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  Dicembre 2012

Articoli n° 03
APRILE 2009
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di Raffaella Venerando

Emergenza credito Recuperare liquiditÀ È la vera prioritÀ

intervista: Gorga: «Il credito sano, questa l’offerta
delle banche italiane piÙ prudenti di altre»



Emergenza credito Recuperare liquiditÀ È la vera prioritÀ

Rifinanziato il Fondo di Garanzia. Il Governo mette a disposizione un plafond di 1,6 miliardi di euro per supportare le Pmi in crisi



«La stretta al credito è il rischio dei rischi per l'Italia». Così il ministro dell’Economia Giulio Tremonti aveva definito la possibilità che, in un periodo critico come quello che sta interessando l’economia italiana oramai da mesi, il mondo delle banche chiudesse i rubinetti del credito per famiglie e imprese. Un rischio divenuto realtà, specie per le Pmi che rappresentano in Italia circa il 94% delle imprese, già aggravate dall’introduzione delle regole di Basilea. La preoccupazione è davvero alta se si tiene conto delle denunce allarmanti che partono dal mondo imprenditoriale e dei dati emersi dall’ultima indagine della Banca d’Italia.
Stando ai numeri, i prestiti erogati dalle banche italiane alle imprese con meno di 5 addetti sono calati dell’1% nel Centro-Nord rispetto allo stesso mese del 2007. Il calo è ancora più cospicuo nel Sud d’Italia, dove si registra un meno 2,3%.
Tornando a ritroso nel tempo, a novembre su scala nazionale il calo dei prestiti si è attestato all’1,3%. Per le famiglie, i livelli di crescita sono stati decisamente bassi: più 0,3% su base nazionale. In generale la crescita di prestiti erogati dagli istituti di credito è stata del 7% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, mentre tra 2007 e 2008 c'era stata una crescita dell'11,1% (dati di settembre) o addirittura del 13% (dati di febbraio). Secondo le stime della Banca di Italia il rallentamento nell’erogazione del credito non lascia dubbi: a gennaio 2009 il tasso di crescita tendenziale dei prestiti al settore privato si è dimezzato rispetto a gennaio 2008 (+4,2% contro +9,9% del 2007). Non semplicemente diminuito, calato, ma dimezzato.
La variazione tra gennaio 2009 e dicembre 2008 è stata poi negativa (-1,5%) e non è cosa da poco se si tiene conto che è il dato in assoluto peggiore registrato negli ultimi 10 anni.
Non c’è certo da stupirsi se al calo del Pil abbia fatto seguito una diminuzione della domanda del credito, ma non è altrettanto consequenziale l’abbassamento vertiginoso sul versante dell'offerta del credito.
Si è cercato pertanto di capire allora dove fosse la crepa e come si potesse in tempi brevi rimarginare prima che diventasse voragine. Il netto peggioramento delle condizioni creditizie per la massima parte è riconducibile alla crisi generale del quadro economico, mentre il calo dell’offerta è collegata al rallentamento dei fattori di domanda di credito. Per fare fronte a questa difficile situazione, Confindustria ha chiesto a gran voce che lo Stato intervenisse - e subito “perché la crisi è ora” - per mettere in campo delle azioni di sostegno alle imprese che non le lasciassero isolate fino all’avvio della ripresa economica che, probabilmente, arriverà solo tra lunghi e complicati mesi. Quelle che si è cercato di raggiungere sono le migliori e quanto più condivise soluzioni per garantire la necessaria liquidità al sistema produttivo ed evitare così riverberi assai negativi sul fronte innanzitutto occupazionale.
Nei giorni scorsi, il Presidente degli industriali Emma Marcegaglia aveva chiesto con urgenza al Governo di rifinanziare il Fondo di Garanzia (istituito dallo Stato nel 1996) per le Pmi, le più flessibili ma anche le più esposte ai venti contrari della crisi.
