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  Dicembre 2012

Articoli n° 03
APRILE 2009
EDITORIALE - Home Page
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Tra gap infrastrutturale e ostruzionismo burocratico, il Mezzogiorno
non È piÙ la solita “questione”?

Agostino Gallozzi
Presidente Confindustria Salerno


Si parla spesso del gap infrastrutturale che “punisce” il Mezzogiorno rispetto alle altre aree del Paese. É, in realtà, un problema sostanziale, soprattutto perché si tratta di un bacino geograficamente più distante dal cuore dei mercati europei. Esiste, cioè, uno svantaggio competitivo “ancestrale” che non è stato mai del tutto colmato. Anzi, quando si sono rivelate altrettanto determinanti - oltre quelle materiali - le reti immateriali, il ritardo si è incrementato alimentando un circuito negativo sempre più difficile da interrompere. Oggi il problema più complesso - al di là del dato reale sopra richiamato - riguarda, però, l’ostruzionismo burocratico nel quale si perdono progetti (finanziati con capitale pubblico o privato) di estrema rilevanza. É importante esprimere il concetto di “ostruzionismo burocratico” perché in esso si compendiano due elementi distruttivi. Da un lato la tecnicistica “sovra-normazione” tipica del sistema italiano; dall’altro la lentezza della Pubblica Amministrazione alla quale si somma una originale duplicazione di percorsi istituzionali e di competenze a volte davvero incomprensibili. In tale complicato contesto - che scoraggia investimenti ed intraprese di qualsiasi genere - si inserisce il divario del Sud con il Centro-Nord. Siamo al punto che si tenta di equiparare la “questione meridionale” con una “questione settentrionale” che se esiste certamente sul piano della rappresentazione (strumentalizzazione?) politica, è assai opinabile che possa ritrovarsi sotto il profilo dell’analisi economica. Autorevoli studiosi confermano che la “prova” del federalismo fiscale consisterà proprio nell’evitare che le convenienze politiche travalichino l’obiettività dell’analisi dei dati. In altre parole, è la stessa classe dirigente meridionale che dovrà abbandonare una sorta di “sudditanza culturale” rispetto alla diffusione di messaggi politici che mistificano la realtà effettuale dei numeri e delle cifre relative al Mezzogiorno. Un esempio che sovrasta in questo momento altri pure di per sé gravissimi: la vicenda del “dirottamento” dei fondi Fas è certamente premiale per il Nord, ma questo non basta a restituire l’esatta coscienza dello stato delle cose a larga parte degli attori istituzionali del Sud che continuano a rincorrere l’altra metà del Paese senza dare l’impressione di essere consapevoli di una serie di provvedimenti che impediscono il riallineamento delle due economie del Paese.
Senza un Mezzogiorno che cresce e converge verso il Centro-Nord - come è dimostrato da studi approfonditi relativi alla grande crisi degli anni ’70 del secolo scorso - è la stessa parte più dinamica dell’Italia che non riesce a mantenere un tasso di sviluppo adeguato alle aspettative interne ed internazionali. Perché la verità è - come la grande tradizione del pensiero meridionalista ha bene insegnato - che non possono esistere due mercati interni che non “comunicano” tra di loro. E, poi, emerge un interrogativo su tutti gli altri: siamo davvero sicuri che la competizione del sistema-Italia deve essere orientata solo verso il centro-Europa e verso i Paesi emergenti dell’Est? Oppure sarebbe il caso di riscoprire il valore delle vocazioni territoriali investendo seriamente sui processi di crescita in atto nel Mediterraneo (area di libero scambio; rafforzamento dei flussi mercantili attraverso Suez; crescente integrazione della sponda nord-africana eccetera)?

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