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  Dicembre 2012

Articoli n° 10
DICEMBRE 2010
 
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di Raffaella Venerando

Da CAPRI l'agenda della CRESCITA


Gli industriali chiedono riforme vere per ridare sviluppo e occupazione al Paese

«C 'è una Italia seria che ha bisogno di essere governata. Dobbiamo ritrovare il senso della dignità e del rispetto per le Istituzioni e per lo Stato»: questo l'affondo della presidente di Confindustria Emma Marcegaglia il 30 ottobre scorso dal palco del Quisisana di Capri, nel corso dell'ultima giornata dei lavori del Convegno annuale dei Giovani Imprenditori. Potremmo dire che l'inizio della fine sia cominciato esattamente da lì, da quella presa di posizione netta e decisiva giunta all'indomani dell'ennesimo scandalo mediatico che ha visti coinvolti i vertici del nostro Esecutivo.
La presidente Marcegaglia in quell'occasione ha tuonato duramente contro il Governo, colpevole di essersi mostrato del tutto assente e inattivo in un momento a dir poco complesso per l'economia del nostro Paese: «L'Italia è in preda alla paralisi, l'azione del Governo non c'è in un momento molto difficile per l'economia, senza contare che ancora non è stato scelto il presidente della Consob (alla guida dell'ente che vigila sulla Borsa e le società quotate, dopo centoventuno giorni di vacatio, sarà poi nominato - solo il 18 novembre - Giuseppe Vegas dal Consiglio dei Ministri, ndr).
La leader degli industriali invitava così a riprendere con serietà e senza ormai più indugi «l'agenda delle riforme vere per ridare crescita e occupazione al Paese» e contrastare l'immobilismo che tanto ha nociuto al mondo delle imprese, ma anche alla società civile. La malattia da combattere, secondo la Marcegaglia, è «la bassa crescita, che vuol dire disoccupazione e rischio di mancata coesione sociale.


Emma Marcegaglia



Federica Guidi




Antonio D'Amato


La vera priorità è tornare a crescere». «Noi richiamiamo da mesi la politica ai suoi doveri rimarcava la presidente di Confindustria - perché la situazio-ne è ormai insostenibile con un Parlamento che non legifera e con il Paese che non riesce ad andare avanti».
Poche ore prima non era stato tanto morbido neanche Antonio D'Amato, Past President di Confindustria e ideatore della kermesse caprese ben venticinque anni prima di questa edizione del 2010.
A Bruno Vespa - moderatore della tavola rotonda cui D'Amato era invitato a parlare del complicato rapporto tra finanza e impresa - che gli chiedeva un suo commento sul capo del Governo, D'Amato aveva infatti risposto che «ormai Berlusconi era un uomo completamente differente dal 2004». Anche l'industriale napoletano quindi non aveva esitato a sferrare attacchi al premier Berlusconi quando, con piglio fermo, aveva dichiarato che rispetto al 2004 la differenza fosse enorme. «Il Berlusconi di allora voleva cambiare l'Italia e restare nella storia. Oggi non può più essere così e il Paese ha bisogno di una svolta profonda perché se è vero che l'Europa, tutta, vive una crisi competitiva forte, è l'Italia ad avere i ritardi più gravi».
Il Past President D'Amato aveva poi anche chiarito di non avere alcuna intenzione di fare il suo ingresso nell'agone politico, nonostante la preoccupazione per la sua Napoli, svilita e offesa dalla irrisolta questione dei rifiuti. «Napoli vive - si era così espresso - un contesto di malgoverno generale.
Basta con provvedimenti tampone. Ora bisogna uscire dall'emergenza, senza continuare a mettere cicche di chewingum ad una diga che sta letteralmente scoppiando».
Al contempo sottolineava con vigore che «i problemi di Napoli sono i problemi dell'Italia. La spazzatura nelle strade può diventare la spazzatura morale del Paese. Proprio qui al Quisisana, venticinque anni fa, eravamo a dare una spallata ad una vecchia partitocrazia.


