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  Dicembre 2012

Articoli n° 03
APRILE 2010
 


Inserto


a cura di M. Marinaro

La mediazione delle liti civili e commerciali

Un nuovo strumento al servizio delle imprese

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reti di impresa La nuova frontiera del business

L'INTERVISTA - Bianchi: «Il contratto di rete consente di realizzare progetti strategici di crescita»

L'INTERVISTA - Palmieri: «Fare rete si puÒ ed È anche facile se si conoscono i percorsi»
L'INTERVENTO - La rete È un ponte verso il futuro, che va costruito insieme ad altri

L'INTERVENTO - L’innovazione si fa in “rete”

reti di impresa
La nuova frontiera del business




Confindustria entra nel vivo: operativa “RetImpresa”, l’agenzia per aiutare le aggregazioni tra aziende. Sviluppato, inoltre, insieme a Barclays Italia un modello di rating bancario che tiene conto anche della valutazione della governance aziendale

di Raffaella Venerando

Oramai è chiaro che “piccolo non è più bello”. Se un tempo le piccole imprese sono state la forza del nostro sistema produttivo, oggi, soprattutto in ragione della crisi economica che ha smascherato - tra i limiti forti del capitalismo italiano - quello delle ridotte dimensioni, si è imposta la necessità di una loro crescita mediante modelli di aggregazione innovativi che tengano conto delle evoluzioni dei mercati e dei tempi.
Se infatti in un’economia “senza mura” il legame di territorio, la territorialità, da solo non basta più (e lo conferma il fallimento di alcuni importanti realtà distrettuali sparse un po’ dovunque lungo lo Stivale che hanno dimostrato di aver segnato il passo), se per le fusioni e le acquisizioni bisogna fare i conti con la perdita totale di autonomia per alcune delle imprese che scelgono questa via a vantaggio di altre - dando vita a modelli di società fortemente gerarchizzati - le reti, al contrario, sembrano poter rappresentare una modalità vincente e in linea con i tempi per potere uscire dalla crisi anche più forti di prima.
L’aggregazione in rete infatti consente alle imprese di “mettersi insieme” soltanto su alcune aree, alcuni progetti e obiettivi, restando al contempo totalmente indipendenti su altri. Le alleanze tra imprese che si stringono in una rete - magari per un periodo limitato nel tempo - permettono sì riduzioni di costi e sinergie di ricavi, ma senza che questo comporti alcuna perdita di autonomia tra le parti stesse.
Per queste ragioni le reti di impresa sembrano essere, oggi, lo strumento principale di riorganizzazione del sistema industriale italiano per il dopo-crisi, il modo più proattivo per guadare al futuro del nostro sistema produttivo con rinnovato entusiasmo e coraggio.
La rete infatti si sta sempre più ponendo all’attenzione di tutti come la risposta meglio riuscita per uscire rafforzati dalla crisi, sia perché la rete risponde alle esigenze del mercato globale che richiede sempre più economie di scala, sia perché consente il superamento della dimensione locale, permettendo al tempo stesso alle imprese che vi aderiscono di non rinunciare alla propria identità, alla propria autonomia. La rete tra imprese può consentire, infatti, alle piccole e medie imprese di potere raggiungere quei mercati in cui ci sono attualmente le possibilità di crescita maggiori, ma anche di dialogare tra loro nella produzione e, ancora di più, nella ricerca e nell’innovazione. Obiettivi questi di internazionalizzazione, export e innovazione che per le piccole e medie imprese - da sole - sarebbe più complicato, se non addirittura impossibile, raggiungere.
Per intercettare quest’esigenza di aggregazione tra imprese è nata lo scorso ottobre RetImpresa, l’Agenzia confederale di Confindustria, che - attraverso una serie di azioni concrete (vedi schede di dettaglio a pag. 5) - sta lavorando alacremente per far sì che le imprese possano tra loro collaborare in maniera stabile, ma al contempo flessibile, così da permettere a ciascuna di preservare pienamente la propria dose di autonomia, pur facendo parte di un progetto industriale e di mercato collettivo, a più voci. Una rete, per l’appunto.
RetImpresa, che ad oggi rappresenta 51 soci effettivi (33 Territoriali, 9 regionali, una categoria, 8 federazioni di settore), ha infatti il compito di monitorare, sostenere e promuovere questi nuovi modelli di aggregazione.
