L’Italia
spaccata
L'INTERVISTA A mASSIMO LO CICERO - il dualismo nord-sud
frena l’italia
L’APPROFONDIMENTO DI GIUSEPPE ROSA - Una strategia
in tre punti
per il rilancio del Sud
L’INTERVISTA A FANDREA LANZA -la politica È lontana
dal Mezzogiorno
la politica È lontana
dal Mezzogiorno
Il Rapporto Svimez 2007 riaccende la questione del dualismo Nord-Sud nel nostro Paese.
A leggere i dati sembra, in effetti, che sussista un divario strutturale non colmabile in termini di crescita economica. I dati parlano chiaro: nel 2006 il Pil nel Nord è cresciuto del 2% contro l'1,5% del Mezzogiorno, e in termini cumulativi tra il 2003-2006 il gap è stato ancora più marcato, rispettivamente, 3,7% contro 1,4%. La questione è, appunto, strutturale. Che si tratti di recessione o espansione, il Sud cresce sempre meno del Centro-Nord. Con la differenza che negli ultimi anni la forbice di questo divario si è nuovamente allargata. La causa principale è, a mio avviso, l'ostilità ambientale e istituzionale che connota il Mezzogiorno con rare eccezioni, e che si ripercuote su tutte le attività economiche a partire dai consumi delle famiglie. Se poi aggiungiamo l'effetto devastante della criminalità e l'impatto dell'economia sommersa forse dovremmo, paradossalmente, essere contenti delle performances che l'economia del Mezzogiorno riesce a produrre con tutte queste zavorre.
Il divario Nord-Sud è dovuto solo a un'inadeguata programmazione economica e finanziaria?
Direi che si tratta di una totale latitanza della politica, intesa quale capacità progettuale nel definire e realizzare la vocazione di un dato sistema territoriale, sia questo una città, una provincia o una regione. Che in tanti casi diviene un vero e proprio ostacolo alle iniziative produttive. L'aspetto economico-finanziario è uno dei riflessi. Tuttavia, se guardiamo il dato degli investimenti, specie in macchinari e costruzioni, nel 2006 il Sud è addirittura cresciuto più del Centro-Nord (2,5% contro 2,3%), ma è anche vero che si veniva da un biennio di crescita negativa. Tuttavia, gli investimenti sono una delle componenti della crescita economica, insieme a consumi e spesa pubblica. Se i consumi non ripartono attraverso una sana dinamica di sviluppo, gli investimenti e la spesa pubblica da soli non possono alimentare la crescita. E se a ciò aggiungiamo un inasprimento della pressione fiscale, inutile e dannoso poiché ha avuto l'effetto di rallentare la crescita e di produrre “tesoretti” presto dilapidati, il quadro circa le cause del gap Nord-Sud è completo. Tutto ciò non deve divenire un alibi, specie per le PMI meridionali che dovrebbero interpretare meglio l'evoluzione degli scenari globali e fare scelte più coraggiose e meno localistiche.
Secondo lei nella nuova fisionomia geopolitica dell'Ue non si corre il rischio di aiutare i nuovi paesi aderenti a scapito dei paesi già da tempo membri?
L'Unione Europea è una grandissima opportunità: un mercato comune fatto da oltre 400 milioni di persone dove una buona metà (i paesi da poco entrati che hanno portato alla UE a 25) è in forte crescita economica quasi senza interruzione da circa un decennio. Quanto agli aiuti ai nuovi aderenti, credo sia il caso di fare una semplice considerazione su come le risorse vengano utilizzate. I dati ci dicono che la convergenza tra vecchi e nuovi membri UE a livello di nazioni è in atto senza inversioni di tendenza, mentre quella tra le regioni dei paesi membri presenta un andamento più variabile con una convergenza meno netta. Se poi si vanno a prendere i dati relativo ai paesi (e relative regioni) Obiettivo 1 la realtà è ancora più evidente e richiama le colpe delle classi dirigenti al Sud: ad eccezione dell'Italia (e delle sue regioni Obiettivo 1) tutti i paesi che hanno ricevuto finanziamenti europei hanno registrato una crescita economica sostenuta, in molti casi superiore al 5%, una performance che noi possiamo solo sognare. Ripeto, i nuovi membri UE rappresenteranno insieme alla Cina, all'India e al Brasile le aree economiche più dinamiche del prossimo quinquennio. L'invito è a cogliere questa grande opportunità, dato che per noi si tratta di un mercato domestico (per leggi, valuta e traffico di merci e persone) ancorché internazionale.
Quali le condizioni da garantire perché le potenzialità che il Mezzogiorno possiede possano concretizzarsi?
Non avrebbe un'altra domanda? Mi viene in mente la barzelletta del genio della lampada liberato dopo tremila anni che offre al suo liberatore di esaudire un desiderio, e quello chiede la pace in Medioriente, al che il genio osserva che è troppo anche per un genio, al che l'altro ripiega sul rilancio del Sud ripulendolo dalla cattiva politica e dalle mafie, e il genio rassegnato replica: “uhm....cosa dicevi a proposito del Medioriente?”. A parte le battute, non credo esistano particolari condizioni da garantire se non quelle “normali” della buona amministrazione, della legalità e, a mio avviso, dell'abolizione di qualsiasi forma di trasferimento di risorse pubbliche, che sostituirei con incentivi, crediti e sgravi fiscali previa attuazione di un serio sistema di monitoraggio.
|