Una “nuova stagione”
di protagonismo civile ed economico
per riattivare
il dialogo
tra Mezzogiorno
ed Europa
Agostino Gallozzi
Presidente Confindustria Salerno
Da più parti si ripropone con forza la centralità della questione meridionale all’interno del dibattito politico-istituzionale. Il Sud torna a fare capolino - almeno nelle intenzioni che traspaiono da interventi e documenti più e meno importanti - nei processi di valorizzazione e “dinamicizzazione” delle politiche economiche nazionali. Appare sempre più scontato, dopo anni di dubbi o di colpevoli rimozioni, che il Meridione d’Italia può divenire soggetto ed agente economico attivo, imponendosi come fattore decisivo di crescita di tutto il Paese. Il Mezzogiorno - come è ben noto - non è quello che si ama descrivere e non è una realtà omogenea. Ogni analisi rispetto all’individuazione di punti di forza di un territorio, capace di dare vita ad un rilancio delle attività produttive e quindi occupazionali, trova, però, una forte e generale condivisione su un tema di grande centralità: la dotazione infrastrutturale. Si tratta di un elemento fondamentale, che può fare preferire agli investitori un territorio rispetto ad un altro, in un contesto economico nel quale non possono certo essere altri fattori, quali la leva del costo del lavoro, a determinare il grado di competitività.
Un’adeguata dotazione infrastrutturale è, infatti, alla base di una efficace gestione della mobilità delle persone e delle merci. É il pre-requisito fondamentale per consentire alle aziende locali quel salto di qualità verso mercati interni ed esteri “appetibili”, accompagnandole nei percorsi di internazionalizzazione.
Se la scelta è realmente quella di “connetterci” con l’economia del mondo, il ritardo infrastrutturale del Paese va necessariamente colmato con straordinaria velocità, con un impegno “al fare” che l’Italia pur ha saputo vivere a cavallo degli anni ’60 e ’70. É, ormai, inevitabile che nel nostro territorio sia necessario rendere operativa una vera e propria “piastra provinciale e regionale” sull’asse delle “reti lunghe”. La diagnosi è evidentemente già acquisita; la cura anche. Occorre, in definitiva, una “nuova stagione” di impegno collettivo e condiviso. In caso contrario il gap che divide in due l’Italia (con un differenziale di crescita, di reddito e di consumi inquietante) si trasformerà in una discriminante strutturale destinata a “schiacciare” in maniera poco virtuosa la Campania ed il Mezzogiorno verso il Sud del Mediterraneo, allontanandola dall’Europa. Un rischio che anno dopo anno sta diventando acclarata realtà. Un rischio contro il quale occorre uno scatto di orgoglio: società civile, istituzioni, politica, forze sociali e produttive sono chiamate ad una prova decisiva. Forse è l’ultimo appello utile, prima di un declino che è già nei fatti della quotidianità.
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