rischio la cui mitigazione avviene attraverso scelte di piano coerenti con il territorio di riferimento e con le disposizioni comunitarie. La politica di coesione, quale strumento di gestione del rischio naturale, ha bisogno di regole territoriali (territorial governance) capaci di attuare nello spazio geografico le scelte di intervento politico-istituzionale. Una buona governance, oltre a modellare le scelte progettuali e procedurali nel territorio di riferimento, utilizza le risorse ritenute più efficienti per raggiungere l'obiettivo preposto (Prezioso, 2005, 2010), nel nostro caso, la gestione del rischio naturale.
La governance "coesiva" del rischio naturale (es: Rischio Vesuvio) nella fase preliminare, implica un ruolo attivo delle regioni, nel rispetto delle politiche individuate a livello superiore dall'Unione Europea e dallo Stato (fase di fattibilità), per soddisfare la domanda dei cittadini in termini di sicurezza e benessere. Nella fase di programmazione esecutiva, invece, il ruolo delle province è di controllore della progettazione (piano di gestione del rischio naturale), affidata ai comuni che manterranno le relazioni con gli altri attori del processo (imprese e cittadini). Nella fase esecutivo-gestionale, il board istituzionale pubblico locale ha una posizione di responsabilità fondamentale nei confronti della coesione che sostiene le scelte di contrasto al rischio naturale. Esso si pone come punto di convergenza del processo, indirizzando il progettista/manager che combinerà l'offerta (il piano di gestione del rischio) con la domanda territoriale (sicurezza sociale, economica, ambientale e politica).

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