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  Dicembre 2012

Articoli n° 05
GIUGNO 2008
 


Inserto

Agostino Gallozzi
Relazione Assemblea dei Soci 2008

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La Tunisia vista dall’interno

a cura di Ely Szajkowicz, Responsabile Comunicazione Assafrica & Mediterraneo
news@assafrica.it


L’esperienza diretta di chi ha affrontato la sfida dei mercati esteri in modo propositivo

Tunisi, 16 novembre 2007: il Comitato Mezzogiorno di Confindustria si riunisce per la prima volta in una capitale Sud mediterranea, anziché nella sua sede naturale in Confindustria. Tunisi è a mezz'ora di aereo da Palermo e Catania e a un'ora da Roma, più o meno quanto impiegano i circa 15.000 imprenditori veneti e friulani che partendo da Verona e Trieste hanno portato attività e know-how in Romania e Ungheria.
Ma perché un imprenditore dovrebbe andare in Tunisia? Assafrica & Mediterraneo lo ha chiesto a Francesco Mangione, che ci spiega il perché delle sue scelte di imprenditore.

Ho sempre sostenuto che la malattia più pericolosa che può colpire un imprenditore è la cosiddetta “sindrome da valigetta”.
Mi riferisco a quella categoria di imprenditori che passano le giornate ad ottimizzare i processi produttivi alla ricerca di macchinari e soluzioni sempre più performanti, al miglioramento continuo del complesso aziendale e sono purtroppo restii ad allontanarsi per esplorare i mercati per capire cosa è necessario ed opportuno produrre oggi e soprattutto cosa e come fare domani.
I più prudenti ed avveduti imprenditori, riluttanti ad allontanarsi dalla tolda di comando, sono quelli che si dotano di collaboratori o meglio ancora di managers deputati al presidio del mercato. Purtroppo non basta. Mi permetto di asserire che l’imprenditore è soprattutto colui che possiede doti innate di carattere intuitivo e riesce a percepire sfumature e dettagli che normalmente non emergono agli occhi della maggioranza. Questa convinzione mi ha portato ad occuparmi da sempre in prima persona non solo delle strategie commerciali, ma anche di alcune delle attività di contatto con i clienti ed il mercato.
Svolgo questa attività di supervisione anche oggi che l’azienda è strutturata con una robusta rete vendita coordinata sul territorio da tre area-managers con i quali mi sento più volte durante la giornata, oltre ad affiancarli di tanto in tanto.
É lapalissiano che un’impresa che si misura con i mercati, che cresce e si sviluppa in modo costante non può porre steccati di sorta al proprio raggio di azione.
L’impresa familiare che presiedo è di prima generazione e pertanto abbiamo dovuto inventare ed immaginare tutto. Siamo cresciuti negli anni da 0 a 20 milioni di euro e da 3 addetti a 170, oltre 30 agenti. Abbiamo sempre vissuto il mercato nazionale in modo proattivo e gestito passivamente le richieste provenienti da mercati esteri.
In questi ultimi anni, la presidenza confindustriale di Montezemolo ha fatto dell’internazionalizzazione un imperativo categorico, trascinando con entusiasmo la categoria non solo fisicamente ma anche con una grande attività mediatica e di comunicazione che ha fortemente stimolato l’immaginario collettivo degli imprenditori, noi inclusi.
I dati di crescita delle esportazioni, che hanno accompagnato le missioni di sistema, non potevano lasciarci insensibili.
Così abbiamo deciso di affrontare i mercati esteri in termini propositivi.
In primis, abbiamo selezionato un export area manager ed un addetto junior, nella consapevolezza che non si può essere tuttologi ed i ruoli devono essere coperti.
Contestualmente abbiamo guardato cosa c’era nel sistema confindustriale, scoprendo così la realtà Assafrica & Mediterraneo.
Grazie ad Assafrica, in meno di un anno, siamo stati coinvolti nella missione a Tunisi ed in Egitto oltre ad avere conosciuto l’iniziativa di Unioncamere “Una finestra sul Mediterraneo”.
