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  Dicembre 2012

Articoli n° 03
APRILE 2009
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Coraggio: «Non vogliamo piÙ essere
il settore oscuro dell’economia italiana»

di Raffaella Venerando

intervista:

Nunziante Coraggio

Nunziante Coraggio, 44 anni, salernitano - direttore amministrativo e socio della impresa di costruzioni di famiglia, la Cogenuro Srl - lo scorso 10 marzo è subentrato a Giovanni Cotroneo alla guida dell'Associazione costruttori edili della Campania. Coraggio è, nella storia dell’Associazione Regionale dei costruttori edili, in assoluto il più giovane presidente mai salito ai vertici.
Nonostante la giovane età però Nunziante Coraggio ha già ricoperto numerosi incarichi nell’ambito Ance, sia locale che nazionale: è stato infatti presidente del Gruppo Giovani di Ance Campania nel 1998 - Vicepresidente del Gruppo Giovani a livello nazionale nel 2001 - ha fatto anche parte della squadra di Vicepresidenza Ance Campania; attualmente è inoltre componente del Comitato di Presidenza e della Giunta Ance nazionale. Inoltre è Consigliere del Direttivo dell’Associazione Costruttori Edili di Salerno. Nel sistema confindustriale é componente della Giunta a Salerno, del Consiglio Direttivo e della Giunta di Confindustria Campania.
Al nuovo numero uno degli imprenditori edili campani abbiamo chiesto quali sono le misure urgenti per ridare slancio al settore delle costruzioni e dei lavori pubblici che, negli ultimi mesi, ha subito un brusco calo sul fronte occupazionale.

Presidente, la crisi ha colpito anche il mondo dell’edilizia campano. In quale situazione versano le imprese del settore?
Per investimenti e posti di lavoro le costruzioni rappresentano in Campania il primo comparto industriale. Gli investimenti in costruzioni rappresentano il 10,6% degli impieghi del Pil regionale: siamo quasi un punto al di sopra della media nazionale (per l’Italia è il 9,9%). Il nostro settore occupa 4 addetti su 10 nell’industria. In totale lavora nelle costruzioni ben il 10% degli occupati nell’intero sistema economico della nostra regione. Rispetto alla media nazionale degli investimenti nel settore abitativo, sia pubblico che privato, siamo indietro di circa 10 punti: 45,3% in Campania (dati 2007) rispetto al 54,3% (media Italia). Il dato regionale si compone di nuove costruzioni per il 24,7%, e di interventi sullo stock abitativo esistente per il 20,6%, lontano dalla media nazionale, che è al 28,2%. La Campania è fortemente dipendente dagli investimenti pubblici in costruzioni non residenziali, pari al 26,6% del totale degli investimenti contro il 19,3% del dato medio nazionale. Il picco è a Napoli, con una quota del 40%. Molto preoccupante è la situazione occupazionale. In Campania fra gennaio e settembre 2008 abbiamo perso il 12,5% degli occupati nel settore delle costruzioni rispetto all’analogo periodo del 2007, un calo che colpisce in pari misura sia lavoratori dipendenti (che pesano per il 70% sul totale) che autonomi. La situazione quindi come vede è particolarmente grave e bisogna agire subito.
Lei ha già ottenuto un posto al tavolo della Centrale di Committenza regionale per gli appalti pubblici. Cosa si propone di fare e cosa chiederà da subito all’Ente regionale?
Gli appalti pubblici sono una nota dolente del mercato. In Campania negli ultimi anni sono calati drasticamente, sia per numero di bandi pubblicati sia per gli importi a base di gara. Dal 2003 al 2008 abbiamo perso 10,4 punti in valore dei bandi di gara; mentre in termini numerici si sono quasi dimezzati: la riduzione è complessivamente del 46,3%. Nel 2008 in Campania, infatti, sono stati pubblicati bandi di gara per un valore complessivo di 2.356 milioni di euro, un aumento rispetto al 2007 pari al 7,6% in valori correnti e del 4,6% in termini reali. Questi dati arrivano dopo due anni, il 2007 e il 2006, in cui il valore dei bandi è diminuito rispettivamente del 23,2% e dell’11,6%. Pertanto, il leggero aumento in valore dei bandi di gara per lavori pubblici nell’anno appena trascorso è da attribuirsi esclusivamente alla pubblicazione di due bandi di gara d’importo superiore ai 100 milioni di euro: a) realizzazione dell’impianto di termodistruzione della Provincia di Salerno; b) affidamento in concessione di un porto turistico in località Pastena-Salerno. Al netto di queste due opere, del valore complessivo di 505 milioni di euro, anche per il 2008 registriamo un calo del valore dei bandi di gara (pari al 17,8%). Si dimezzano i bandi di taglio medio, le classi d’importo comprese fra i 18,6 e i 50 milioni di euro e fra i 75 e i 100 milioni, scendono rispettivamente del 41% e del 50%. Qui la crisi economica mondiale non c’entra. In Campania non esiste una vera attenzione delle pubbliche amministrazioni alla necessità di ricercare soluzioni nei finanziamenti privati e negli strumenti a disposizione degli operatori, l’unica fonte oggi esistente, per dare concreta ripresa al sistema dei lavori pubblici. I tempi sono ancora troppo lunghi ed incerti. Manca la fiducia nella funzionalità del disposto legislativo. Oggi occorre un intervento forte sul fronte normativo. Basta con le parole, vogliamo i fatti, la crisi lo impone.