Chiesto, fatto. È pari a 1,6 miliardi di euro il plafond di risorse - immediatamente disponibile nel 2009 - messo a disposizione dall’Esecutivo in favore delle imprese con la promessa fondamentale che nessuna richiesta di credito resterà inevasa. In altre parole, il plafond dovrebbe corrispondere a 60-70 miliardi di nuovi prestiti per le imprese.
Il Fondo di garanzia per le Pmi, presente nel pacchetto anti-crisi approvato nelle settimane scorse dal Governo, entrerà in vigore il prossimo 9 aprile con il decreto legge che ne allarga i benefici anche all'artigianato, e sempre lo stesso giorno diverrà operativo anche il decreto attuativo.
Il Fondo di Garanzia era forse l'unico strumento realmente in grado di attivare il motore dell'economia delle Pmi, nonché il solo strumento di politica industriale capace di rispondere a due requisiti fondamentali per supportare questo momento di difficoltà da parte del mercato: la rapidità nell’utilizzo e l’efficacia immediata. Come a dire che le imprese annaspano e l’ossigeno serve e serve subito.
In questa fase, infatti, le garanzie sono indispensabili anche in vista del consolidamento dei crediti e del rinvio delle scadenze. Questo intervento è stato salutato con convinzione e soddisfazione poiché porta con sé la capacità di innescare una vera e propria ristrutturazione dei rapporti tra sistema del credito e mondo delle imprese.
Con questa misura infatti lo Stato veste i panni di garante e si fa carico così di coprire eventuali perdite che le banche possono portare su posizioni aperte nei confronti delle imprese. Una copertura di certo non trascurabile se si tiene conto che può arrivare fino ad un massimale dell'80%. Diventa quindi indispensabile per gli istituti di credito modificare i rapporti già in essere utilizzando appunto la garanzia che deriva dal fondo, mitigando il rischio specifico e smobilizzando delle risorse che diversamente avrebbero dovuto accantonare per Basilea 2.
Sul versante delle imprese, invece, il fondo di garanzia consente di ripensare alle strategie finanziarie. Sarà possibile infatti ristrutturare il debito e ottenere nuova finanza, consolidando e rinegoziando così le condizioni per effetto della riduzione del rischio di cui gli istituti di credito si fanno carico. La modifica della normativa di accesso al fondo di garanzia consentirà alle Pmi una sostanziale ristrutturazione del proprio debito verso il sistema bancario. In particolare saranno possibili azioni di consolidamento del debito, finanziamenti di acquisti scorte, ripristini di liquidità, aperture di crediti a breve. La riduzione del rischio consentirà inoltre di abbassare il pricing dei finanziamenti bancari.
Il provvedimento dovrebbe rendere tutti soddisfatti: le imprese che vedranno migliorato l’accesso al credito - soprattutto quelle aziende con i bilanci "in ordine" e che rispondono alla normativa del fondo - e le banche che vedranno ridursi notevolmente il rischio e aumentata la liquidità grazie a minori accantonamenti.
Su di un altro problema poi gli industriali hanno chiesto l’intervento forte del Governo: il ritardo dei pagamenti della Pubblica Amministrazione, aspetto su cui si è chiesto di intervenire subito poiché sono proprio questi ritardi a contribuire in modo cospicuo all’indebolimento della struttura finanziaria delle imprese già penalizzata e compromessa dal tourbillon creato dalla crisi economica.
La Presidente Marcegaglia su questo fronte è stata particolarmente chiara e incisiva: «Lo Stato paghi il debito con le imprese. Non ci interessa la sterile polemica sulla grandezza dei debiti della P.A. verso le nostre aziende. Sono comunque troppi. Il punto è uno solo: lo Stato deve pagare, perché uno Stato che non onora i suoi debiti contribuisce per primo a diffondere sfiducia, instabilità e paura».
