Banca-Impresa
Avellino, cittÀ dei servizi
e delle imprese
L’importanza della formazione
Grande partecipazione ai corsi
di Filomena Labruna
Banca-Impresa
Da sinistra: Giovanni Lettieri, Silvio Sarno, Cosimo Rummo, Emma Marcegaglia, Antonio Della Gatta, Agostino Gallozzi e Giorgio Fiore
Pubblichiamo, di seguito, l’intervento del presidente di Confindustria Avellino Silvio Sarno alle Assise di Confindustria Campania dello scorso 9 luglio.
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La crisi economica che stiamo vivendo si connota per diversi fenomeni sottostanti che devono essere esplicitati e governati.
Tra questi, per immediatezza ed impatto, il rapporto banca-impresa riassume e diventa simbolo di uno stato di tendenza non solo del credito, ma anche delle condizioni più generali nelle quali le imprese operano.
In questi anni in Campania sono stati posti con decisione dalla Confindustria Campania e dalle cinque rappresentanze Territoriali la perdita di riferimenti territoriali decisionali del credito e la strutturale differenza di costo del denaro e di condizioni che le imprese meridionali devono sopportare.
Il dialogo con le banche e la moral suasion verso il sistema avevano prodotto una tendenza ad avvicinare le differenze, che comunque perdurano.
Il primo e più evidente degli aspetti negativi di questa crisi è che si è interrotto questo percorso faticosamente avviato di riallineamento dei tassi praticati tra nord e sud del Paese.
Nel 2008 il tasso sui prestiti a breve nella regione è balzato all'8,6%, 30%.
Si è arrestato, nel dicembre 2008, l'andamento del credito accordato.
Si è interrotta la tendenza che tra il 2003 al 2007 ha visto un aumento del finanziamento alle imprese del 15% trimestrale.
C'è uno spostamento sostanziale del credito sulle linee a revoca.
Nel marzo 2009 le dinamiche hanno registrato alcuni movimenti di ripresa e nel contempo lievi miglioramenti delle condizioni.
La crisi, inoltre, ha colto in fase di ristrutturazione i Confidi il cui processo di concentrazione è stato alquanto debole nella nostra regione.
Queste strutture di garanzia sono ancora avvinte dalla frammentazione e in pratica poco potenziate.
C'è quindi un peggioramento delle condizioni del credito che aggrava il divario strutturale.
La parte più cospicua del divario è dovuta a fattori ambientali che innalzano il livello del rischio.
I fattori locali, avverte la Banca d'Italia, hanno un effetto sostanziale sulla maggiore incertezza nella valutazione del merito del credito di sicuro molto di più della dimensione delle imprese e del settore merceologico.
Le imprese sane e vere anche sul credito sopportano di conseguenza il peso occulto delle diseconomie esterne.
Eppure se la rischiosità del credito non ha determinato più alti livelli di sofferenze è solo perché le imprese stanno affrontando la crisi con una più solida condizione (anche questa tendenze è rilevata dalla Banca d'Italia).
Migliora la leva finanziaria delle imprese campane. Il flusso di nuove sofferenze è determinato all'1,5%. Era dell'1,6 nel dicembre 2007, e dell'1,3 nel dicembre 2006.
Aumenta, invece, il rischio di insolvenza evidenziato dai mancati pagamenti o ritardi oltre i 90 giorni.
Ci sono quindi azioni da svolgere per evitare che gli effetti negativi della crisi peggiorino le condizioni strutturali.
Spesso nel confronto con i dirigenti bancari li avverto che in questa crisi funziona poco la cosiddetta distruzione creatrice.
Se un'impresa muore per “asfissia finanziaria” non c'è possibilità nel medio periodo di rigenerarne una nuova. Basta vedere l'andamento negativo tra la mortalità e natalità delle imprese in questi primi mesi del 2009 nel Mezzogiorno.
Sono una valutazione oggettiva delle difficoltà attuali i chiari inviti alle banche del Governatore Draghi, ripetuti ancora di recente con più spinta analisi, determinazione e richiami, ad affinare la capacità di valutazione del credito, in questo eccezionale momento, di guardare al medio lungo termine, di abbandonare la prassi odiosa sulle commissioni di massimo scoperto.
Possiamo scontrarci col sistema bancario, denunciare decisioni unilaterali che riguardano principalmente le piccole e a volte le medie imprese.
Ma è pur vero che un lavoro proficuo è quello di riproporre, anche in questa crisi, un più serrato confronto, per far prevalere una fiducia reciproca piuttosto che un'atavica diffidenza.
Le iniziative intraprese da Confindustria nazionale sono note ed hanno esitato decisioni governative.
Gli accordi con Abi consentono tavoli di confronto su tendenze macroeconomiche che si compongono di articolati fenomeni.
Le intese con le banche (di recente quella tra Banca Intesa e Piccola Industria) aiutano a predisporre strumenti più affinati.
Credo che spetti alla struttura regionale e Territoriali di Confindustria mantenere alta l'attenzione nelle singole realtà. Verificare che i provvedimenti assunti dal Governo nazionale e dalle Autorità monetarie abbiano impatto sulle imprese. Porre in essere iniziative che agevolino il rapporto banca-impresa.
In Campania sono state poste in essere due strategie.
Quella degli accordi (l'Unione degli Industriali di Napoli protagonista di un accordo con l'Abi per la postergazione delle rate maturate e maturanti nel 2009 e 2010 dei mutui concessi per investimenti in beni strumentali); e l'altra che si incentra su confronti informali con i dirigenti bancari per un esame puntuale delle situazioni di patologia del rapporto.
Le iniziative delle Territoriali dipendono quindi dalle concrete situazioni che si determinano nelle realtà di riferimento.
