Mezzogiorno, “nuova frontiera”
per il vero sviluppo del Paese
Agostino Gallozzi
Presidente Confindustria Salerno
«(…) Confindustria ritiene che la questione meridionale, intesa come occasione di sviluppo e non di assistenza, non abbia perso di attualità e che non si possa guardare passivamente a iniziative tese a “svuotare” ulteriormente il sostegno a chi investe nel Mezzogiorno (…)». E ancora: «(…) Confindustria ha opportunamente individuato nel Mezzogiorno la “nuova frontiera” dello sviluppo del Paese, esaltando la necessità di concentrare sforzi e quindi risorse per sviluppare e attrarre investimenti nelle aree che storicamente ne hanno maggiore bisogno (…)».
Sono due passaggi fondamentali del documento elaborato dal Comitato Mezzogiorno di Confindustria lo scorso 20 settembre. Si tratta, a mio avviso, della riproposizione della vera “questione” italiana: una “questione” che non è né meridionale, né settentrionale. È, semplicemente, la “questione” di un Paese che viaggia a due velocità, separato da una linea geografica che sotto il profilo socio-economico è di fatto una barriera sempre più rilevabile, come è ben evidenziato nel “Dossier” che CostoZero questo mese dedica alla condizione del Sud così come è stata fotografata dal rapporto Svimez. Un Sud che appare sempre distante dal resto dell'Italia e, naturalmente, dell'Europa. Ma anche da tante regioni dell'Unione Europea che fino a poco tempo fa erano dietro di noi. Un Sud che non ha saputo fino ad oggi cogliere l'opportunità dei fondi strutturali per “convergere” sulle economie più avanzate o, comunque, messe meglio.
Il documento del Comitato Mezzogiorno è, quindi, un importante contributo al chiarimento di un equivoco che la politica economica di questo Paese (ma esiste davvero una politica economica del sistema-Italia?) ha ultimamente rinsaldato.
Il dubbio che il Mezzogiorno non avesse più bisogno di risorse aggiuntive. Un dubbio apparentemente legittimo, ma, in realtà, frutto anche di un antico e resistente pregiudizio alimentato inconsapevolmente proprio da noi meridionali: la sensazione di non potere alzare la voce più di tanto perché non adeguati e “presentabili” come i colleghi di altre zone del Paese.
E, allora, la battaglia di un'imprenditorialità senza complessi di inferiorità non può che essere quella di riaffermare la verità oggettiva delle cose: investire al Sud non è la stessa cosa che farlo al Nord.
È proprio per questo che il Mezzogiorno ha bisogno di risorse aggiuntive che vanno, però, gestite con automatismi snelli e trasparenti. Al riparo dalle rendite di posizione della “mala-politica”.
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