Alcune direttrici per far ripartire
l’economia campana
Giovanni Lettieri,
Presidente Unione Industriali
di Napoli
Il nostro territorio sta vivendo la fase di crisi più acuta degli ultimi 20 anni. Il recente Rapporto della Banca d’Italia sull’economia della nostra regione indica la Campania prima in Italia per indice di povertà. Nel 2008 si è registrata una flessione del 2,5% del fatturato dell’industria, sono calate dell’1,8% le esportazioni, è diminuito del 2,2% il numero di occupati, mentre il tasso di disoccupazione è risalito quasi al 13%. Sono crollate del 14,9% le compravendite immobiliari, il calo delle presenze turistiche ha sfiorato il 4%. A ciò va aggiunta una brusca stretta del credito, molto maggiore rispetto ad altre regioni meridionali.
Il Sud nel suo complesso attraversa da anni un periodo molto difficile. Dal 1997 al 2008 ben 700mila giovani sono emigrati verso il Centro-Nord, come sottolinea l’ultimo Rapporto Svimez. In Campania, tuttavia, si è assistito a un vero e proprio tracollo, con un territorio ormai fanalino di coda nazionale e meridionale.
Come invertire questa tendenza? Molto dipende dalle politiche di governo del territorio, da una ritrovata efficienza delle istituzioni.
Certo, anche le imprese devono, quando occorre, saper innovare processi e prodotti, dotarsi di maggiore capitalizzazione attraverso opportune strategie di aggregazione, puntare con più decisione sui mercati esteri.
Ma la migliore delle aziende in un contesto non competitivo prima o poi è destinata a cedere il passo. É per questo che invochiamo risposte indifferibili dagli interlocutori istituzionali, la cui azione deve essere caratterizzata da rapidità, efficienza e determinazione.
Bisogna innovare le politiche industriali. Valorizzando le competenze esistenti, favorendo dei poli, dei clusters.
Le diverse componenti produttive di un comparto specialistico si avvantaggerebbero da una loro concentrazione, in termini di economie di scala, di scambi, di comunione di servizi. A sua volta questa avrebbe senso se fosse realizzata intorno ad un centro, un pivot, che non è difficile individuare, anche a rigor di logica, nelle grandi aziende, nel principale committente di quel comparto. Cito l’Alenia per l’aeronautico, l’Ansaldo per il ferro-tranviario, la Fiat per l’auto.
Vanno individuati dei luoghi e degli spazi intorno a queste aziende per far sviluppare e nascere altre imprese che possono far parte della filiera, integrarsi tra loro, incontrarsi per creare delle “sotto-filiere”, pensare insieme nuovi prodotti, soddisfare nuovi mercati.
É in questa prospettiva che è possibile perseguire una crescita produttiva ecosostenibile, che faccia anche dell’abbattimento delle emissioni di CO2 un bollino di qualità utile per il mercato e per i consumatori. |