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Ambiente, messa in sicurezza dei Siti industriali:
il Consiglio di Stato apre una breccia
di Antonio Arricale
Ambiente, messa in sicurezza dei Siti industriali:
il Consiglio di Stato apre una breccia
Il collegio d’appello accoglie il ricorso delle imprese e sospende la precedente ordinanza del Tar Lazio imponendo al Commissario regionale per la bonifica di riesaminare la vicenda
in contraddittorio con gli interessati
Messa in sicurezza di emergenza dei siti industriali: il Consiglio di Stato sospende l’ordinanza del Commissario alle bonifiche di caratterizzazione. É un primo importante segnale a favore delle imprese.
La vicenda risale all’agosto scorso, quando il Commissariato di governo per l’emergenza, bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania intimò agli imprenditori delle aziende presenti in 76 comuni campani - la stragrande maggioranza dei quali in provincia di Caserta - di «provvedere ad horas e non oltre quarantotto ore dalla ricezione della presente, alle procedure per la messa in sicurezza del sito e di trasmettere, non oltre 30 giorni dalla ricezione della presente, il Piano di Caratterizzazione, nonché tutta la documentazione del sito di che trattasi».
Ebbene, come si diceva, favoriti da Confindustria Caserta e con l’assistenza dei legali dello studio Contieri di Napoli, i ricorsi promossi da alcune aziende contro il diktat del Commissariato sono stati accolti dalla sesta sezione del Consiglio di Stato (presidente Giuseppe Barbagallo, relatore Marcella Colombari), che ha infatti sospeso la precedente ordinanza del Tar Lazio concernente, appunto, la messa in sicurezza di emergenza dei rispettivi siti industriali.
Una decisione, quella assunta dal collegio giudicante d’appello, sulla scorta dei precedenti giurisdizionali in materia, in particolare relativi al difetto di istruttoria e di motivazione, che dunque impone all’Amministrazione di riesaminare la vicenda nel contraddittorio con l’interessato.
In vero, sulla vicenda dei siti cosiddetti di interesse nazionale (Sit), Confindustria Caserta ha messo in campo, nei mesi scorsi, autorevoli esperti e promosso, con la collaborazione della facoltà di Scienze Ambientali della Seconda Università, due seminari di approfondimento, coinvolgendo - ma senza fortuna - lo stesso Commissariato regionale.
Nel convegno dell’ottobre scorso, per esempio, emergevano chiaramente una serie di argomentazioni a favore delle imprese, che anche la più ottusa burocrazia avrebbe dovuto considerare e che, ovviamente, non ha fatto. Insomma, definire in pochissimo tempo la “caratterizzazione oggettiva” del tipo di inquinamento interessante il terreno, il sottosuolo e le acque sotterranee di pertinenza delle aziende, accertarne i valori attraverso centinaia di analisi chimico-fisiche, e procedere infine alla bonifica dei suoli sarebbe stata un’operazione non soltanto complessa, ma anche onerosa. Una stima che, secondo gli esperti, alle grandi aziende sarebbe arrivata a costare fino a 8-900mila euro; alle piccole imprese, invece, non meno di diverse decine di migliaia. Addirittura 70-80 mila euro per le aziende di piccolissime dimensioni.
Non solo. L’intimazione del Commissariato regionale delle bonifiche contraddiceva peraltro anche due principi consolidati in materia diritto ambientale. Il primo: chi inquina paga. E, nel caso in questione, l’inquinamento di un terreno potrebbe essere stato ereditato dal nuovo proprietario o semplicemente conseguenza di altre attività illecite compiute nella zona. Il secondo principio: non si può colpire un delitto sopprimendo un diritto.
Principi e argomentazioni sulla scorta dei quali Confindustria Caserta è intervenuta, nei mesi scorsi, presso Ministero dell’Ambiente e Commissariato regionale di governo per chiedere, purtroppo senza fortuna, la sospensione dei provvedimenti. Ora, però, l’ordinanza del Consiglio di Stato apre finalmente una breccia nella vicenda.
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