Com’è il rapporto con il mondo del credito?
Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un vero e proprio razionamento del credito da parte delle banche con evidenti ripercussioni sui piani di investimento. Ora, e non oltre, va invertita la tendenza con una nuova politica di cooperazione e integrazione tra settore edile e credito, per promuovere nuove forme di investimento e nuovo sviluppo per il nostro territorio. Una specifica Commissione fra Ance Campania e Istituti di credito può costituire il punto di partenza. Occorre un luogo di confronto dal quale far emergere nuove sinergie, una sede privilegiata per portare avanti le istanze, le necessità del settore, per definire le linee di intervento per rilanciare la nostra Regione e le nostre imprese. Si parla tanto di project financing e leasing in costruendo, per fare due esempi: sono strumenti importanti, ma restano inefficaci senza il coinvolgimento attivo del settore del credito e senza la condivisione tra banca e impresa del progetto e del rischio dell’iniziativa. Tutto ciò richiede, necessariamente e in parallelo, l’avvio di processi di aggregazione tra le singole imprese, per migliorare le capacità patrimoniali e per consentire un accesso al credito più snello e veloce. Ritengo, inoltre, che vada implementata e rafforzata anche la sinergia di tutti gli operatori intorno ad un Confidi regionale, con convenzioni anche di carattere nazionale.

In tema di sicurezza e legalità cosa intende fare per il comparto?

La garanzia delle condizioni di lavoro dei nostri operai è da sempre una delle priorità assolute dell’attività dell’Associazione. Nel 2007 gli infortuni nel nostro settore, solo in Campania, sono stati 2433 e faccio riferimento ai dati forniti dall’Inail relativi, peraltro, alla sola parte di infortuni indennizzati. È un dato allarmante che deve farci riflettere e che deve spingerci a trovare nuove forme e nuove strumenti per arginare questo fenomeno. Diffondiamo ancora di più la cultura della sicurezza nei cantieri edili, promuovendo la formazione - attraverso il Formedil, le nostre Scuole Edili ed i CPT - dei nostri operai. Valorizziamo il lavoro svolto dagli enti paritetici, cogliendone le opportunità di crescita e le risorse di professionalità. Sviluppiamo forme efficaci di premialità, per incentivare e promuovere percorsi virtuosi. Sul fronte legalità invece l’Ance Campania va affermando da anni nelle sedi politiche, istituzionali ed associative, che la crescita e il buon funzionamento di un’economia di mercato sono influenzati, esclusivamente, dalla “fiducia” degli operatori, intendendo questa ultima come la possibilità di vivere in un ambiente nel quale i diversi attori locali possono operare nel rispetto della legalità e delle regole sancite dal legislatore. Ritengo, infatti, che il recupero di determinate aree urbane, sia una delle condizioni primarie per battere la criminalità. Nel concreto della nostra attività di imprenditori edili vogliamo quindi affermare un risvolto, non marginale, anche per una funzione civile e per un ruolo di classe dirigente. Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo rappresentare sempre il “settore oscuro” dell’economia del Paese, ma il principale indotto economico e il motore fondamentale per la ripresa dell’occupazione e per lo sviluppo sostenibile locale e nazionale.

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