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  Dicembre 2012

Articoli n° 05
GIUGNO 2008
 


Inserto

Agostino Gallozzi
Relazione Assemblea dei Soci 2008

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GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI


Un valido strumento per il salvataggio delle imprese in crisi

Maurizio Galardo
Avvocato, Studio Legale Galardo & Venturiello
info@galardoventuriello.it


L’art. 182 bis inserito nella legge fallimentare (R.D. n. 267/1942) con il d.l. 14 marzo 2005 n. 35 e modificato da ultimo con il D.Lgs. 169/2007, disciplina l’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti, strumento che valorizza il ruolo dell’autonomia privata nella gestione della crisi d’impresa, senza eliminare del tutto l’esigenza di un controllo giurisdizionale. L’imprenditore in stato di crisi ha la possibilità di chiedere al tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori. Il ricorso deve essere corredato, oltre che dalla documentazione di cui all’art. 161 della legge fallimentare anche dalla relazione di un esperto che ne attesti la concreta attuabilità, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei. L’istituto si caratterizza per la presenza di due fasi, la prima stragiudiziale, nel corso della quale vengono intraprese le trattative dirette al raggiungimento di una soluzione transattiva con i creditori che rappresentano almeno il 60% della massa creditoria e che conduce alla formalizzazione di un accordo, ed una seconda fase giudiziale, diretta ad ottenere l’omologazione dello stesso. Il contratto viene predisposto dalle parti nella massima autonomia; con esso si prevede, tra l’altro, un pactum de non petendo tra debitore e creditori, eventualmente condizionato all’omologazione, in forza del quale i creditori si impegnano a non chiedere la dichiarazione di fallimento del debitore. Esso potrà prevedere, tra l’altro, la parziale rinuncia al credito, la concessione di dilazioni di pagamento, la rideterminazione o lo stralcio degli interessi maturati, l’emissione di obbligazioni o altri titoli di debito, la stipulazione di contratti di associazione in partecipazione, l’attribuzione di strumenti finanziari partecipativi, la conversione di crediti in capitale, la concessione di garanzie reali o personali, l’erogazione di nuova finanza. Il fine dell’accordo è quello di ripristinare la solvibilità dell’impresa, sia nella prospettiva del salvataggio della stessa e quindi della continuazione dell’attività, che in quella, seppur come extrema ratio, di una sua liquidazione. In ogni caso l’accordo deve essere concluso con i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti e deve essere idoneo ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei, oltre a dover essere pubblicato nel registro delle imprese. Dalla data della pubblicazione e per sessanta giorni i creditori per titolo o causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore; da ciò discende un importante effetto protettivo del patrimonio dell’impresa, funzionale all’attuazione dell’accordo. Altro rilevante effetto protettivo derivante dall’omologazione è quello previsto dall’ art. 67 comma 3 lett. e. della legge fallimentare secondo cui gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione dell’accordo omologato di cui all’art. 182 bis. non sono soggetti all’azione revocatoria. Vi è la possibilità di prevedere modalità e termini diversi di soddisfacimento per i vari creditori, in deroga al principio della par condicio creditorum; inoltre, a differenza del concordato preventivo, qui non esiste la figura del commissario giudiziale, con conseguente maggiore autonomia per l’imprenditore e non è presente l’obbligo del versamento di alcuna somma per l’ammissione alla procedura.
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