Mariastella Gelmini


Paolo Romani


Mauro Maccauro

Oggi ci ritroviamo con la peggiore legge elettorale di sempre. I parlamentari vengono eletti in base alla lunghezza delle gambe, al fascino e alla fedeltà al capo. Con un Parlamento completamente esautorato dei propri poteri».
Le sue riflessioni non si erano esaurite al solo commento negativo sul malcostume della politica, ma avevano provato a suggerire una rotta per superare la fase di pericoloso stallo di cui è ostaggio il Paese: «Dobbiamo mettere in moto la riforma del mercato del lavoro.
Se quella riforma Biagi fosse stata applicata rigorosamente non ci sarebbe alcun caso Fiat o Marchionne.
Seconda cosa: far emergere finalmente il sommerso che logora la nostra economia. Scopriamo oggi che il sommerso cinese è più competitivo di quello italiano. Infine: all'Italia manca una politica industriale, un piano per attrarre investimenti sul territorio. È il centoventitreesimo giorno senza che sia stato ancora scelto il presidente della Consob.
La verità è che la competitività non interessa a nessuno».
Era poi andato all'attacco di quella deriva secessionista italiana sottolineando che «oggi una delle questioni più importanti, neanche troppo occulta, è spaccare il Paese.
È grave che la Lega tenga in scacco il governo ricattandolo con il suo ricorso a un'idea di federalismo buona solo per dividere.
Da anni ormai si parla di Mezzogiorno solo in vista di turni elettorali». Gli strali di D'Amato non avevano fatto sconti a nessuno, insomma. Secondo l'imprenditore la colpa dello sfacelo che ha imprigionato la città partenopea, della tensione sociale che domina Napoli è «della classe dirigente che non è all'altezza delle sfide che invece la città, ma il Paese tutto, dovrebbero affrontare». Una chiusura quindi con il botto per il convegno dei Giovani Imprenditori, l'ultimo sia per Federica Guidi, sia per il presidente dei Giovani della Campania Mauro Maccauro, entrambi in scadenza di mandato.
Proprio alla Guidi era toccato, come da tradizione, aprire i lavori della Convention, organizzata per tracciare un bilancio della crisi economica al fine di fissare gli errori del passato nel tentativo di superarli e di valutare le migliori opportunità di rilancio. Tracciando lo scenario in cui le imprese sono costrette a vivere, o a sopravvivere, la Guidi aveva posto l'accento soprattutto sull'enorme debito pubblico, sulla spesa pubblica elefantiaca e inefficiente, sulla situazione di estrema incertezza in cui le imprese non riescono a produrre e innovare.
«Noi imprenditori - aveva detto la Guidi - siamo disponibili ad assumerci fino in fondo il rischio di impresa ma siamo impauriti dal rischio di ulteriori salassi per risanare i conti pubblici». Alto debito pubblico, spesa inefficiente e sovente "clientelare", secondo la presidente Guidi, «sottraggono energie vitali allo sviluppo, perché sprecano risorse, producono incertezza e forniscono servizi pubblici scadenti e infrastrutture sempre carenti». Sempre nel corso della prima giornata, sul palco si erano avvicendati anche due ministri del Governo: il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, e quello dello Sviluppo Paolo Romani. La Gelmini - ignorando che di lì a poco sarebbe esplosa in tutta Italia una veemente protesta studentesca contro la riforma che porta il suo nome - aveva focalizzato l'attenzione della platea in modo particolare sul dissesto finanziario di molti atenei italiani.
«Dobbiamo porci il problema serio di come finanziare l'Università - aveva dichiarato - e di come far emergere una cultura che premi il merito, che ci consenta di distinguere i buoni professori da quelli che non lo sono e che ci permetta di selezionare e finanziare esclusivamente i buoni progetti smettendola di stanziare risorse in nome di un approccio clientelare». Vedremo come si evolverà la situazione e quale sorte spetterà al ddl duramente attaccato dai giovani studenti.
Il ministro Paolo Romani, alla sua prima apparizione pubblica in casa degli industriali, aveva chiesto invece e in modo aperto la collaborazione di Confindustria per fare «cose concrete per il lavoro». Occupazione quindi al primo posto nella scala delle priorità dello sviluppo: «Il lavoro non c'è, i dati sull'occupazione sono deludenti, in alcune regioni del Sud sono addirittura drammatici - così Romani aveva sintetizzato la situazione occupazione - il Paese sembra non riuscire ad offrire nuove ricette per riavviare la macchina occupazionale». Secondo Romani «rilancio e innovazione» devono essere i pilastri per avviare quella che lui stesso definisce, dopo il periodo dell'assoluto rigore, "l'era dello sviluppo".
«Con il nuovo decreto di fine anno e con le risorse che andranno a favore della ricerca e dell'innovazione - aveva annunciato il ministro - c'è la possibilità di rincorrere la ripresa». E al suo fianco, nella fase dello sviluppo, il ministro Romani vuole proprio gli industriali per ingaggiare una battaglia per il lavoro da affrontare e vincere insieme. Romani vuole la concretezza, la capacità di esserci e fare pressing gli imprenditori per ottenere, insieme ad essi, certezza delle regole e legalità, un credito migliore, semplificazioni, incentivi alla domanda, innovazione ed energia. È su questi punti che il ministro aveva da Capri promesso il massimo impegno del suo ministero, nel tentativo di recuperare il tempo perso anche a causa dell'impasse del dopo-Scagliola. Non tocca quindi che fare i conti con una data - il prossimo 14 dicembre - quando ambedue le camere del Governo chiederanno la fiducia. Solo allora sapremo con contezza quanto è saldo e salvo l'Esecutivo, dopo che la maggioranza al suo interno si è spaccata e sembrava ormai impossibile si riuscisse a governare altri due anni per completare la legislatura.
(Foto "Il Denaro")

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