Del resto, le difficoltà maggiori sono avvertite dalle piccole imprese che spesso hanno già registrato delle modifiche unilaterali delle condizioni del credito.
Là c'è il nodo al quale il sistema Confindustriale ha assicurato, previa specifica valutazione, un affiancamento che aumentasse il potere contrattuale delle piccole.
Al sistema bancario abbiamo lanciato un messaggio che le piccole imprese anche se piccole non sono sole.
Il fatto che i maggiori incagli si stiano registrando da parte delle imprese che vantano crediti verso la Pubblica amministrazione sposta l'attenzione su altri interlocutori istituzionali, siano essi singoli Enti locali o Regione.
Ma questo approccio evidenzia anche un altro aspetto: quello dei limiti discrezionali entro i quali opera il sistema bancario. Alcuni dipendono da fattori strutturali: Basilea II non aiuta. Bisogna riportarlo al centro delle richieste per una moratoria della sua rigida applicazione.
Importante, quindi, è la lettera che lei, presidente Marcegaglia, ha inviato ieri (8 luglio, ndr) al Presidente Berlusconi per porre al G8 in corso a L'Aquila la discussione e l'impegno dei maggiori Paesi sulle modifiche delle condizioni poste da Basilea II che hanno effettivamente in questo scenario caratteri prociclici.
Gli altri limiti attengono alla prassi bancaria che affidano la valutazione del merito del credito a programmi informatici rigidi e standardizzati.
Troppo lunghi, inoltre, sono poi i tempi di valutazione.
L’eccesso di burocrazia che ha accompagnato i processi decisionali bancari ha depotenziato le decisioni territoriali (c'è da invocare la sussidiarietà anche nel sistema bancario, visto che sono le fondazioni le principali azioniste). Noi invece abbiamo bisogno di risposte più personali e rapide.
Dare ossigeno special modo in questo momento alle valutazioni di qualità che riguardano sia i piani, sia le capacità degli imprenditori.
Le banche a livello locale hanno una competenze di collocazione dei prodotti finanziari mentre non hanno sviluppato se non nell'ambito del strutture del private equity la loro capacità di valutare piani aziendali.
In questo contesto, va anche abilitata la funzione delle Banche del Credito Cooperativo che in alcune aree hanno svolto una funzione strategica.
Nel Mezzogiorno sono ancora compresse nel ruolo che possono svolgere a sostegno delle imprese.
Anche noi dall'altro abbiamo di perseverare e sollecitare gli Imprenditori a porre in essere strategie di aggregazione, di maggiore capitalizzazione, di più chiare comunicazioni.
Dall'altra questa propensione deve essere favorita da adeguate politiche pubbliche e da un quadro di riferimento operativo certo.
In Campania la materia su cui lavorare è tanta. Accenno solo ad alcuni problemi sui quali insistere.
La gestione del consolidamento delle passività a breve che è una misura attuativa del programma Paser della Regione Campania. Dobbiamo verificare la possibilità di incrementarne l'operatività. Il bando per l'innovazione e lo sviluppo e l'applicazione del credito d'imposta regionale ritardano.
Anche sostenendo adeguatamente il rilancio delle imprese si allenta la tensione sul fronte del credito.
Dobbiamo poi lavorare a che le banche non utilizzino, quali soggetti accreditati alle istruttorie dei bandi regionali, questa loro posizione, non per stabilire più intensi rapporti con le imprese ma solo per acquisire nuova clientela.
Io credo che l'incontro di oggi possa rappresentare alla presidente Marcegaglia la dimensione dei problemi reali del sistema economico regionale ma nello stesso tempo una operatività del sistema confindustriale che a volte con azioni di risalto, spesso con attività discreta, agisce sui nodi fondamentali della crisi e dei ritardi strutturali.
Certo sentiamo come manchevole una strategia più ampia che leghi il Mezzogiorno ad una prospettiva nazionale di intervento.
Come del resto è necessario che lo stesso Mezzogiorno dia segni di un nuovo protagonismo, che non disperda soprattutto quella tendenza all'imprenditorialità faticosamente acquisita nel corso di questi anni.
C'è un sistema produttivo sano nel Mezzogiorno, con punte di alta eccellenza.
Ci sono settori che possono effettivamente fare la differenza per il sistema economico nazionale nell'economia globale.
Dobbiamo soltanto vincere la diffidenza alimentatasi nel Paese che spesso condiziona le scelte del Governo, non spinge gli stessi Istituti di credito a credere di più nello sviluppo di un'area strategica, che blocca di fatto nell'area meridionale l'attrazione di investimenti internazionali.
C'è un’imprenditoria che qualitativamente si è posta mediante Confindustria quale riferimento dei processi economici territoriali.
Ad Avellino, per esempio, l'apparato industriale si caratterizza per la importante filiera automotive, per il settore agroalimentare, per alcune leadership di nicchia dell'informatica.
Vogliamo mantenere integro questo sistema.
Nell'automotive ha già preso consistenza processi di aggregazione delle piccole e medie imprese. Siamo fiduciosi della validità della presenza di stabilimenti Fiat rispetto anche alle nuove strategie globali del settore auto.
L'agroalimentare resiste bene alla crisi. L'impegno in questi anni è stato ampliato. É diretto anche alla maggiore attenzione alle piccole imprese.
Non vogliamo che questa crisi disperda la propensione all'imprenditorialità che prima di essere un dato economico è un valore del territorio che vogliamo gelosamente preservare e ulteriormente sostenere.
Concludo con una citazione tratta dall'ultima enciclica del Papa (Caritas in veritate) alla quale dovremmo riservare una comune riflessione per l'ampio risalto ai temi attuali e alla funzione imprenditoriale nel progresso sociale ed economico.
«La crisi diventa occasione di discernimento e di nuova progettualità» dice il Papa. «In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente». |