Stop all'immobilismo
Manca da anni un progetto di sviluppo industriale che consenta di salvaguardare il patrimonio manifatturiero esistente che ha sempre contraddistinto il nostro territorio
«La situazione è difficile e bisogna fare al più presto qualcosa. È tempo di superare pregiudizi e ideologie per adottare la tattica della condivisione»
GIORGIO FIORE, Presidente Confindustria Campania
Siamo ormai giunti al termine anche dell'anno 2010 e gli effetti della crisi sulla Campania sono devastanti. La diminuzione del numero di occupati, dal II trimestre 2008 al II trimestre 2010, solo nella nostra regione é pari alla metà del CentroNord, -121.000 lavoratori contro 214.000. Nel I semestre del 2010 il tasso di occupazione della popolazione in età da lavoro è stato pari al 39.9%, il valore più basso tra le regioni italiane, mentre, nei primi nove mesi del 2010 il numero di ore di cassa integrazione guadagni autorizzate in Campania è aumentato del 29% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. A mio avviso la crisi straordinaria in atto non ha fatto che acuire delle debolezze che caratterizzano il nostro sistema produttivo. Forse perché manca da anni un progetto di sviluppo industriale che consenta di salvaguardare il patrimonio manifatturiero esistente e che ha sempre contraddistinto il nostro territorio. Ma in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, pur nelle note difficoltà finanziarie in cui versa la Regione, tenere in ordine i conti non basta. Per far fronte alle conseguenze della crisi congiunturale in atto è necessario rimettere liquidità nel sistema economico regionale: sbloccando i pagamenti dei debiti che la PA ha nei confronti delle aziende private, ovviando ai limiti del patto di stabilità attraverso la spesa dell'intera quota di cofinanziamento europeo e spalmando il cofinanziamento nazionale e regionale sui bilanci degli anni successivi. Si devono introdurre strumenti di fiscalità di vantaggio a favore delle regioni meno sviluppate e non di quelle virtuose, come gli sgravi fiscali per le assunzioni o la defiscalizzazione degli oneri contributivi e degli straordinari, e si devono agevolare i progetti che prevedono
dei partenariati pubblico-privati. La situazione è difficile e bisogna fare al più presto qualcosa. È tempo di superare pregiudizi e ideologie per adottare la tattica della condivisione. Questo approccio ha ispirato la costituzione di Tavoli settoriali per lo sviluppo tra la Regione Campania, Confindustria Campania e i Sindacati, proposti dalla nostra associazione al fine di superare lo stallo decisionale attraverso strumenti snelli da attivare su temi specifici e sulla base delle priorità contingenti. In vista del federalismo, inoltre, diventa indispensabile allineare le pre-condizioni necessarie ai vari territori, al nord e al sud del Paese, di affrontare questa sfida in modo sano e bilanciato. Ciò significa che questa riforma potrà rappresentare un'occasione anche per il Sud e potrà portare dei vantaggi reali per il nostro sistema imprenditoriale solo se si riusciranno a colmare i gap dei servizi per
così dire primari, ovvero quelli che pongono le imprese in condizione di svolgere la propria attività. Penso innanzitutto ad un'adeguata infrastrutturazione della rete dei trasporti e della comunicazione digitale, segnatamente nelle zone di insediamento industriale. In tal senso, quello che mi aspetto dalla riforma federale è una maggiore presenza da parte dello Stato al Sud nell'esercizio di una sola funzione: il controllo. Del resto quanto accade nella sanità in molte regioni d'Italia è conseguenza soprattutto di una vigilanza carente. Al riguardo, apprezziamo l'intenzione con cui si sta progettando il Piano Sud, relativamente all'introduzione di un maggior coordinamento e controllo della spesa dei fondi europei e ad una effettiva concentrazione delle risorse europee e nazionali su ben definiti obiettivi e opere strategiche per colmare il gap del Mezzogiorno. |