Il pagamento dei debiti che le imprese vantano nei confronti della P.A. (debito stimato tra i 50 e i 60 miliardi di euro a livello nazionale) è anche uno dei punti cruciali - uno dei 4 - del Tavolo permanente che già lo scorso ottobre ha visto unire le forze di ABI e Confindustria, intesa di lavoro ed energie che poi si è replicata in molte regioni di Italia per monitorare a livello locale il rapporto banca-impresa (ne abbiamo parlato con Luigi Gorga, presidente ABI Campania, vedi intervista a pag. 9).
Oltre ai ritardi dei pagamenti da parte della P.A., il Tavolo Abi-Confindustria si propone infatti di ottenere una maggiore trasparenza sui rating delle imprese; di potenziare il ricorso ai confidi per concedere più crediti alle imprese e, infine, di favorire una maggiore patrimonializzazione aziendale attraverso un'azione sia fiscale, sia finanziaria.
L’obiettivo precipuo è uno, sempre lo stesso: garantire liquidità al sistema bancario evitando così che gli istituti di credito stringano i cordoni della borsa e neghino credito alle imprese.
In Campania, la Confindustria napoletana e l’Abi regionale hanno dato vita ad un importante protocollo di intesa che contiene interessanti proposte: innanzitutto una moratoria delle rate per mutui e leasing mobiliari e immobiliari relativi a beni strumentali che garantisce alle imprese di rinviare per due anni il pagamento delle rate in scadenza, a partire dalle annualità 2009 e 2010. È prevista poi, l’individuazione di un meccanismo che faciliti la ricapitalizzazione delle imprese napoletane. L’imprenditore dovrebbe così farsi carico di una quota modesta, mentre gli istituti di credito finanzierebbero la gran parte dell'operazione, con una garanzia di copertura da parte del Confidi. Il terzo punto dell'intesa stipulata tra Abi-Unione Industriali Napoli vede, invece, il coinvolgimento attivo da parte della Regione Campania. Quest’ultima dovrebbe costituire un Fondo regionale per controgarantire i crediti avanzati da tantissime imprese locali nei riguardi delle P.A.. Il Fondo consentirebbe così alle banche di concedere anticipazioni spesso inaccessibili per le piccole e medie imprese, riutilizzabili anche per procedere ad una ricapitalizzazione necessaria anche per godere di condizioni di accesso al credito migliori. Nella nostra regione, sempre con l’obiettivo di rafforzare ulteriormente il rapporto banca-impresa, si sta lavorando anche alla creazione di un confidi regionale patrimonialmente forte che potrebbe svolgere un’attività di semilavorato per le banche, riducendo così i tempi di istruttoria delle pratiche. In vista di questo obiettivo, sono stati stanziati 4 milioni di contributi per offrire sostegno alle attività di accesso al credito svolte dai 15 consorzi garanzia fidi più importanti della Campania. È diventata operativa infatti da poco più di un mese la Legge regionale 26 ottobre 2008 numero 10. Grazie alle risorse regionali i migliori confidi campani potranno capitalizzarsi meglio e di più, attingendo i fondi alla dote del capitolo 4081 del Paser.
La legge ha come obiettivo, attraverso processi di aggregazione e promuovendo la creazione di un confidi regionale, fare ordine e potenziare l’intero sistema dei consorzi garanzia fidi regionale ponendo fine alle principali distorsioni che al momento lo interessano, ovvero: l’eccessiva polverizzazione del sistema, il livello spesso insufficiente di patrimonializzazione e di strutturazione e, infine, l’assenza di un rating unico.
Ora, come affermato dalla stessa Presidente Marcegaglia «non ci sono più alibi per le banche di fare restrizione del credito nei confronti delle imprese».
Grazie a questi primi interventi il nostro sistema produttivo dovrebbe ritrovare l’essenziale slancio per ripartire perché, forse vale la pena sottolinearlo ancora una volta, nel breve termine quello che più occorre alle nostre imprese è la liquidità, i “soldi veri”. La partita si gioca tutta lì.

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