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  Dicembre 2012

Articoli n° 08
OTTObre 2007
 


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La conservazione
di materiale biologico

Ciro APREA
Straordinario di Fisica Tecnica, Dipartimento di Ingegneria Meccanica
Università degli Studi di Salerno
aprea@unisa.it

Un esempio di collaborazione azienda-università finalizzata alla realizzazione di impianti frigoriferi a bassissima temperatura


Ai fini della ricerca in campo biotecnologico è nota la necessità di conservare a bassa temperatura cellule, tessuti e materiale vivente per lunghi periodi. Tale pratica, oggi molto comune, va sotto il nome di crioconservazione. Ad esempio le cellule staminali, che non sono ancora differenziate, vengono prelevate al momento del parto dal cordone ombelicale e congelate a temperature bassissime, così da poter essere utilizzate in futuro se il bambino si ammala gravemente.
Per i fini esposti la temperatura di conservazione deve essere uguale o minore ai -130°C: a questi livelli termici il tempo di conservazione può ritenersi indefinito. A tale scopo si utilizza, generalmente, l'azoto liquido che, comunque, va continuamente rifornito al fine di mantenere la temperatura di conservazione costante e che comporta, inoltre, alcune precauzioni nell'utilizzo. Ultimamente, però, si sta facendo strada la possibilità di ottenere le basse temperature necessarie alla conservazione mediante sistemi funzionanti con l'energia elettrica: si tratta dei cosiddetti impianti frigoriferi ad autocascata in grado di raggiungere la temperatura di -150°C. Tali impianti frigoriferi, generalmente bistadio, operano con miscele in grado di consentire almeno due distillazioni frazionate; in seguito alle distillazioni si presentano allo scambiatore di calore collegato alla vasca di conservazione (evaporatore) solo i fluidi in grado di raggiungere una temperatura di circa -160°. A fronte della esigenza, ravvisata da Angelantoni Industrie S.p.A. con sede in Massa Martana (PG), di realizzare un impianto del genere, è stata stipulata una Convenzione di Ricerca con il Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell'Università degli Studi di Salerno, sotto la mia responsabilità scientifica. Va osservato che l'impianto a cui l'azienda era interessata presentava dimensioni della vasca di stoccaggio del materiale organico quasi triple rispetto a quanto esistente sul mercato richiedendo una potenza frigorifera di circa 300W. Ed inoltre, operando il sistema in autocascata con una miscela multicomponente, occorreva identificare una miscela di fluidi in grado di rispettare, come richiesto ai fluidi frigorigeni, gli ormai stringenti vincoli ambientali in termini di contributo alla distruzione della fascia di ozono stratosferico. Il lavoro è durato due anni ed ha portato alla costruzione dell'impianto pilota, in cui evolve una miscela di fluidi innovativa, caratterizzata da significative ulteriori novità con riferimento all'isolamento termico ed agli scambiatori di calore; attualmente sono in fase di conclusione i test necessari a verificare l'affidabilità dell'impianto che, a breve, sarà pronto per la commercializzazione. Considerevoli, infine, sono stati gli approfondimenti teorici che la Convenzione ha comportato con riferimento a svariati aspetti termofluidodinamici.

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