Tra i suoi obiettivi prioritari figura l’assistenza dei propri soci sugli interessi da rappresentare presso le sedi istituzionali, l’organizzazione di convegni e workshop per sensibilizzare gli imprenditori sul tema, l’elaborazione di una formazione specifica per i funzionari del sistema affinchè questi possano operare come facilitatori nella creazione di reti di impresa.
Passando ai fatti, inoltre, Confindustria - nel tentativo di facilitare l’accesso al credito per le imprese che scelgono di aderire alla rete - insieme a Barclays Italia ha sviluppato un modello di rating bancario che tiene conto anche della valutazione della governance aziendale.
Questo modello ha il vantaggio di facilitare il dialogo tra impresa e istituto di credito, affiancando alle valutazioni di natura squisitamente economica e finanziaria quelle di natura qualitativa legate al management e alla capacità di fare rete. Ma non solo Confindustria sta spingendo sulle alleanze tra le realtà imprenditoriali. Anche il governo si sta impegnando per sollecitare la creazione e aiutare la diffusione delle reti. Se a livello operativo, infatti, i primi passi fondamentali e concreti per realizzare reti tra imprese sono stati realizzati, anche a livello normativo si è andati finalmente avanti grazie all’introduzione del “contratto di rete d’impresa” lo scorso luglio previsto all’interno della cosiddetta “legge sviluppo” (vedi intervista ad Andrea Bianchi, Direttore Generale per la politica industriale e la competitività, Dipartimento per l’impresa e la competitività del Ministero dello Sviluppo Economico a pagina 14).
Il legislatore con il contratto di rete ha voluto infatti disciplinare l’organizzazione tra imprese di minori dimensioni mettendole in condizione di aggregarsi in forme nuove senza minarne l’identità e l’indipendenza, superando quindi il concetto fisico di distretto, grazie ad agevolazioni fiscali, finanziarie e amministrative, al fine di contribuire a diffondere know how, per farle investire insieme in ricerca, sviluppare insieme progetti di marketing, esplorare insieme nuovi mercati, aumentare la capitalizzazione, frenando così in modo positivo e vantaggioso la frammentazione del tessuto imprenditoriale che oggi sarebbe ancor più lesivo che in passato per il nostro sistema economico.
Si tratta sicuramente di un’opportunità per le piccole imprese le quali, indipendentemente dal contesto territoriale (elemento, invece, determinante nei distretti), possono avviare collaborazioni tecnologiche e commerciali con aziende appartenenti a regioni o addirittura a nazioni diverse, ma della stessa filiera produttiva. La conseguenza, per le piccole e medie imprese che scelgono di partecipare ad una “rete”, è un aumento della propria massa critica e l’acquisizione di maggiore forza contrattuale nei confronti dei terzi quali ad esempio, banche, fornitori, committenti, pur rimanendo estranee al controllo da parte di un unico soggetto. Inoltre, le imprese della rete possono usufruire di agevolazioni amministrative, finanziarie e per ricerca e sviluppo fino ad oggi riservate solo ai distretti. Pochi i requisiti fondanti per aderire ad una rete: occorrono estrema flessibilità, nessuna sovrastruttura burocratica e la condivisione di un obiettivo specifico, dichiarato espressamente sulla base di un progetto industriale e di mercato, come disciplinato dal contratto di rete.
I benefici posso essere diversi ed estremamente vantaggiosi: aderendo ad una rete, la singola impresa può allargare l’offerta di prodotti e servizi, senza che questo significhi modificare la propria fisionomia o il proprio core business; può effettuare investimenti - insieme alle altre imprese della rete - di cui da sola non avrebbe potuto farsi carico; può conseguire una massa critica adeguata, vedere accresciuto il proprio know-aziendale, e, infine, condividere costi e vedere di rimando aumentati i propri ricavi.
Il passaggio da impresa singola a “rete” non è quindi solo un percorso auspicabile ma, per certi aspetti, inderogabile. È ovvio però che occorrerà un netto cambiamento culturale - soprattutto da parte degli imprenditori - perché la strada sia spianata e - superata la fase delle elaborazioni teoriche e quella delle prime sperimentazioni pratiche - ci si avvii verso un concerto “cambiamento di pelle” della nostra organizzazione industriale.

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