Sempre grazie ad Assafrica abbiamo partecipato a una serie di incontri e iniziative che ci torneranno molto utili, una per tutte la costituzione di una banca dati che contiene profili professionali con significative esperienze sui mercati africani.
É del tutto ovvio che un’impresa del Mezzogiorno sia portata a valutare in via prioritaria i mercati africani, non solo per motivi logistici ma anche e soprattutto per affinità ambientali e climatiche. Per quanto anche Mosca sia interessante, come imprenditore del Mezzogiorno, nel mese di novembre mi trovo più a mio agio a Tunisi con 18/20° che non sotto il Cremlino a -5. Al di là del contesto abbiamo trovato in Tunisia una società aperta, molto affine ad usi e costumi europei. Si percepisce girando per la città che vi è un benessere diffuso e, a differenza di alcuni Paesi africani, non vi è il forte contrasto di una sparuta classe abbiente con un’ampia schiera di cittadini poverissimi.
A Tunisi abbiamo incontrato l’intera Giunta dei colleghi di Confindustria Tunisia (UTICA) dove erano numerose le donne a capo delle varie sezioni ed era donna anche il Direttore Generale dell’Agenzia degli Investimenti esteri (FIPA), a conferma di una società aperta.
Il Presidente di Confindustria Tunisia Djilani parla correttamente l’italiano e risulta una persona affabile ed estroversa. L’approccio dei colleghi è stato garbato ed il contesto generale molto professionale.
Ci è stato documentato che in Tunisia affluiranno, per i prossimi dieci anni, flussi finanziari dai Paesi del Golfo per almeno 50 miliardi di dollari l’anno finalizzati a insediamenti turistici e residenziali (all’epoca il petrolio si attestava “solo” a 70/80 dollari). Una prima intera città è stata già progettata ed abbiamo visionato dei progetti di massima, nell’ambito di questo primo insediamento vi sarà una nuova cittadella degli Studi patrocinata dall’Università di Harvard, a seguire altre otto intere città verranno realizzate.
L’opportunità per chi, come noi, opera nella filiera dell’edilizia, non può essere ignorata.
Aggiungo che le prospettive anzidette potranno avere riflessi anche sul comparto dell’impresa dell’arredamento e dell’agro-alimentare, considerando che il made in Italy è preferito ed apprezzato e comunque gli investimenti massicci e la crescita globale dell’economia di un Paese sono prodromi allo sviluppo di business per tutti i settori.
La Tunisia non solo va vista come mercato nazionale, ma soprattutto intesa come piattaforma continentale verso il mercato nord-africano che dal 2010 si proporrà come “mercato del libero scambio nel Mediterraneo” e vedrà coinvolti 200 milioni di persone.
Doveroso aggiungere che la Tunisia può essere vista anche come luogo di approvvigionamento per coloro che operano nel settore ortofrutticolo ed agro-alimentare e della grande distribuzione in aggiunta a quanti fanno logistica nella catena del “freddo”. Affermo ciò poiché in Tunisia vi è una forte attività sull’agricoltura intensiva; il Presidente di Confindustria Tunisia Djilani ha un’azienda che opera su cinquemila ettari.
Interessante è poi la lavorazione della frutta secca e dell’olio d’oliva.
Dulcis in fundo, sono state deliberate dal Governo delle interessantissime agevolazioni fiscali per le imprese che investiranno in attività produttive sul territorio tunisino.
Ritengo che quanto detto finora porti a guardare con estremo interesse alla Tunisia. Per quanto ci riguarda abbiamo inteso costituire una società a Tunisi che nei prossimi mesi diventerà operativa ed i tempi di costituzione hanno comportato l’arrivo in Tunisia di uno di noi munito di deleghe che in una sola giornata ha costituito la società, sbrigato le formalità e l’indomani è potuto tornare in Italia. Cosa aggiungere di più?

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