il dualismo nord-sud
frena l’italia Il Rapporto Svimez 2007 riaccende la questione del dualismo Nord-Sud nel nostro Paese. La Svimez ripropone, finalmente e anticipando la successiva opinione di Mario Draghi, Governatore della Banca centrale, una percezione adeguata della natura della questione meridionale.
Il divario di reddito è solo un sintomo, come la febbre alta. Medicine che facciano scendere la temperatura in chiave contingente non servono a curare la malattia, che è il dualismo - la differenza strutturale - tra Nord e Sud. Una differenza di produttività economica e di coesione sociale.
Ma, ecco il punto marcato da Draghi dopo la Svimez: se non si espande l'economia meridionale e se non si risana la società meridionale si ferma la crescita di tutta l'Italia. E anche le ricche regioni del Nord, come diceva Gianni Agnelli, non possono stare ferme sul tapis roulant del mondo che corre al 5%. Andrebbero indietro, rispetto al mondo, anche loro.
Il divario Nord-Sud è dovuto a un problema di risorse, di un'inadeguata programmazione economica e finanziaria? Il divario è la manifestazione di una scarsità nella presenza delle imprese strutturate e di media dimensione (nel Mezzogiorno ce ne sono meno di un terzo di quelle che esistono nella sola regione Lombardia) e di un eccesso di spesa pubblica rispetto alla dimensione del prodotto interno lordo.
Il Sud non riesce a sviluppare la sua produzione, consuma grazie alla disponibilità di fondi pubblici, importa e non esporta perché, appunto, consuma più di quanto produce.
Queste condizioni macroeconomiche non possono che esprimersi in un sistematico differenziale di reddito e di produttività.
Torna l'emigrante meridionale e aumentano anche i trasferimenti al Nord, che hanno raggiunto quota 120 mila. Perché il capitale umano si sposta ormai facilmente verso migliori condizioni del mercato del lavoro; anzi, si spostano ancora più velocemente coloro che, avendo conoscenze e competenze, ritengono di poter guadagnare di più e produrre meglio.
Nella nuova fisionomia geopolitica dell'Ue non si corre il rischio di aiutare i nuovi paesi aderenti a scapito dei paesi già da tempo membri?
L'Unione Europea ha già annunciato che, esaurito l'ultimo ciclo delle politiche di coesione (2007/2013) non ci saranno più aiuti per le regioni deboli dei paesi “fondatori”.
Del resto il dualismo è ormai un fenomeno osservabile solo in Germania e in Italia.
Ma in Germania esso è il residuo del superamento della frattura tra est ed ovest dovuta all'esistenza dell'Impero Sovietico. In Italia è il frutto di una politica che, dopo i primi venti anni virtuosi della Cassa del Mezzogiorno, non ha saputo aggredire il dualismo e superarlo.
Non possiamo più pretendere che un problema nazionale sia risolto con risorse finanziarie trasferite da altri e che noi abbiamo mostrato ampiamente di non saper usare.
Quali le condizioni da garantire perché le potenzialità che il Mezzogiorno possiede possano realizzarsi? Puntare su tre direttrici strategiche: ridurre il numero delle regioni, sono troppe e troppo piccole per aggredire “sistemicamente” i problemi del mercato meridionale nel suo insieme; collegare, mediante reti di trasporto e nuove infrastrutture di comunicazione, il Mezzogiorno con se stesso, trasformandolo in un effettivo mercato di venti milioni di abitanti in cui gli scambi possano reciprocamente espandersi; aprire alla dimensione internazionale, e al libero scambio nel Mediterraneo, l'economia meridionale, sostenendola con la creazione di una grande banca di sviluppo, capace finanziare la creazione di infrastrutture e la integrazione tra le due sponde del Mediterraneo.
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